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10/04/2017

L’entusiasmo servile dell’Europa per le bombe di Trump

A colpire, nelle reazioni dei media e delle forze politiche occidentali al bombardamento della base siriana ordinato da Trump, è l’entusiasmo europeo più dell’euforia americana. È vero che Il “diverso” Trump, commenta Giorgio Cremaschi nel suo blog, “è tornato a pieno titolo nel rispetto e nella considerazione della élite europea e nordamericana”, ma i toni della prima appaiono decisamente più enfatici. Basti citare, per tutti, Antonio Polito il quale, sulle pagine del “Corriere della Sera” dell’8 aprile scorso, scrive che Trump si è visto riconoscere per la prima volta “la guida del mondo libero contro la barbarie” – riconoscimento che si è guadagnato perché “ha dimostrato che l’America dispone sempre di un nodoso bastone ed è ancora pronta a usarlo contro tutti i banditi che minacciano l’ordine internazionale”.

Sorvolando su questo linguaggio da manipoli, che si commenta da solo, passiamo alla giustificazione “ideologica” dell’intervento: “Lasciare impunito un dittatore che usa armi chimiche non è più possibile”. E qui casca l’asino: com’è possibile che nessun giornalista o uomo politico europeo (da Polito a Gentiloni, da Hollande alla Merkel) abbia la minima esitazione nel dare per buona la tesi dell’attacco chimico da parte di Assad? “Stupisce la velocità con cui una notizia priva di alcuna dimostrazione è diventata la fonte di legittimazione dell’attacco” scrive ancora Cremaschi, che poi aggiunge: “sono atterrito dalle guerre scatenate dall’Occidente sulla base delle proprie fake news”. Evidentemente nessuno ha imparato qualcosa dalle balle di Bush e Blair sulle armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein, che hanno legittimato una guerra che ha massacrato centinaia di migliaia di iracheni (e fatto da incubatore all’Isis), così come nessuno sembra ricordare l’incidente nel Golfo del Tonchino, inscenato dagli Stati Uniti per scatenare l’aggressione al Vietnam del Nord.

Il giornalista del Sole24Ore Alberto Negri, intervistato da Micromega, è uno dei pochi, insieme al giornalista del Corriere Antonio Ferrari, intervistato da RaiNews24, a mantenere un minimo di prudenza in merito all’attendibilità della notizia utilizzata come casus belli, facendo notare, fra le altre cose, che Assad – visto che sta vincendo la guerra – non aveva il minimo interesse a fare un simile passo falso. Inoltre Negri fa giustamente notare: 1) che l’Occidente continua ad alimentare il mito dell’esistenza di un’opposizione “moderata” ad Assad, laddove è noto che i ribelli sono formazioni jihadiste sostenute da Turchia e Arabia Saudita in funzione anti iraniana (cioè gli stessi che fanno gli attentati in Europa!); 2) che a suo tempo l’ambasciatore Ford (inviato dalla Clinton) si fece riprendere assieme a questi galantuomini (ricordate che la Clinton si lasciò sfuggire che l’estremismo islamico è una creatura americana sfuggita di mano?); 3) che l’opinione pubblica occidentale non si è mai commossa per le migliaia di civili (molti dei quali bambini) uccisi dai droni americani nella guerra civile in corso da anni nello Yemen.

Oltre che meno eccitato, l’entusiasmo americano è più comprensibile: si sa che la Clinton, poche ore prime dell’attacco, aveva invitato Trump ad agire, sanando l’inazione di Obama in precedenti, analoghe circostanze: in questo modo si ricompone il fronte bellicista trasversale fra democratici e repubblicani e i dissidi sulla “scorrettezza politica” di Trump passano in secondo piano rispetto alla sua esibizione di muscoli (a beneficio di Russia e Cina più che di Assad) mentre, al tempo stesso, Trump sana la perdita di immagine subita nei primi mesi di presidenza.

E l’Europa: perché plaudire servilmente a un’operazione (che al pari delle sanzioni contro la Russia) rischia di rivoltarglisi contro, aggravando la catastrofe siriana con i suoi effetti su migrazione, emergenza terroristica e quant’altro? Da un lato, perché la Ue (altro che fattore di pace!) ha sempre sistematicamente fiancheggiato l’avventurismo americano (non solo in Medio Oriente, ma nei Balcani e in Libia) sperando inutilmente di cavarne qualcosa, dall’altro perché l’azione di Trump dissipa il terrore che gli Stati Uniti decidano di abbandonare l’Europa al proprio destino, non garantendole più il suo scudo protettivo. E poi si sa: in tempi di crisi non c’è nulla di meglio della guerra per distogliere l’attenzione dei cittadini dalla macelleria sociale che hanno dovuto subire negli ultimi anni.

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