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27/12/2020

Fallimento del Sistema Torino: anche la cantante Levante sceglie Milano

È di questi giorni la notizia del cambio di residenza della cantante Levante, che dopo 20 anni ha deciso di lasciare la città di Torino.

“Dal suo entourage agli amici più vicini sanno che andare avanti e indietro tra Torino e Milano, dormire in albergo, preparare e chiudere progetti importanti, erano diventate per lei cose pesanti e limitanti, abitando a Torino” scrive Repubblica Torino.

“Milano determina il nuovo mondo musicale che è sempre più connesso alle produzioni televisive, ha detto Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, inquadrando una mutazione in atto che smantella i vecchi modi e luoghi per fare musica. E quindi spostarsi in quella città è una scelta anche comprensibile. […] [Levante è] stata a Torino per quasi vent’anni. Ma la città non riesce a reggere ancora il confronto, anche se è una città magica, magnetica, piena di occasioni di incontri, di strade che si incrociano e da cui nascono esperienze stimolanti”.

Dietro a questo ragionamento tutto incentrato sull’universo “pop” musicale, c’è una riflessione molto più profonda, sulle tendenze che da anni caratterizzano la città di Torino (leggi qui).

Dalla scomparsa della Fiat, e dalla successiva deindustrializzazione, infatti, la città metropolitana di Torino ha cercato di reinventarsi e riconvertirsi, per assicurarsi un ruolo in primo piano tra le città del Nord, per rendersi competitiva e attrice protagonista tra le metropoli europee.

Questa progettualità diviene evidente se si analizzano le politiche degli ultimi trent’anni, in cui lo sviluppo post-fordista della città si articola su tre agende, tra cui spicca ciò che è chiamata “Torino Pirotecnica”, ovvero una città fondata su arte, cultura e intrattenimento, capace di rendere la metropoli un’immensa vetrina fashion, adatta solo a chi se lo può permettere.

Questa tendenza viene riconfermata dal processo di revisione, avviato questa estate dalla giunta Appendino, del Piano Regolatore (24 anni dopo), che non si discosta affatto dalle politiche delle giunte precedenti, e che vede tra le sue linee strategiche quella improntata a una ”Torino Città Universitaria e del Turismo”.

La Città diviene così a misura di imprenditore, accessibile nella sua nuova veste, più europea e più “green”, solo alle classi sociali più ricche, penalizzando il pubblico e le fasce meno abbienti, finalizzando arte, cultura e università al profitto.

Davanti a queste linee strategiche, improntate alla svendita del patrimonio pubblico a favore di investimenti privati a livello europeo (ne sono esempi lampanti la futura costruzione di uno Student Hotel e la recente inaugurazione del Green Pea), alla mercificazione dell’arte e della cultura (tramite rassegne come Artissima), e alla gentrificazione di interi quartieri un tempo popolari come Aurora, il ‘Sistema Torino’ si dimostra però perdente nella competizione tra metropoli, essendosi reso totalmente incapace di affrontare la crisi economica del 2008 e quella attuale.

La città piemontese si sta quindi dimostrando inadeguata, nonostante le linee strategiche, ad affermarsi come ”città competitiva e polo di attrazione”, configurandosi sempre di più come un dormitorio di Milano, e di fatto subendo un processo di ”meridionalizzazione”.

Ciò comporta un aumento tendenziale di emigrazione verso poli più attrattivi appunto, come Milano, con un parallelo aumento delle disuguaglianze sociali derivate dalle politiche fallimentari sopracitate delle ultime giunte, e un tasso di disoccupazione giovanile che negli ultimi anni ha toccato picchi del 50%, rendendo la città inaccessibile a chi non ha mezzi economici e contribuendo a sfaldare e distruggere totalmente ciò che era la florida scena musicale underground degli anni ‘90.

Infatti, con i nuovi indirizzi strategici, a fianco di emigrazione, disoccupazione e distruzione del settore pubblico, si evidenzia un’accelerazione fortissima dell’idea di ridefinire Torino come Città d’Arte che cerca, non riuscendoci, di competere con poli di eccellenza nel campo a livello europeo come Milano e Venezia.

Per fare quest’operazione assistiamo a un aumento sistematico della mercificazione e della competizione tra prodotti culturali e artistici, all’interno di un circuito che rimane chiuso e blindato governato dalle varie ‘star system’ del mondo artistico, culturale e musicale, svendendo al miglior offerente quella che un tempo era una viva e autentica scena underground unica nel suo genere, fuori dagli interessi del mercato.

Esempi di socialità alternativa, come quella che si viveva ai Murazzi, vengono riconvertiti in locali dai prezzi inaccessibili ai più, la scena elettronica di Torino viene ora convogliata in festival di risonanza Europea come il Kappa FuturFestival, e quella che un tempo era una street art propria dei quartieri popolari viene utilizzata dal Comune e da Lavazza per gentrificare quelle stesse zone.

Di fronte alle nuove agende comunali, la scena underground viene cancellata o più spesso svenduta in nome del profitto e della competizione di una città che ha fallito nel suo reinventarsi.

È qui che si inserisce la decisione di Levante di lasciare una città che vede il declino dello scenario artistico e underground per tentare di non annegare nella competizione tra metropoli, ridotta già ormai a dormitorio di Milano, incapace di garantire tutele e servizi se non a chi se lo può permettere.

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