Si infittiscono i contributi di economisti cinesi a seguito della Work economic conference del 18 dicembre scorso. Oggi il People’s Daily dà voce a diversi di loro.
Un rapporto pubblicato domenica dall’Academic Center for Chinese Economic Practice and Thinking, presso la Tsinghua University, prevede che il PIL cinese dovrebbe espandersi del 2,1% anno su anno nel 2020, con una crescita del 5,5% nel quarto trimestre. Ha inoltre previsto che l’economia crescerà probabilmente tra l’8 e il 9% nel 2021.
Asse centrale della crescita saranno i consumi, mediante il rafforzamento del salario sociale di classe. A questo riguardo la politica fiscale 2021 sarà proattiva, con un minor deficit rispetto al 2020 (che è stato pari al 3,6%); ma la cosa determinante sarà l’allocazione della spesa governativa.
Probabilmente ci saranno minori investimenti infrastrutturali e maggiore spesa sociale in assistenza medica, supporto agli anziani (tipico dei cinesi, dove gli anziani hanno un posto speciale) e istruzione. Inoltre saranno smantellate alcune restrizioni ai migranti interni delle metropoli cinesi, in modo da garantire loro assistenza sociale, in particolare alloggi pubblici.
Zhang Bin, un ricercatore presso l’Istituto di economia e politica mondiale dell’Accademia cinese delle scienze sociali, in un’intervista rilasciata domenica, ha suggerito che gli sforzi per costruire una rete di sicurezza sociale più forte per i residenti a basso reddito, nonché per l’istruzione e l’assistenza sanitaria, avranno più peso in una struttura di spesa fiscale raffinata, per renderla più efficace e portare maggiori benefici.
“È necessaria una distribuzione del reddito più equa per garantire che l’espansione economica porti benefici a tutti”, ha detto Zhang, aggiungendo che sono necessari “maggiori sforzi sui servizi pubblici e sulla sicurezza sociale”.
Ormai, apertamente, gli economisti cinesi pongono la questione del salario sociale e dell’equa distribuzione del reddito come assi centrali di una futura crescita di “alta qualità”, anche al fine di ridurre il “risparmio precauzionale” (che è intorno al 41% del Pil) e indirizzarlo verso i consumi.
La staffetta, che ha caratterizzato la Cina negli ultimi 40 anni, tra investimenti (volti all’aumento della produttività totale dei fattori produttivi, al parti degli standard occidentali) e consumi lascia ora spazio al benessere della popolazione, preceduto negli ultimi 12 anni dalla reflazione (aumento) salariale.
Obiettivo: aumentare la classe media da 400 a 600 milioni di persone per non dipendere dal mercato mondiale.
La Cina dopo 40 anni volta pagina.
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