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30/12/2020

“Chi non fa inchiesta non ha diritto di parola”

Il ragionamento che segue non fa una piega, ma necessità di una specifica, un "ma grande come una casa" come verbalmente si sente dire spesso.

Per farla breve, se oggi i cazzari tuttologi abbondano è anche (forse soprattutto?) merito di due situazioni concomitanti nel tempo:

1) l'istruzione ha impoverito a tal punto il livello di conoscenze veicolate in ogni specifica disciplina per cui, oggi, è già un miracolo trovare qualcuno che sia abile su questioni meramente meccaniche (sia a livello di prassi mentale, sia manuale);

2) negli ultimi 30 anni i "competenti" si sono dimostrati troppo spesso contraddittori e in definitiva discutibili rispetto alle proprio posizioni: dagli oncologi che sponsorizzavano le centrali nucleari agli economisti che ancora cianciano di austerità espansiva, la lista sarebbe sterminata.

Queste "derive" sono emanazione diretta del modo di produzione capitalista? Sì, ma vanno esplicitate e discusse, altrimenti si finisce per assumere una posizione da luminare rinchiuso nella propria torre d'avorio che incentiva la proliferazione dei cazzari tuttologi digitali.

*****

Succede ogni giorno, e ogni volta l’orrore allarga la sua presa su questa parte di mondo ormai incapace di capire. Dunque anche di reagire.

L’intervento che vi presentiamo – un post di un’avvocatessa su Facebook – avrebbe potuto essere scritto da un qualsiasi altro esperto di qualsiasi campo. Pone un problema che sta trasformando le relazioni sociali in una sola, gigantesca, palude di sabbie mobili entro cui tutto viene inghiottito.

Senza speranza di uscirne più.

Puoi aver studiato una materia o un problema per anni, averne fatto la tua professione o mestiere (da cui ricavi di che vivere, bene o male), conoscerne le pieghe e le trappole. Ma immancabile, maledetto come gli acari sulle piantine di fiori, arriva l’idiota che ritiene di poter dire su quella materia qualsiasi cosa, con pari diritto di parola.

Millenni o secoli di conoscenza dettagliata, articolata, persino suddivisa in sottodiscipline per meglio approfondire aspetti che hanno assunto dimensioni troppo ampie per un cervello solo, spariscono al cospetto di quell’idiota che spara sentenze che iniziano immancabilmente con un “secondo me...”.

Manteniamo l’esempio dell’avvocatessa. Si sa – si dovrebbe sapere – che il diritto (la legge, i codici, ecc.) è un campo sterminato. Che richiede specializzazione. Un processo penale è parecchio diverso da uno civile. Un divorzio richiede “competenze” diverse da un incidente stradale, e molto distanti da un fallimento societario.

Un avvocato serio, cui si possa affidare la propria speranza di vedersi riconosciuto un diritto, dovrà per forza essersi specializzato in quel ramo che corrisponde al tuo bisogno. Un ramo come un fiume pieno di curve, precedenti, rovesciamenti, trappole. In cui è facile smarrirsi anche per il conducente più esperto.

Ma per l’idiota, col suo sorrisetto furbino, non c’è niente da sapere. “Secondo me...”

E viene da pensare che fino a non molti anni fa quello stesso idiota avrebbe messo bocca, con l’identica supponenza, soltanto in due campi: il calcio, ovviamente, da sempre palcoscenico privilegiato per personalità represse. Dove ognuno si sente in grado di fare l’allenatore (quasi mai il calciatore, perché sarebbe troppo facile chiedergli una dimostrazione pratica delle sue presunte abilità).

E poi la politica. Che è il luogo cui effettivamente chiunque deve poter accedere – la democrazia e il socialismo stimolano la partecipazione più larga possibile – ma in cui, altrettanto implacabilmente, “bisogna far gavetta”, imparare, fare esperienza, ascoltare, metabolizzare e poi – eventualmente – aprire bocca.

Non stiamo parlando dell’atto del votare, che è diritto individuale e non può essere condizionato dal grado delle conoscenze possedute.

Stiamo parlando dell’”intervenire”, interdire, tramare, cercare di formare maggioranza, frazioni, correnti, gruppetti. Dell’immaginare e indicare “soluzioni” a problemi di cui si ignorano persino i fondamentali. Che so: il bilancio dello Stato, la politica fiscale, i rapporti internazionali, quelli con l’Unione Europea, la gestione della pandemia, la riforma della scuola o dell’università, la struttura della pubblica amministrazione...

Un bla bla senza costrutto sdoganato, “a sinistra”, dalla follia nota come “ognuno dice la sua”. Specie se non hai niente di utile da dire...

Sappiamo bene che il potere e Confindustria hanno reso inutilizzabile la parola “competenza” (da loro svuotata a semplice “formazione professionale su una singola cosa”), ma tutto questo ciacolare a vuoto su ogni argomento fa tornare in mente quella massima di Mao che, a questo punto, diventa un faro di saggezza:

“Chi non ha fatto inchiesta – ossia non ha studiato il problema – non ha diritto di parola”.

*****

Facciamo un esempio pratico, magari funziona.

Un giorno avete un problema con la legge, e venite da me.

Facciamo finta che vi abbiano fermati ubriachi, il caso più semplice e diffuso.

Entrate nel mio studio, vi sedete.

Vi guardate intorno.

Libri, codici, fogli appesi al muro in cornice.

Da una parte la laurea, dall’altra la pergamena dell’iscrizione all’albo degli avvocati.

Per prendere la laurea ci ho messo un po’ più del previsto perché facevo anche dei lavoretti.

Per diventare avvocato ho toppato una volta lo scritto, e ho dovuto rifarlo un anno dopo.

Poi mi sono chiusa, letteralmente, in casa quattro mesi per superare l’orale.

Una specie di lockdown dove però si studiava dalle 8 alle 9 ore al giorno, festivi inclusi.

In totale quindi ci è voluto un bel po’ di tempo e di pazienza.

Insomma vi sedete sulla sedia di fronte a me, mi spiegate tutta la vicenda.

Alla fine del resoconto generalmente un avvocato vi spiega quali sono le vostri possibili sorti processuali, e come ci si può muovere.

Avete un problema e l’avvocato è lì per risolverlo, in qualche modo.

Ha studiato per questo.

Se avesse voluto darvi un taglio di capelli più gradevole avrebbe fatto la scuola per parrucchieri.

Invece no, ha studiato giurisprudenza.

Era indubbiamente più redditizio il parrucchiere ma ormai è andata così.

Mettiamo però a questo punto che voi siate particolarmente consci delle vostre capacità nascoste e non accettiate i miei pareri.

Mettiamo che a un certo punto mi contestiate che non si fa così, che avete visto una puntata di “Un giorno in pretura” dove un caso simile al vostro finiva in modo diverso.

Tesi, la vostra, confermata anche da un post dell’avvocato Billo Birillo sulla pagina facebook “l’avvocato per tutti”.

Mettiamo che io sia una persona particolarmente paziente (no, è un’ipotesi non illudetevi) e vi lasci raccontare tutta la vostra fantasiosa autodifesa.

Per fortuna nel processo penale non ci si può difendere da soli, altrimenti il dramma del sovraffollamento carcerario sarebbe immenso ed irreparabile. Un buon 85% della popolazione italiana starebbe dentro, e dal carcere hai voglia a dire “ma lo ha detto Santi Licheri a Forum”.

Cercherei di farvi capire questo, insomma.

Che se ho studiato per fare una cosa sono deputata a farla e quello che dico certo non è legge ma è il parere professionale di una persona che ha delle competenze in una certa materia.

Se io chiamo il tecnico della caldaia per la revisione gli faccio fare la revisione della caldaia, non me la faccio da sola solo perché sono appassionata di caldaie e seguo la pagina “caldaie di tutto il mondo” (che sembra una pagina hot ma giuro che non ero maliziosa).

Questo per dirvi cosa.

Che se nel 2020, nella parte del mondo in cui viviamo, molte malattie sono state debellate o grandemente arginate lo dobbiamo a persone che hanno studiato quella materia e che hanno trovato e prodotto un rimedio. Vaccino o medicina che sia.

Non lo dobbiamo a Gino il parrucchiere che un bel giorno è stato assunto alla Pfizer.

Con tutto il rispetto per i parrucchieri.

Perché se ho questo bel rosso acceso adesso lo devo a loro.

Se lo avessi fatto da sola adesso probabilmente sembrerei Arlecchino. O mi sarei procurata delle ustioni in testa.

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