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31/12/2020

Giovani precari e pubblica amministrazione in affanno. Come se ne esce?

Il docente autore della missiva certamente coglie nel segno per quanto riguarda il rilievo del problema. Il punto critico sta nelle soluzioni prospettate, che non troviamo solo "generiche o insufficienti" ma in potenza anche sbagliate. In breve, una nuova classe dirigente un po' (molto) più preparata (che nel mondo accademico di questi decenni equivale a "tecnica") e un po' (molto) meno burocratica, senza il cane da guardia di un poderoso movimento di classe alle calcagna, finirebbe per fare ne più ne meno quello che i più sfegatati liberisti sognano, perché in quel brodo di coltura è cresciuto e nel medesimo brodo ha esercitato la propria ricerca quasi completamente finalizzata alla competizione piuttosto che alla collaborazione.

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Un paese di fronte alla rovina che possiede molte risorse, in primo luogo intellettuali. Le quali cercano disperatamente la via per mettere in moto ciò che una classe dirigente indecente inchioda per incompetenza, assenza di visione, interessi circoscritti al business immediato e senza rischi.

Sempre più spesso ci arrivano contributi di vario spessore, prodotti quasi sempre in solitudine. Grida disperate con dietro competenze di alto livello e autentica passione civile. Una solitudine che li rende inevitabilmente poco realistici in molti passaggi, perché la conoscenza approfondita dell’immensa macchina che si vorrebbe modificare per uscire dal pantano richiede necessariamente molte teste, molte competenze, moltissime informazioni dettagliate e strutturate (big data, insomma).

Pubblichiamo però questo, del Prof. Marcello Arici, ex docente di ingegneria all’Università di Palermo che coglie con grande precisione l’incredibile spreco di intelligenza, vivacità passione prodotto dalla supina obbedienza di questa classe politica ai diktat interni di Confindustria e a quelli esterni dell’Unione Europea.

Le soluzioni proposte sono ovviamente perfettibili, qualcuno le potrà forse trovare generiche o insufficienti, ma la materia su cui esercitare l’attenzione critica è anche questa. Tema che “a sinistra” spesso viene bypassato con colpevole disinvoltura.

Al di là delle pur giuste ed ovvie istanze di “giustizia sociale” c’è infatti la questione cui non si può sfuggire: come si pensa di cambiare questo Paese per renderlo non solo più giusto ma anche in grado di organizzare al meglio le risorse di cui dispone?

Perché un Paese misero, deindustrializzato, dipendente, può anche scegliere momentaneamente di ridurre le mostruose diseguaglianze che lo caratterizzano, ma di certo questo non basterebbe a farne – sul medio periodo – un Paese capace di far funzionare l’organizzazione sociale complessiva.

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Carissimo,

Chiedo scusa per questo messaggio affrettato, ma i tempi si susseguono con ritmo convulso e quasi non c’è il tempo di mettere a punto un discorso approfondito e completo come l’argomento richiede. Invio poche righe sul Recovery Plan su un tema che pare sia sfuggito a chi ha messo a punto la preliminare lista delle idee.

Problema Giovani (verso i quali dovremmo mostrare la massima riconoscenza, avendo trasferito loro, in toto, le passività del debito pubblico):

E fra questi includo anche chi ha solo qualche anno meno di 50, in Italia sono stati negli ultimi 20 anni dimenticati o peggio impediti nel poter contribuire allo sviluppo del Paese con il loro impegno ed il loro entusiasmo, e costretti a emigrare all’estero o vivacchiare frustrati in posizioni di precariato subalterno.

Quanto perde l’Italia nel rinunciare al loro contributo di entusiasmo e di innovazione per il futuro sviluppo del Paese, dopo che tutti noi abbiamo speso una grande quantità di denaro per la loro crescita ed educazione?

Risposta: trovare il modo di recuperare queste energie e investirle nel nostro futuro.

Problema Pubblica Amministrazione.

Ne conosciamo tutti le gravi carenze. L’incapacità di gestire i fondi Europei assegnati all’Italia, le infinite difficoltà burocratiche che si oppongono al portare avanti qualunque iniziativa e qualunque progetto.

Risposta: necessità di iniziare il completo rinnovo della P.A., operando un trapianto di nuove energie che, imparando in corso d’opera, servano per la gestione, su basi più attuali e moderne, dei programmi dello sviluppo futuro.

Come farlo? Non c’è il tempo di far crescere una nuova generazione digitalizzata di burocrati, le scuole di P.A. sono troppo poche e non esiste una cultura napoleonica di Scuole Normali per l’Amministrazione come in Francia.

L’Italia possiede, però, un esercito di precari di alto livello creati in questi anni nei Dottorati di Ricerca nelle più svariate discipline, sottoutilizzati, frustrati, asserviti, emigrati, in attesa che arrivi il momento della loro stabilizzazione nelle Università.

Sono costati al Paese un mucchio di denaro, ma stanno umiliati in un angolo, in attesa di qualcosa che non arriverà mai. Hanno però, tra loro, qualcosa in comune. Hanno studiato con passione, si sono impegnati in ricerche in ogni campo del sapere, sono digitalizzati, hanno avuto esperienze all’estero, conoscono la lingua inglese ed altre ancora, hanno imparato un metodo scientifico di lavoro.

Naturalmente dovrebbero essere prima addestrati per un lavoro di gestione nella pubblica amministrazione.

I Dottori precari sono oltre 20.000, se ben remunerati e assorbiti nella P.A., con la prospettiva di contribuire al futuro sviluppo del Paese, potrebbero essere finalmente inseriti stabilmente in un lavoro profondamente utile, per gestire la realizzazione dei programmi del Recovery Fund e portarli a compimento, innervando di nuove energie la nostra burocrazia.

Come fare? Finanziare con i fondi europei lo straordinario reclutamento di queste energie sprecate nel momento in cui è necessario voltare pagina col passato.

Fare una Call dei giovani dottori anche espatriati, disposti a rientrare per dare una mano. Fare un reclutamento semplificato avendo i Dottori superato già numerosi esami e concorsi. Addestrarli solo per un breve periodo con gli attuali burocrati della pubblica amministrazione e con gli esperti reclutati per un breve periodo di indirizzo.

Individuate le direzioni strategiche, consentire loro di organizzarsi con il loro entusiasmo, la loro preparazione ad affrontare problemi, gestendo questi ultimi in modo completamente nuovo. L’esperienza nascerebbe sul campo con un grandissimo beneficio per il Paese.

In ultimo, aspetto non secondario, si darebbe un sostanziale e concreto contributo alla parità di genere: il maggior numero dei Dottori di Ricerca, soprattutto nel mezzogiorno, è donna.

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