Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

06/10/2015

Afghanistan, la guerra che è sopravvissuta ai pacifisti

Chi ricorda la soporifera retorica di Bertinotti all'indomani dell'invasione in Afghanistan del 2001? L'acre sapore delle parole di circostanza ad uso elettorale? Era accaduto che Rifondazione, all'epoca, decise una entrata nei movimenti per fare un pieno di consensi da usare per trattare, con maggior forza rispetto al passato, con il centrosinistra. Andò così e Rifondazione, una volta al governo con Prodi, finì per sfarinarsi proprio sull'Afghanistan. Votando il rifinanziamento della missione militare, che da allora fino al 2011 produsse una cinquantina di morti. Sempre sotto la spinta dello stesso Bertinotti che, nel 2001, votò contro una guerra definita, nel discorso in parlamento, la “notte della politica” che comunque avrebbe portato ad una distruzione della Nato della quale “non saremo noi a piangere la fine”. Andò a finire come sappiamo ovvero che ad essere distrutta fu Rifondazione, che la Nato fu rifinanziata con i voti della sinistra che, alla prima scadenza elettorale visse una notte della politica, leggi bagno di sangue alle politiche, della quale non si è più ripresa. Mentre Bertinotti adesso fa l'intrattenitore nelle serate della Roma bene, intervistato a gettone per dire sempre la stessa frase: “il capitale ha vinto”.

Il punto vero però è che la guerra in Afghanistan è di gran lunga sopravvissuta a quel periodo. Come è sopravvissuta a un movimento che ha fatto grandi cortei, muovendo tanta etica, spegnendosi sempre prima, o molto prima, delle guerre che voleva evitare. L'invasione in Afghanistan è dell'autunno del 2001 ed è un effetto diretto dell'11 settembre, ed era stata pensata con più scopi:

a) dare una risposta immediata all'attentato alle torri gemelle, che andava trattato come un atto di guerra alla stregua di Perl Harbour;

b) spazzare via le basi di Al-Qaeda, responsabile dell'attentato, presenti in diverse parti nel paese;

c) liberarsi dei taliban che, dopo buoni rapporti degli anni precedenti, erano ormai ritenuti inaffidabili;

d) creare uno stato occidentalizzato al confine con l'alleato-non alleato Pakistan in modo da favorire gli amici di Washington nel paese, avvicinandosi all’Iran;

e) posizionarsi in tutta la nuova rete delle pipeline dell'epoca, il cui contenzioso sulla costruzione è alla base dell'attentato alle torri gemelle (come ricostruì Libération, mentre in Italia dominava la marea di cazzate complottiste, documentando le avvenute riunioni, e fratture tra governo americano e taliban sull'argomento prima dell'11 settembre);

f) legittimare lo stato di emergenza interno, ribadito dal Patriot Act del settembre 2001, utile per plasmare l'apparato militare industriale secondo le esigenze del nuovo secolo;

g) ribadire la leadership mondiale degli Usa incassando materialmente, in forma di appoggio politico e militare, la solidarietà ricevuta dopo l'11 settembre;

h) favorire la politica di tassi bassi della Federal Reserve come uscita dallo choc di borsa provocato dall'11 settembre, dopo lo scoppio dell'altra bomba: quella dei titoli tecnologici.

Curiosamente la guerra in Afghanistan è sopravvissuta anche alla bolla dei tecnologici e quelle successive compreso il grande botto Lehman Brothers. E sembra proprio in piena recrudescenza: la vicenda dei medici di MSF uccisi in un bombardamento di un ospedale (dove secondo la Nato si “nascondevano terroristi”) non è episodica anche se non ha suscitato enormi proteste. E’ un fatto legato alla battaglia di Kunduz, zona strategica dell’Afghanistan settentrionale, che infuria da mesi. Le forze occidentali, gli alleati più le truppe chiamate “esercito afghano” ovvero un governo che controlla un territorio poco più ampio della provincia di Roma, hanno provato a prendersi Kunduz. L’hanno invasa e ora stanno subendo la controffensiva dei talebani. Che, secondo diverse fonti, si sono ripresi una parte importante della città. Il bombardamento, che ha ucciso i medici di MSF, viene da questo scenario.

Non sarebbe male anche dare un’occhiata alle statistiche sui flussi di profughi. Dopo la Siria, la guerra dimenticata in Afghanistan fornisce il secondo grosso flusso di profughi verso l’Europa. Fonte Handelsblatt che, però, evita di ricordare il forte impegno militare tedesco nell’area, elemento di legame e di contrattazione, come di conflitto, tra le esigenze strategiche di Berlino e di Washington. Insomma un’area lontana, una guerra scomparsa finisce per produrre effetti “collaterali”, i profughi, della cui causa sembra persino essersi persa memoria.

Il rifinanziamento della guerra in Afghanistan, regalatoci dal voto di pacifisti da marcia arcobaleno come la Menapace, ci ha portato, come si sapeva, ad una guerra senza fine. Di cui, ogni tanto, vengono messi in discussione i costi, più quelli economici che quelli in vite umane, della missione. La vicenda dovrebbe ricordarci come l’opinione pubblica in sé, contraria nei sondaggi alla guerra afghana, possa contare davvero poco in questi casi. Ma dovrebbe aiutarci anche a ripensare il posizionamento geopolitico di questo paese. Nel 2016 sarà il quindicesimo anno di intervento italiano da quelle parti. Un inedito nella storia nazionale. Ci aspettiamo, quello si, come nei mesi scorsi una bella visita di Renzi in divisa. Anche qui caso unico di presidente del consiglio con le stellette, diluito nella noia e nella banalità di una propaganda a reti unificate che incontra l’indifferenza generale.

Redazione, 6 ottobre 2015

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento