Avrei voluto scrivere un pezzo leggero
di apertura anno, scherzando sull’inconsistenza del discorso di
Mattarella, il cui unico contenuto è che per ora non si vota, perché
“non c’è la legge elettorale”; quella stessa legge che questo Parlamento
avrebbe dovuto fare e che, in qualche modo ha fatto, salvo poi
rimangiarsela e che ora, non si capisce in virtù di quale intervento
dello Spirito Santo, dovrebbe essere in grado di fare migliore
dell’altra. Roba da ridere. Ma le notizie da Istanbul mi dicono che c’è poco da ridere e mi obbligano a temi meno allegri.
A questo punto, mi pare difficile negare
che ci sia qualche nesso fra questi ultimi avvenimenti e che qualcuno
(o forse più di uno) stia giocando una partita molto pesante sulla
Turchia.
Togliamo di mezzo prima di tutto
un’ipotesi che ogni tanto si affaccia: una nuova strategia della
tensione, orchestrata da Erdogan. L’ipotesi non ha senso:
Erdogan il colpo di stato l’ha già fatto, non mi pare in difetto di
consensi e l’opposizione, almeno per ora è alle corde e dunque che
motivo avrebbe? Semmai questi attentati lo indeboliscono, dimostrando
che non ha in pugno la situazione.
Visto che ci siamo, togliamo di mezzo anche la “pista Gulen”,
regolarmente invocata dal governo turco, perché una pista Gulen non
esiste se non (eventualmente e da vedere sino a che punto) come parte di
una pista americana. Gulen è ospite sorvegliatissimo degli americani,
se fa qualcosa è perché i suoi generosi anfitrioni glielo consentono.
Non è immaginabile egli possa muoversi in perfetta autonomia, perché gli
americani non lo consentirebbero. E dunque dire Gulen è dire Usa in
modo più delicato.
Curdi o una qualche opposizione interna?
Si tratterebbe di una pista già meno inconsistente, ma l’obiettivo ed
il momento non sembrano funzionali ai disegni di una qualsiasi
opposizione interna al regime e, poi resta sempre da capire cosa c’entri
lo strano incidente del Tupolev e l’assassinio dell’ambasciatore russo
(sempre che il nesso fra le tre cose non sia puramente apparente), per
non dire della strage di Berlino. Insomma, anche questa pista non
convince per nulla.
Allora andiamo fuori dai confini.
L’accusato naturale sarebbe l’Isis che subisce l’attacco russo ad
Aleppo e che ormai è in rotta di collisione con Ankara. Questo farebbe
quadrare i conti con la strage berlinese (dove l’obiettivo sarebbe
dimostrare d’essere ancora in grado di colpire in Europa).
Però, però... prima di tutto come mai non
c’è rivendicazione in nessun caso? La cosa potrebbe spiegarsi in due
modi: o l’Isis non c’entra niente, o sono cambiate le “regole di
ingaggio” della guerra terroristica, per cui la rivendicazione non serve
più, bastano i messaggi in codice e chi deve capire capisce. Anche nei
confronti dell’opinione pubblica la scelta può rivelarsi pagante: una
angosciosa incertezza sull’origine del colpo può rivelarsi più
destabilizzante dell’identificazione di un nemico preciso. Resterebbe da
capire come hanno fatto a tirar giù il Tupolev (sempre che si sia
trattato di un attentato) visto che sabotare un aereo militare che è in
una base militare, o magari mettergli una bomba a bordo, non è la cosa
più semplice del mondo.
Comunque, la pista Isis ha una sua
consistenza e può spiegare ciascuno dei quattro episodi recenti. Ma,
ovviamente, non ci sono elementi per dirlo.
Qualcuno li cerca in possibili messaggi
simbolici come il periodo natalizio, il vestito da babbo Natale
dell’ultimo attentatore, un obiettivo altamente simbolico come il coro
dell’Armata Rossa ecc. Ma a cercare simboli si rischia di trovarne anche
troppi e di uscire matti, meglio lasciar perdere e tenersi sul terreno
solido dell’analisi dei dati di fatto.
A luglio, in occasione del colpo di stato di Erdogan, scrivemmo della centralità strategica della Turchia in questo momento,
al centro fra alcune delle maggiori crisi internazionali (Ucraina e
Siria), punto di passaggio della politica dei gasdotti, paese Nato ma
possibile alleato di Mosca e Pechino nel grande blocco euroasiatico.
Questo dato non va assolutamente dimenticato ora che siamo in un
passaggio del tutto critico, con una amministrazione uscente americana
che sta cercando di lasciare l’eredità più pesante possibile a quella
entrante, mettendo più ostacoli possibili sulla strada di una nuova
convergenza fra Mosca e Washington. La cosa lascia perplessi perché
mancano pochissimi giorni all’insediamento di Trump, che già promette di
ribaltare questo corso e Putin fa apertamente mostra di snobbare le
mosse di Obama, semplicemente in attesa dell’arrivo dell’amico Donald,
senza neanche preoccuparsi di replicare all’espulsione dei suoi
diplomatici.
Questo potrebbe anche spiegare la
perentorietà nell’escludere un attentato terroristico al Tupolev: au
fin de non recevoir, e magari nell’incertezza della reale origine del
disastro aereo.
Fin qui va bene, ma allora, chi
sta orchestrando questa manovra diretta a spaccare i russi dai turchi,
cosa si spera di ottenere? E lo stesso Obama, che si espone con
queste mosse, cosa pensa di fare? La cosa avrebbe un senso se una
qualche autorità giudiziaria americana stabilisse che, effettivamente,
c’è stata una ingerenza russa nelle elezioni e tale da falsare il
risultato. Ma questo sarebbe enorme perché provocherebbe la più grave
crisi istituzionale americana dalla fine della guerra di secessione.
Sarebbe messa in causa la stessa legittimità di Trump e ne sarebbe
investita la Corte Suprema e con l’ovvia reazione dei sostenitori del
Presidente eletto (anche se con meno voti della sua concorrente). Roba
da guerra civile: possibile che i democratici si spingano a tanto?
Difficile crederlo.
Resterebbe comunque da capire il
rapporto con i tre casi riguardanti la Turchia ed il suo rapporto con
Mosca. Anche qui, se dovesse esserci dietro un qualche programma Cia
(pura ipotesi senza riscontri), resterebbe in piedi dopo l’avvento di
Trump? Forse si, se si determinasse una situazione di eccezionale
gravità che non lasciasse al Presidente altra strada che quella segnata
da chi sta orchestrano tutto. Ma di cosa potrebbe trattarsi e come?
Ed allora che si sta cercando di fare?
Sono solo colpi di coda finali per sfogare il rancore per come è andata?
Anche questo è possibile; per ora abbiamo solo due certezze: che
qualcosa di incomprensibile stia avvenendo e che non finisce qua e che
il livello di opacità della politica internazionale è diventato tale da
farci mancare le informazioni più elementari per capire costa sta
accadendo.
Il che non mi impedisce, anzi mi
induce con più forza, a rinnovare gli auguri di un buon 2017. Ne
abbiamo tutti bisogno, speriamo bene.
Lo svolgersi dei fatti ha parzialmente superato l'analisi di Giannuli cui resta comunque il merito di porre sotto la lente d'ingrandimento il fatto che il baricentro di almeno una parte degli equilibri mondiali si sta, se non spostando, quanto meno allargando dalla Siria, anche alla Turchia, fatto che, se effettivamente tale, si configurerebbe come di una gravità inaudita.
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