di Michele Giorgio – Il Manifesto
Donald Trump ha
calpestato il diritto internazionale e incendiato il Medio Oriente con
il suo riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele. E dopo tutto
questo il suo vice, Mike Pence, la prossima settimana andrà al Muro del
Pianto nel settore est, arabo, occupato della città non in visita
ufficiale bensì “in forma privata”. Scagliano la pietra e poi nascondono
la mano.
I padroni del mondo non hanno un briciolo di coerenza. Pence lunedì
aveva anche rinviato il suo arrivo a Gerusalemme a causa delle proteste
scatenate dalla dichiarazione di Trump, dando come motivazione ufficiale
il voto al Senato Usa sulla riforma fiscale.
L’incendio intanto si allarga. La “giornata della collera”
proclamata dai palestinese nel venerdì delle preghiere islamiche si è
conclusa con tre palestinesi uccisi dai militari israeliani, due a Gaza e
uno in Cisgiordania. Morto anche un quarto palestinese, Mohammed Aql,
ad al Baloua, alla periferia orientale di Ramallah. Dopo aver
accoltellato e ferito a una spalla un ufficiale della guardia di
frontiera israeliana, gli altri militari gli hanno sparato tre colpi a
freddo, mentre si allontanava.
I palestinesi parlano di una esecuzione a sangue freddo e in rete è virale il video che
mostra l’accaduto. Gli israeliani da parte loro denunciano che Aql
indossava una cintura esplosiva (ben visibile nelle foto pubblicate da
molti siti), tuttavia ieri sera non era ancora chiaro se fosse vera o
finta.
Il tributo di sangue più alto l’ha pagato ancora una volta Gaza dove
nei giorni scorsi erano già stati uccisi due palestinesi dal fuoco dei
soldati, lungo le linee di demarcazione tra Israele e Gaza. Altri due
palestinesi erano morti nei raid aerei compiuti dall’aviazione
israeliana dopo il lancio di razzi palestinesi. Ieri sono stati
colpiti alla testa ed uccisi, Ibrahim Abu Thuraya, 29 anni, e Yusef
Sukkar, 32 anni, quando migliaia di manifestanti si sono avvicinati alle
barriere di confine.
I feriti sono stati decine, 164 secondo i dati forniti dal ministero
della sanità palestinese. Abu Thuraya era un disabile, ferito in un
passato bombardamento israeliano aveva perduto le gambe ed era confinato
su una sedia a rotelle. Violenti sono stati gli scontri in Cisgiordania
dove Basel Ibrahim è stato colpito durante una manifestazione ad Anata
da proiettili esplosi dai soldati.
Manifestazioni sono avvenute alla periferia di Nablus e in
molti altri villaggi e cittadine cisgiordane, come non avveniva da anni,
e questo – mentre tanti ripetono che non ci sarà una nuova Intifada
palestinese – indica che la mossa unilaterale di Donald Trump su
Gerusalemme ha messo in moto una reazione popolare largamente spontanea, con un coinvolgimento minimo dei partiti e dei movimenti politici tradizionali.
L’Autorità Nazionale del presidente Abu Mazen ha deciso di frenare
solo in parte la rabbia popolare pur sapendo che questa rivolta a bassa
intensità potrebbe trasformarsi da una palla di neve in una valanga
capace di travolgerla. Spontanee e sempre più ampie sono pure le
proteste a Gerusalemme Est.
Ieri la polizia israeliana non ha posto limiti all’ingresso dei
palestinesi sulla Spianata della moschea di al Aqsa ma ha transennato e
blindato tutta l’area della Porta di Damasco, l’ingresso principale
della città vecchia. Poi, una volta terminata la preghiera di
mezzogiorno, ha disperso spesso con brutalità e qualche pestaggio
gruppetti di palestinesi che inneggiavano a “Gerusalemme araba” e
premevano sugli sbarramenti.
I fatti più gravi nella città vecchia sono avvenuti, ancora una
volta, davanti alla IV Stazione di via Dolorosa. Gli agenti, non appena
il corteo uscito dalla Spianata ha cominciato a premere sullo
schieramento di polizia, sono intervenuti con spintoni e colpi contro i
dimostranti. E non si sono mostrati “ben disposti” neanche con i
giornalisti presenti. Scene di violenza che si sono ripetute pochi
minuti dopo alla Porta di Damasco, in seguito alla chiusura temporanea
dell’uscita dalla città vecchia ordinata dalla polizia. Non si conosceva
ieri sera il numero dei feriti palestinesi a Gerusalemme Est. Tra i
contusi ci sono alcuni poliziotti.
Resta movimentata anche la scena diplomatica. La Turchia, tra
i Paesi più critici della dichiarazione di Donald Trump, ha fatto
sapere che chiederà alle Nazioni Unite di annullare il riconoscimento di
Gerusalemme come capitale di Israele annunciato dalla Casa Bianca. E in
caso di fallimento, ha aggiunto, si rivolgerà direttamente
all’Assemblea Generale. Il presidente turco Erdogan ha anche
annunciato iniziative a favore del riconoscimento internazionale dello
Stato di Palestina. Ankara, come il Libano, ora sostiene di voler aprire
un’ambasciata a Gerusalemme Est, capitale della Palestina.
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