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04/11/2018

Lo stigma sulla “tossica” e la sua povertà sono ulteriori cause della sua morte

Lei scrive:
Cara eretica, ho compiuto ventuno anni da poco. Quando avevo sedici anni ero una tossica e frequentavo “brutti” ambienti”. A me poteva accadere quello che è successo ad altre ragazze. Sono stata fortunata e non mi sento diversa dalle ragazze che vengono giudicate male, sempre che chi le stupri o le uccida non sia uno straniero. In quel caso il cattivo giudizio si trasforma in una beatificazione della vittima perché se la vittima non è beatificata allora il “nero” di passaggio non può essere colui sul quale si sfoga tutto l’odio di chi sa solo odiare.

Quello che io vorrei fosse chiaro è che in certe situazioni non è l’ambiente ad essere brutto ma brutta è l’indifferenza di una società che ti getta in un angolo, che ti tratta come immondizia perché si pensa che se ti droghi sia totalmente colpa tua. Ho visto tante persone drogarsi di nascosto. Figli di papà cocainomani, padri di famiglia che sniffavano eroina, donne eleganti che si facevano di tutto e di più. Quello che voglio dire è che la differenza tra me e loro erano i soldi. Se io avessi avuto i loro soldi non avrei corso certi rischi. Avrei potuto drogarmi in un salotto firmato senza rischiare niente. A meno che non ti fai un’overdose perché vuoi crepare.

I ricchi arrivano nelle periferie solo per comprare e a volte non fanno neanche quello perché hanno l’amico ricco che si fa più ricco vendendo droghe. Quello che ci separa è la classe di appartenenza. Nessuno ha pensato al perché alcune vittime si trovassero in certi ambienti. Nessuno ha analizzato il perché del fatto che i drogati si nascondono. Se non hai un posto dove andare o se non hai il papino che ti paga l’appartamento in centro non hai molta scelta. Se ci sono i fascisti che continuano a criminalizzare il tossico come categoria rognosa della società, al punto da riempire le galere di poveri, per lo più immigrati, solo perché in possesso di un paio di canne di hashish, quel tossico viene disumanizzato.

Se una ragazza che si droga non viene considerata umana allora di chi è la responsabilità quando qualcuno la tratta come un semplice oggetto? Lo stigma che ricade sulla testa di una ragazza drogata è una delle cause delle violenze che subisce. Si tratta di discriminazione come quella che tocca a tutte le persone povere, marginali, prive di risorse e di privilegi economici e sociali. Perciò non mi spiego come proprio chi spedisce la “tossica” all’angolo poi possa deresponsabilizzarsi puntando il dito soltanto sul mostro che l’ha stuprata e uccisa.

Lo stupratore, quell’assassino, è un fetido escremento che non avrebbe il diritto di vivere ma, tutti gli altri, quelli che hanno creato le condizioni sociali perché quella ragazza si trovasse lì, non hanno meno colpe. Sono stati complici, in un certo senso, e lo sono ancora. Quante altre vittime dovremo veder passare sotto il nostro naso per capire che la questione è molto più complicata di quello che i fascisti vogliono farci credere?
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