di Francesca La Bella
Per un
Paese che ormai da anni non riesce a trovare una stabilità non dovrebbe
stupire, ma la settimana in corso ha visto mutamenti tanto repentini da
poter essere considerati inconsueti anche in un contesto come quello
libico. Il 17 dicembre cadeva, infatti, il secondo anniversario degli
accordi di Skhirat che portarono alla nomina del primo ministro Fayez al
Sarraj e alla nascita del Governo di Accordo Nazionale (Gna).
Secondo quanto previsto dall’accordo stesso,
il governo avrebbe dovuto essere provvisorio in quanto finalizzato alla
creazione delle condizioni necessarie per una transizione efficace verso
unità e pacificazione. Sfruttando la ricorrenza, il principale
avversario del governo internazionalmente riconosciuto, il generale
Khalifa Haftar, ha dato vigore alle proprie critiche al Gna, invocando
immediatamente il diritto dei libici a votare un proprio esecutivo e la
necessità di chiudere l’esperienza Gna.
Secondo le dichiarazioni del portavoce del
parlamento Aquila Saleh, le elezioni sarebbero effettivamente state
calendarizzate per il 2018, ma, mentre da Tobruk si chiedono le
immediate dimissioni di Sarraj, il premier e il suo governo sembrano
intenzionati a traghettare la Libia fino alle urne. In questo
modo il Gna spera di mantenere saldo il proprio controllo della capitale
Tripoli e di riuscire a circoscrivere eventuali vuoti amministrativi
pericolosi per la tenuta del Paese.
In quest’ottica, Sarraj, probabilmente conscio della
debolezza intrinseca del Gna, sembra essersi rivolto verso l’esterno per
ridare vigore alle proprie politiche. Accusato dai propri avversari
interni di essere una creazione occidentale, nata in esilio e aliena
alle reali dinamiche territoriali, la compagine di governo sembra aver
messo da parte le esitazioni ed aver consapevolmente scelto di giocare
la carta dell’appoggio internazionale per tentare di uscire da una fase
di grande difficoltà.
Già alcuni giorni prima delle dichiarazioni di
Haftar, Sarraj aveva invocato l’aiuto occidentale per trovare una
soluzione definitiva alla questione immigrazione. Dopo gli accordi che
hanno bloccato migliaia di migranti in partenza verso l’Europa
all’interno dei confini libici, il Gna si trova oggi a confrontarsi con
una situazione esplosiva. Sotto questa luce si leggano l’incontro di
inizio mese tra Sarraj e il ministro degli Interni italiano Marco
Minniti e le parole del ministro degli Esteri Mohamed Taher Siala.
Rispondendo in merito alle accuse di Amnesty
International, il ministro ha chiesto esplicitamente l’aiuto europeo
per gestire i flussi migratori in entrata e uscita dal Paese.
Da un lato ha, dunque, invitato i governi europei ad accogliere coloro
che possono ottenere asilo, e dall’altro ha domandato assistenza per le
procedure di rimpatrio e per rinforzare la sicurezza dei propri confini.
Quest’ultimo punto risulta particolarmente
interessante valutando un altro evento pressoché contemporaneo a queste
dichiarazioni: l’incontro G5 Sahel. Il 13 dicembre nel castello di La
Celle Saint-Cloud, alle porte di Parigi, si è tenuto un vertice tra
Italia, Francia, Germania, Mali, Burkina Faso, Mauritania, Niger e
Ciad nel quale è stato deciso un piano di intervento di assistenza ai
cinque Paesi africani in funzione anti-terrorismo. La
contemporaneità degli eventi risulta particolarmente significativa in
quanto i cinque Paesi sono tra i principali porti di partenza dei
migranti rinchiusi nei centri di detenzione libici e, data la mancanza
di sicurezza interna, luoghi dove è difficile il rimpatrio coatto.
L’interdipendenza tra le dinamiche interne di tutti questi Paesi e la
Libia risulta così evidente e il governo libico potrebbe cercare di
sfruttare questa occasione per riacquisire credito agli occhi degli
attori internazionali.
In quest’ottica i rappresentanti del Gna incontrano
ministri e capi di stato chiedendo di rinnovare il proprio appoggio al
Gna come nel caso della visita del Ministro degli Esteri libico a Mosca o
l’incontro dello stesso Taher Siala con l’omologo francese Jean-Yves Le
Drian. In altri casi Sarraj stesso spende parole a favore di Tripoli
per impedire che il fronte cirenaico si rafforzi come nel caso della
visita in Algeria degli scorsi giorni.
Secondo quanto riportato da Al-Araby Al-Jadeed e da Libya Observer,
il premier libico in visita ad Algeri, avrebbe chiesto ai funzionari
algerini di esercitare una maggiore pressione sull’Egitto perché ritiri
il suo sostegno diretto da Haftar. Sarraj e il Gna cercano,
dunque, di tessere una fitta rete di relazioni che permetta loro di
reggere la forza politica e militare di Haftar e di Tobruk che, nei
mesi, hanno continuato il loro avanzamento territoriale e diplomatico.
Il risultato potrebbe, però, non essere quello desiderato.
Nessun commento:
Posta un commento