Non si sa ancora quando arriverà effettivamente a Genova la nave ‘Yanbu’ della flotta saudita Bahri, che serve la logistica degli armamenti, in quelli che Amnesty International definisce i conflitti” più sanguinari e combattuti fuori da qualsiasi convenzione internazionale”. Non solo in Yemen,
dove è stato provato come armi italiane, aggirando i controlli,
contribuiscano in buona parte al bombardamento dei civili, ma anche alla
Siria del Nord e Libia. Eppure, a distanza di quaranta giorni dall’ultima iniziativa pubblica e a quasi un anno dallo sciopero che porto al blocco della ‘nave delle armi’,
i lavoratori del porto di Genova convocano una conferenza stampa per
avvertire le istituzioni: “In ballo non c’è solo la violazione della
legge 185/90 che vieta il transito di armamenti verso
teatri di guerra, ma anche la questione sindacale del mancato rispetto
delle norme di sicurezza relative all’attracco e alla sosta in banchina
di navi cariche di armi ed esplosivi”.
Per il Collettivo autonomo lavoratori portuali e i delegati Filt Cgil
la questione è seria e intendono coinvolgere la Camera del Lavoro per
allargare lo sciopero ad altre categorie. La posizione dei lavoratori
non ammette mediazioni e segue la linea già percorsa e indicata come
esempio addirittura da Papa Francesco: il boicottaggio e la non collaborazione.
Al fianco dei lavoratori che lanciano la mobilitazione, che si
concretizzerà solo al momento dell’effettivo attracco della Bahri Yanbu
(inizialmente previsto per il 12, poi slittato al 16 e attualmente non
ancora programmato) tra gli altri si schierano Amnesty International,
che ha seguito le proteste che si sono moltiplicate sulle banchine di
tutti gli altri porti europei toccati dalla nave saudita, e l’assemblea
contro la guerra di Genova.
Un tema, quello del passaggio di navi coinvolte con il traffico di
armamenti, che nel capoluogo ligure ha fatto parlare anche nei giorni
scorsi, dopo il fermo del cargo libanese ‘Bana’, su cui la direzione distrettuale antimafia ha aperto un’indagine per traffico d’armi illecito tra la Turchia e la Libia.
Se in un primo momento i lavoratori portuali si erano accontentati
della ‘mediazione’ di ‘non caricare’ armamenti ma avevano tollerato la
presenza di navi già cariche ferme in porto per rifornimento di
materiali civili, a questo punto vogliono portare avanti la loro
vertenza e ottenere che il Porto di Genova vieti anche il transito a chi
ha la stiva carica di carri armati, missili ed esplosivi caricati in
altri scali.
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