Quelli di Repubblica, giornale di recente entrato nella scuderia di casa Fiat-Fca-Stellantis, fanno parecchia fatica a a riconoscere i successi di sistemi che non siano quelli della casa-madre e del campo occidentale.
Quando incontrano qualcosa che disturba la loro narrazione abituale, provano sempre a infilare la leva del dubbio, dell’ironia, dello scetticismo. Ma ogni tanto si sfasciano contro testimonianze semplici, cristalline, senza equivoci di sorta. E non riescono a trovare neanche una virgola a cui attaccarsi. In questi casi incassano, fanno finta di niente e, per non buttare via comunque un’intervista fatta, la pubblicano egualmente.
Qui di seguito un esempio da manuale. La testimonianza di Fabrizio Chiodo, giovane immunologo italiano al lavoro nel team cubano che sta realizzando un vaccino contro il Covid-19.
Segnaliamo, perché un briciolo di orgoglio giornalistico ci vuole, l’intervista realizzata da Contropiano per il “Settimanale” audiovideo che va online ogni venerdì sera. Sinceramente, non ci sembra occorrano altre parole...
Quando incontrano qualcosa che disturba la loro narrazione abituale, provano sempre a infilare la leva del dubbio, dell’ironia, dello scetticismo. Ma ogni tanto si sfasciano contro testimonianze semplici, cristalline, senza equivoci di sorta. E non riescono a trovare neanche una virgola a cui attaccarsi. In questi casi incassano, fanno finta di niente e, per non buttare via comunque un’intervista fatta, la pubblicano egualmente.
Qui di seguito un esempio da manuale. La testimonianza di Fabrizio Chiodo, giovane immunologo italiano al lavoro nel team cubano che sta realizzando un vaccino contro il Covid-19.
Segnaliamo, perché un briciolo di orgoglio giornalistico ci vuole, l’intervista realizzata da Contropiano per il “Settimanale” audiovideo che va online ogni venerdì sera. Sinceramente, non ci sembra occorrano altre parole...
*****
(intervista a Fabrizio Chiodo da La Repubblica)
L’immunologo Fabrizio Chiodo, 35 anni: “A Cuba su 11 milioni di persone, ci sono stati 145 morti. E la percentuale di guariti è del 92,5%, tutti curati con farmaci homemade, visto l’embargo che dura da 58 anni. Nel tempo il Paese, a causa dell’isolamento, si è creato un arsenale biotecnologico di livello”.
Fabrizio Chiodo, siciliano di Palermo, ha 35 anni ed è l’unico straniero che sta lavorando nel team statale cubano alla ricerca dei vaccini contro il Covid-19. Professore di Chimica e immunologia dei carboidrati all’Avana, una lunga esperienza in Spagna e poi in Olanda, è da poco rientrato in Italia al Cnr di Pozzuoli. Causa restrizioni ai viaggi, i lavori li segue da lontano, quindi. “Entro metà 2021 anche Cuba avrà il suo vaccino, pubblico e gratuito”, racconta.
𝐀𝐝𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐢𝐞𝐭𝐞?
“Ci sono quattro vaccini cubani disegnati, sviluppati e testati in sperimentazione sui 57 nella lista dell’Oms. Cuba produce il 90% dei vaccini che vengono somministrati alla propria popolazione, l’esperienza di decenni di ricerca pubblica è fondamentale. Personalmente sto lavorando al Soberana 1 e al Soberana 2, che significano “sovrana”, dei quattro sono quelli più avanzati nello sviluppo”.
𝐈𝐧 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐟𝐚𝐬𝐞 𝐬𝐢 t𝐫𝐨𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐢 𝐝𝐮𝐞 𝐒𝐨𝐛𝐞𝐫𝐚𝐧𝐚?
“Contiamo di terminare la fase 3 entro i primi tre mesi nel 2021. Ovvero il clinical trial in umano, dove si misura l’efficacia del vaccino, per poi cominciare con la campagna vaccinale da giugno 2021, utilizzando formulazioni e targeting diversi in base all’età della popolazione”.
𝐂𝐡𝐞 𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐢𝐚 𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐞 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐝𝐨?
“In pratica è stato cambiato un solo “pezzettino” della formulazione di vaccini pre-esistenti, utilizzando quindi molecole già presenti in altre formulazioni. Cuba ha l’unico vaccino bivalente contro meningococco B e C, esiste da 14 anni, la base come adiuvante è quella. Doveva essere una tecnologia altamente scalabile, che se ne potessero produrre molte dosi quindi, stabile a temperatura diverse, utile sia in ambito pediatrico che nelle persone anziane. Quindi invece di sviluppare un vaccino tutto daccapo, abbiamo sfruttato quel che già c’era”.
𝐀 𝐂𝐮𝐛𝐚 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐧𝐝𝐞𝐦𝐢𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐢 𝐡𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨?
“Su 11 milioni e mezzo ci sono stati 145 morti, relativamente pochi. Lo si deve al fatto che Cuba ha sempre coniugato il sistema sanitario pubblico con il mondo accademico e della ricerca, e c’è grande fiducia attorno ad essi. Il Paese ha il più alto rapporto tra medici e cittadini, il medico di base è quasi un parente aggiunto per ogni famiglia. Nel corso degli anni i dottori cubani in giro per il mondo con le brigate di solidarietà hanno fatto esperienza con l’Ebola in Africa, in più c’è ed è ben conosciuta la febbre dengue. Insomma, per le pandemie esisteva per forza di cosa una forma di attenzione molto alta”.
𝐀𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐚 𝐂𝐮𝐛𝐚 𝐥𝐞 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐞 𝐝𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐠𝐢𝐨 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐥𝐚𝐬𝐬𝐢𝐜𝐡𝐞? 𝐂𝐢𝐨è 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐞𝐫𝐢𝐧𝐚, 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐞 𝐜𝐨𝐬ì 𝐯𝐢𝐚?
“Sì, è così. La percentuale di guariti al Covid-19 è del 92,5 per cento, tutti curati con farmaci homemade, visto l’embargo che dura da 58 anni. Nel tempo il Paese, a causa dell’isolamento, si è creato un arsenale biotecnologico di livello”.
𝐋‘𝐞𝐬𝐩𝐞𝐫𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐢 𝐜𝐮𝐛𝐚𝐧𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚𝐫𝐨𝐧𝐨 𝐢𝐧 𝐋𝐨𝐦𝐛𝐚𝐫𝐝𝐢𝐚 𝐞 𝐏𝐢𝐞𝐦𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐮𝐫𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐨𝐧𝐝𝐚𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐞𝐠𝐠𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐥’𝐞𝐦𝐞𝐫𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 è 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐢𝐭𝐚?
“Un primo background lo abbiamo ricevuto dalla Cina, ma anche l’esperienza italiana è sicuramente stata utile. Ad oggi Cuba ha ancora 40 brigate in giro per il mondo, fanno parte della storia solidale dell’isola, e in più permettono di affinare osservazione e capacità in campo medico”.
𝐈𝐥 𝐯𝐚𝐜𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐜𝐮𝐛𝐚𝐧𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐞𝐬𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐚𝐯𝐫à? 𝐑𝐢𝐦𝐚𝐫𝐫à 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐢𝐬𝐨𝐥𝐚?
“L’intento principale è produrlo per Cuba, ma essendo un paese socialista verrà distribuito in tutti i paesi in via sviluppo che lo richiedono in maniera gratuita. Ad oggi Bio Cuba Pharma ha 40 mila lavoratori ed esporta già in 48 paesi nel mondo. Con l’Oms inoltre Cuba mantiene un buon rapporto istituzionale. Devo dire che in campo di ricerca nessuno al mondo sta utilizzando i nostri approcci, che però hanno un enorme vantaggio: i costi sono più bassi”.
𝐃𝐚𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚, 𝐢 𝐯𝐚𝐜𝐜𝐢𝐧𝐢 “𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐢” 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐮𝐧 𝐛𝐮𝐨𝐧 𝐩𝐫𝐨𝐝𝐨𝐭𝐭𝐨?
“Non metto in dubbio l’efficacia di nessun vaccino in commercio, assolutamente, posso essere critico solo delle modalità di produzione e distribuzione. Il “cattivo” non è Pfizer, per dire, ma penso il modello economico in sé. Contestare un vaccino che ha superato i passaggi ufficiali significherebbe far crollare la scienza. Ci chiediamo tutti invece, a livello globale, quanto durerà la copertura, come funzionerà con i richiami, ma appunto: sono quesiti che riguardano il mondo intero”.
𝐀 𝐂𝐮𝐛𝐚 𝐢 𝐯𝐚𝐜𝐜𝐢𝐧𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐨𝐛𝐛𝐥𝐢𝐠𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢?
“No, ma ricordo che nel 2013 quando arrivai le persone ci chiedevano novità sul vaccino contro il tumore al polmone, che al momento è anch’esso in clinical trial. I quali sono tutti composti da volontari, mentre le altre compagnie danno un indennizzo. Per dire che i cubani hanno grande fiducia nella scienza e nel sistema vaccinale. Non c’è bisogno di obbligare nessuno”.
𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐡𝐞𝐫𝐞𝐭𝐞 𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐮𝐥𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐯𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞?
“I nostri prodotti vanno protetti intellettualmente, ci stiamo lavorando e i brevetti sono pubblici ma stiamo aspettando il via libera dell’ufficio brevetti per pubblicare nelle riviste scientifiche internazionali. A breve comunque”.
𝐔𝐬𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐨 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐨, 𝐦𝐚 𝐥𝐞𝐢 è 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐬𝐭𝐚?
“Sì, la risposta è sì, senza giri di parole. Solo a Cuba è possibile lavorare a un prodotto che vada dal laboratorio alla clinica in maniera totalmente pubblica. Faccio questo lavoro principalmente per gli altri, è la mia etica, che si sposa in pieno con il lavoro portato avanti nell’isola.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento