di Michela Sechi – Radio Popolare
Il Pentagono ha
commissionato e fatto circolare falsi video attribuiti ad Al Qaeda, con
lo scopo di identificare le persone che li guardavano. Lo ha
rivelato un gruppo di giornalisti investigativi, il Bureau for
Investigative Journalism, con base alla City University di Londra. L‘inchiesta si basa sulle rivelazioni di un ex dipendente della società
britannica incaricata di produrre i falsi video in Iraq. Per
questo compito la Bell Pottinger, fra il 2006 e il 2011, ha ricevuto più
di 540 milioni di dollari dal governo degli Stati Uniti.
Secondo l’inchiesta, svolta in collaborazione con il britannico
Sunday Times, tutto si svolgeva a Camp Victory, enorme base statunitense
in Iraq. A questa colossale operazione mediatica e segreta
lavoravano fino a 300 dipendenti della Bell Pottinger
contemporaneamente, in parte britannici e in parte iracheni.
C’erano tre tipi di materiale che venivano prodotti nell’enorme sala stampa, nascosta nella base militare: articoli
e video cosiddetti “bianchi”, di cui era dichiarata la paternità; video
“grigi”, che venivano diffusi come provenienti da fonte anonima; infine
video cosiddetti “neri”, ovvero a firma falsa.
Erano proprio questi i video attribuiti falsamente ad Al Qaeda. La
Bell li produceva con immagini di bassa qualità e nello stile dei media
arabi, perché nessuno doveva accorgersi che quei filmati in realtà
uscivano da una base statunitense.
I falsi video venivano copiati su cd che i militari americani
abbandonavano nelle case irachene che andavano a perquisire. Quei cd
portavano all’interno un codice che permetteva al Pentagono di sapere
dove venivano guardati, attraverso che mani passavano. Allo
stesso modo venivano prodotti articoli e filmati di propaganda che
venivano fatti circolare sulla stampa araba come se fossero scritti da
giornalisti locali.
L’ex dipendente della Bell Pottinger che è la “gola profonda”
di questa inchiesta ha un nome e un cognome: si chiama Martin Wells.
Ha lavorato in Iraq per due anni, dal 2006 al 2008, e adesso non è più
dipendente dell’azienda. E’ il primo impiegato della Bell Pottinger ad
aver mai rilasciato un’intervista. Ha raccontato ai giornalisti
del Bureau for Investigative Journalism che il tempo trascorso a Camp
Victory è stato “scioccante, mi ha aperto gli occhi, mi ha cambiato la
vita”. Al programma segreto collaboravano comandanti
statunitensi di alto rango e i dirigenti rispondevano direttamente al
Pentagono e alla CIA. La Bell Pottinger – fra l’altro – non è uno studio
di comunicazioni qualsiasi. Si dice sia suo il merito di aver addolcito
l’immagine di Margaret Thatcher e di aver aiutato i conservatori
britannici a vincere tre elezioni consecutive. Fra i suoi clienti ha avuto diversi regimi repressivi.
Arrivò in Iraq subito dopo l’invasione statunitense, nel 2004,
incaricata dapprima di produrre news che incoraggiassero elezioni
democratiche. Ma poi il programma di propaganda fu ampliato, includendo
ben altri compiti.
Martin Wells era un editor di video freelance quando nel 2006
è stato contattato dalla Bell e dopo un colloquio spedito a Baghdad,
con solo due giorni per preparare i bagagli. Chi lo assunse,
gli fece sapere che erano state fatte indagini su di lui, prima di
affidargli quel lavoro, per cui era necessaria la “clearence” dei
servizi segreti. Ha lavorato a Camp Victory per due anni, pensando che
il materiale falso che lui produceva potesse aiutare i militari
americani a sconfiggere una guerriglia che stava già facendo migliaia di
vittime. Poi però cominciarono i dubbi. “Non ero più tanto sicuro che
fosse il modo legale, giusto, di farlo”, dice oggi ai giornalisti che lo
hanno intervistato.
Tante tv, in quegli anni, hanno mostrato video di Al Qaeda:
assalti, esplosioni, agguati, immagini di bassa qualità, ma spesso
crude. E fiumi di inchiostro sono stati spesi per analizzare quelle
immagini. Quanti – in realtà – erano “made in Pentagono”?
L’inchiesta non lo dice: l’unità specializzata in questa produzione non
esiste più dal 2011 e la Bell Pottinger ha cambiato proprietari.
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