12/12/2017
“Non sono riusciti a spezzare il filo della verità sulla strage di Stato”. Parla Roberto Mander
E’ stato uno dei più giovani anarchici arrestati nel 1969 per la falsa pista sulla strage di Stato. Roberto Mander, da allora ha condotto una battaglia di controinformazione e solidarietà con i detenuti politici alla quale non rinuncia neanche oggi a quarantotto anni dalla strage di Piazza Fontana.
Il 12 dicembre per questo paese e per almeno due generazioni, non sarà mai una data come le altre sul calendario. Tu cosa ne pensi?
Credo sia interessante osservare come nel corso di tutti questi anni la data del 12/12 continui a rappresentare in un certo senso una discriminante. Certo, due generazioni sono un tempo lungo ma per chi ancora sostiene un’alternativa reale allo stato presente delle cose la strage rimane di Stato, con tutto ciò che questo implica sul piano sociale e politico.
La sentenze sulla Strage di Piazza Fontana sono state un capolavoro per mettere una pietra tombale sulla verità giudiziaria su quella strage. La verità storica e la verità politica su quanto avvenuto, come la possiamo sintetizzare e trasmettere a chi la vede come un fatto ormai remoto e per molti aspetti incomprensibile?
I tanti processi che si sono succeduti lungo questi quasi 50 anni in realtà hanno finito per trasformare la materia in argomento per specialisti e questo non ha certo aiutato, soprattutto i più giovani, a comprendere le implicazioni profonde che hanno preceduto e sono poi seguite a quel massacro. Il lavoro che voi avete curato qualche anno fa è senza dubbio un ottimo contributo di sintesi politica per raccontare il senso pieno di quegli avvenimenti. Io credo che lo spettro delle complicità e delle coperture intorno all’esecuzione della strage si sia a lungo aggirato nei palazzi del potere. Ma fortunatamente il lavoro e l’impegno dei tanti che si sono battuti – e ancora si battono – per smascherare e vanificare quella strategia hanno dato dei buoni frutti, per quanto parziali possano apparire oggi. Se negli anni immediatamente successivi al 12/12/69 si è stati capaci di rilanciare l’iniziativa politica anche a partire dal lavoro di controinformazione oggi questa memoria storica è tutt’altro che fossilizzata. Vedo insomma un filo che non sono riusciti a spezzare anche se non si arriverà mai a una sentenza definitiva (e veritiera) in un’aula di tribunale.
Cosa ne pensi dei tentativi giornalistici di riaprire le indagini sulla base di nuove ipotesi?
Ho smesso da tempo di seguire gli scoop che puntualmente cercano attenzione: credo che da parte nostra tutto ciò che c’era da dire sia stato detto ed ampiamente argomentato. Però la petulanza con la quale ancora si insiste da parte di qualcuno sulla tesi degli anarchici esecutori e dei fascisti mandanti non può rimanere senza risposta.
La guerra di bassa intensità scatenata con le stragi di stato contro il movimento di quegli anni, nasceva dalla paura delle classi dominanti. Ma di cosa avevano così tanta paura da dover ricorrere ad una guerra sporca sul fronte interno?
Certo, la paura di un movimento che metteva radicalmente in discussione gli assetti politici ha fatto sì che si ricorresse a strategie già messe in campo in altre parti del mondo per ridefinire un nuovo scenario. Su questo senza dubbio ci sono state spinte ed interessi non sempre coincidenti ma la premessa comune rimaneva quella di spezzare lo straordinario potenziale di lotta che si era espresso con forza e in modo capillare. Dalle carte processuali emergono tracce importanti sulla matrice internazionale (atlantica) di quella strage. C’è un filo nero che si snoda dal ’45 in poi: le competenze e conoscenze dei nazifascisti sono state trasferite e acquisite con estrema disinvoltura nel campo occidentale.
Abbiamo l’impressione che oggi invece la preoccupazione delle classi dominanti non sia un movimento popolare che ne mette in discussione il potere, ma quella sugli effetti sociali prodotti dalle scelte fatte. C’è un boom della povertà, della rabbia nelle periferie, una ostilità diffusa e crescente verso le istituzioni. Questa volta hanno scatenato una guerra contro i poveri per impedire che alzino la testa?
I processi di ristrutturazione e il vero e proprio salto di qualità che ne caratterizza l’evoluzione hanno come corollario obbligato quello di non tollerare alcuna aggregazione di opposizione agli effetti devastanti e mortiferi della rincorsa a sempre maggiori profitti. A me sembra che questo risultato venga perseguito attraverso una massiccia e capillare “disinformazione”, capace di creare illusori giochi di prestigio al fine di confondere su quale sia la vera posta in campo. E qui il discorso dovrebbe aprirsi a una riflessione attenta su che cosa sta avvenendo a livello sociale, sullo sradicamento in un certo senso a cui tutti siamo sottoposti.
Tra due anni ne saranno passati cinquanta dalla Strage di Stato. Che effetto ti fa vedere i fascisti ospitati e coccolati in televisione? Perché li hanno sdoganati e gli ridanno tutto questo spazio?
I fascisti di ieri e di oggi: un gran brutto spettacolo! Ma anche qui assistiamo a qualcosa di diverso di quando i voti dell’allora MSI venivano sdoganati per supportare un qualche governo democristiano. L’appiattimento e la confusione non sono casuali ma uno degli esiti del ridisegnare uno scenario politico che sia funzionale a minimizzare od occultare la brutalità del nuovo ordine che si vuole imporre a livello planetario.
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