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28/12/2020

Traffico di rifiuti pericolosi tra l’Italia e la Tunisia. Ma in Italia tutto tace

Il Partito dei Lavoratori (Tunisia) e “Potere al Popolo” (Italia) stanno seguendo con grande interesse la questione dei rifiuti pericolosi esportati dall’Italia alla Tunisia.

LA VICENDA

La società privata italiana SRA di Polla (Salerno), addetta allo stoccaggio di rifiuti, in base ad un accordo di fornitura sospetto, stipulato con la società tunisina SOREPLAST, titolare di licenza di attività di selezione, recupero e riciclaggio dei rifiuti di plastica, ha spedito in Tunisia migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi, la cui esportazione, però, è vietata dalla legislazione tunisina nonché dalle convenzioni internazionali (accordo di Basilea e convenzione di Bamako).

In estate i funzionari doganali, nell’ambito di un’ispezione nel magazzino della società fornitrice, constatarono un’infrazione in considerazione della tipologia di codice di identificazione in base al quale i rifiuti sono arrivati in Tunisia (classificati come rifiuti di plastica in realtà contenevano rifiuti pericolosi). Nonostante la prima contestazione, con la richiesta di riesportare i container vietati, la SOREPLAST ha continuato ad operare, facendo arrivare nel porto di Sousse 212 nuovi container carichi di rifiuti pericolosi.

Le autorità doganali hanno sequestrato il secondo lotto di rifiuti, per il quale la parte tunisina avrebbe dovuto ricevere l’equivalente di 150 dinari per tonnellata (circa 45 euro), secondo il contratto stipulato con la SRA, che mirava a smaltire circa 120.000 tonnellate nelle discariche tunisine, per un fatturato complessivo di quasi 5 milioni di euro. A Sousse, l’8 luglio, è stato finalmente deciso di sequestrare i container per rispedirli in Italia, ma, fino ad oggi, i rifiuti sono ancora in Tunisia.

LE INDAGINI E GLI ARRESTI IN TUNISIA. IL NULLA IN ITALIA

La mobilitazione delle forze progressiste e delle associazioni della società civile ha messo pressione alle autorità competenti, che hanno aperto un’indagine giudiziaria, arrestando alti funzionari tra cui il ministro dell’ambiente Moustapha Aroui, licenziato dal governo solo il giorno prima dell’arresto.

Quanto alla giustizia italiana, per il momento non ha dato importanza al caso e non ha aperto un’indagine nonostante le proteste della società civile italiana e delle associazioni tunisine presenti nel paese, che stanno sollecitando anche la stampa locale ad approfondire la questione. Nella vicenda ci sembra paradossale non tirare in ballo la regione Campania, che ha dato l’autorizzazione all’esportazione di questi rifiuti pericolosi, in barba ad ogni convenzione internazionale. C’è l’urgenza di stabilire anche qui in Italia quale sia stata la catena di comando che ha permesso ciò.

In Campania, tra l’altro, conosciamo molto bene il sistema marcio, corrotto e criminale che esiste nell’ambito della gestione dei rifiuti, che tanto ha danneggiato la nostra terra.

COSA VOGLIAMO

Il Partito dei Lavoratori (Tunisia) e “Potere al Popolo” (Italia) condannano l’esportazione di questi rifiuti pericolosi in Tunisia, considerata alla stregua di molti altri paesi del Sud come meri cimiteri per gli scarti di paesi e aziende capitaliste a scapito della vita umana e della natura.

Consideriamo che queste operazioni costituiscono crimini contro l’umanità e una sorta di azioni terroristiche che prendono di mira sia l’intera collettività sia l’ambiente, minando il diritto alla vita.

Invitiamo le forze progressiste nei due paesi a un maggiore coordinamento di azioni per denunciare e contrastare l’attività commerciale ed economica mafiosa che beneficiano della copertura dei governi nei due Paesi. A questo proposito, accogliamo con favore tutte le azioni intraprese, comprese quelle per il perseguimento di coloro che sono coinvolti in questi crimini.

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