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25/12/2017

Massiccio attacco ucraino al Donbass e lo stato di Binomo di Nikki Haley

In teoria è cominciato dalle ore 00:00 di sabato “l’armistizio di fine anno” nel Donbass, su cui si sono accordate le parti al Gruppo di contatto per l’applicazione degli accordi di Minsk. Ma l’agenzia Novorossija, alle 7.30 di domenica ora italiana, dava notizia di violazioni da parte delle forze ucraine, con tiri di mortai e lanciagranate di vario tipo e calibro in direzione dei villaggi di Frunze e Kalinovka, nella LNR, rispettivamente 50 km a ovest e 70 km a sud di Lugansk.

Ben più numerose e pesanti le violazioni ucraine sabato scorso, non appena entrato in vigore il cessate il fuoco, con tiri di lanciagranate automatici su Jasinovataja, poco a nord di Donetsk, colpi di mortai di vario calibro su Gorlovka e Golmovskij, mentre nell’immediata vigilia dell’armistizio, le truppe di Kiev avevano ripetutamente effettuato lanci di razzi “Grad” addirittura fin sui quartieri periferici della capitale della DNR. Sempre nella mattinata di sabato, colonne di autoarticolati carichi di carri armati, erano state filmate nell’area di Kherson, dirette verso Donetsk (vedi video).



Come già detto nei giorni scorsi, difficile non collegare, sia pure indirettamente, la nuova offensiva ucraina, alla notizia della decisione americana e canadese sulla fornitura ufficiale di “armi letali” a Kiev. In particolare, quello che più sembra impressionare gli osservatori vicini a DNR e LNR, che temono ora una significativa disparità di forze sul campo, rispetto al relativo attuale equilibrio, sembra la decisione sull’invio di lanciarazzi individuali controcarro FGM-148 “Javelin, di cui si parla da tempo.

Ora, ci sono interpretazioni diverse sulla potenziale efficacia dei “Javelin”. Alcuni analisti ritengono che la loro fornitura alle forze ucraine risponda più agli interessi economici del complesso militare-industriale USA e non debba incidere più di tanto nelle operazioni belliche, dato che le milizie non fanno un largo impiego di mezzi corazzati. Altri, invece, osservando lo schieramento di forze e mezzi USA e NATO tutto intorno alla Russia, nel suo complesso, e rilevando che la guerra nel Donbass non è combattuta in aria e che, dunque, le armi ora in dotazione a Kiev sono più che sufficienti contro i vecchi carri sovietici T-72 e T-80, ritengono che la fornitura dei “Javelin” sarebbe un chiaro segnale a Kiev per una escalation nel Donbass.

Questo potrebbe spingere la Russia a fornire alle Repubbliche popolari tipi più moderni di carri armati, quali il “T-90” o anche il “T-14”, modelli contro cui il “Javelin” non è ancora stato testato sul campo. Di nuovo, quindi, gli interessi dell’industria militare yankee: fornire i “Javelin” all’Ucraina per provarli in battaglia, dato che quelli già forniti a ex Repubbliche sovietiche quali Estonia, Lettonia o Georgia non sono ancora stati testati in battaglia.

Come che sia, la concentrazione delle forze ucraine lungo la linea del fronte si è fatta più forte proprio negli ultimissimi giorni, in concomitanza con l’annuncio statunitense e canadese, che non può non essere interpretato anche come un chiaro segnale di sfida a Vladimir Putin, che da mesi sta ammonendo Washington e Kiev sul fatto che Mosca “non consentirà il massacro” della popolazione di lingua russa del Donbass.

Ma, “Javelin” a parte e a far da contrappeso, proprio nelle ultime ore è divenuta ufficiale la decisione dell’Ossetia meridionale (quella attaccata dall’allora presidente yankee della Georgia Mikhail Saakašvili il 08.08.2008) di riconoscere DNR e LNR: cosa impedisce ora a Tskhinval di divenire una piazzaforte avanzata per la fornitura massiccia di armi al Donbass, come ripetutamente sollecitato da quanti, a Mosca, chiedono che LNR e DNR vengano riconosciute come parti combattenti?

Di fronte al rinnovato inasprirsi della situazione al fronte, ben poca o nulla rilevanza ha dunque, se non di pura cronaca, la notizia del fermo, ieri, all’aeroporto di Ginevra, dell’ex primo ministro golpista e pupillo di Victoria-Fuck-the-UE-Nuland, il banchiere Arsenij Jatsenjuk. Per il vero, il servizio immigrazione svizzero ha trattenuto per controlli l’artefice del “vallo europeo a difesa dalla minaccia russa” per non più di dieci minuti, sulla base di una richiesta rivolta a suo tempo da Mosca all’Interpol.

Nel marzo scorso, infatti, il tribunale cittadino di Essentuki, nel Territorio di Stavropol, aveva riconosciuto Jatsenjuk colpevole di torture e fucilazione di prigionieri di guerra russi durante le guerre cecene, nel 1994-’95 e nel 2000 e si era espresso per il suo arresto in contumacia. L’inchiesta penale nei confronti di colui secondo il quale la seconda guerra mondiale era stata “causata dall’aggressione dell’URSS alla Germania”(!), era stata avviata in Cecenia, nel settembre 2015. A fondamento dell’accusa, la testimonianza di un ex membro dell’organizzazione UNA-UNSO che, come riporta la Tass, era penetrato in Cecenia dalla Georgia insieme ad altri nazionalisti ucraini, che avevano dato vita al battaglione “Viking”, di cui faceva parte lo stesso Arsenij Jatsenjuk.

E quasi a sdrammatizzare la situazione, Russkaja Vesna riporta la nuova impresa di “Leksus & Vovan”, i pranker russi Aleksej Stoljarov e Vladimir Kuznetsov, già in passato autori di scherzi simili ai danni del premier ucraino Grojsman, congressisti USA, a Lukašenko, Erdogan, Petro Porošenko, o al segretario NATO Jens Stoltenberg. L&V questa volta hanno preso di mira la rappresentante USA alle Nazioni Unite Nikki Haley, dopo lo schiaffo ricevuto da Washington al palazzo di vetro per la risoluzione su Gerusalemme.

Spacciandosi per il nuovo primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, Vovan ha intrattenuto Haley per circa venti minuti, senza che questa sospettasse di nulla, spaziando dalle preoccupazioni polacche per le armi americane a Kiev, dagli attriti tra Varsavia e Kiev sulla questione delle minoranze nazionali, dalla richiesta di appoggio a Saakašvili contro Porošenko, al voto polacco all’ONU favorevole alla risoluzione USA, parlando anche di “North stream-2”, Crimea e sanzioni alla Russia, Unione europea. Fino alle stilettate finali sul fantomatico stato di “Binomo” e le “rivelazioni” di Petro Porošenko sulle molestie sessuali subite da parte di Kevin Spacey.

Come già fatto mesi fa con la deputata del Congresso USA Maxine Waters, cui Leksus aveva dato a intendere di truppe russe in Gabon, in appoggio al regime di Ondimbu e di hacker russi che avrebbero influito sulle elezioni nel Limpopo, così da defenestrare il presidente Barmalej e mettere al suo posto la marionetta del Cremlino Ajbolit, così ora Vovan ha “informato” Haley sulla situazione nel “Binomo, non lontano dal Viet Nam, nel sud della Cina”, in cui si sarebbero tenute elezioni hackerate da Mosca. “Lei conosce il Binomo?” ha chiesto Vovan; ancora una volta, è stata confermata la preparazione geografica delle alte sfere yankee USA: “Sì, sì” ha esclamato Haley. “Cosa pensa del Binomo: Be-I-eN-O-eM-O? Lei capisce di cosa stiamo parlando” ha insistito Vovan. “Sì, sì; perfettamente”...

Qualche Ministra italica potrebbe tirare un sospiro di sollievo, pensando che forse anche ai genitori Sikh di Nikki Haley, in America, non hanno riconosciuto il titolo di studio del Punjab.

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