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17/12/2020

È morto John Le Carrè, scrittore della “passione del suo tempo”

Si è spento sabato 12 dicembre nella sua casa in Cornovaglia per una malattia non legata al Covid-19 John Le Carrè, pseudonimo dello scrittore inglese David J. M. Cornwel, aveva 89 anni.

Le Carré, nato nel 1931, aveva insegnato all’università di Eton, per poi diventare funzionario del ministero degli Esteri britannico ed essere reclutato dai servizi segreti (MI6).

Questa sua esperienza nei servizi segreti britannici durante la Guerra Fredda sarà alla base, nel 1961, della nascita del protagonista centrale dei suoi libri della “prima fase” ossia l’agente segreto George Smiley.

I tempi erano quelli ed a consacrarlo all’attenzione internazionale è stato il libro “La spia che venne dal freddo” (1963). Seguito poi da “La talpa”, “L’onorevole scolaro”, “Tutti gli uomini di Smiley”, “Chiamata per il morto”, “La casa Russia”. Un intero ciclo di romanzi ben scritti e in qualche modo visti da “dentro” la Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica.

Eppure già in quei libri John Le Carrè, agente del MI6, si è divertito spesso a mettere in evidenza le divergenze, le competizioni e gli aggiustamenti sia tra le “due sponde del Tamigi” (su una la sede dei servizi di spionaggio all’estero, sull’altra quella del controspionaggio sul fronte interno), ma anche con i “cugini” statunitensi ossia la Cia. Magari cogliendo l’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Ma poi la Guerra Fredda è finita nel 1991. Un intero mondo è venuto giù. Il nemico, l’Urss, non esiste più, ha ammainato la bandiera rossa dal Cremlino. Ma la sua dissoluzione provoca un terremoto anche nella visione, negli incarichi, nella funzione ed anche nei sentimenti tra gli uomini e le donne che quella guerra l’avevano combattuta per quasi mezzo secolo.

Per leggere e capire la seconda fase di John Le Carrè, occorrerà attendere fino al 1995, quando viene stampato il libro “La passione del suo tempo”. Un libro che merita di essere letto non solo come romanzo, ma anche come testimone storico e psicologico del disorientamento di apparati, uomini e donne che si vengono a trovare senza più nemico o funzione. Tra gli agenti dei servizi britannici messi alla porta perché non servono più alla guerra, qualcuno non si riconosce più nel mondo che ha davanti e scapoccia. Uno di questi dovrà essere recuperato in Cecenia – in via non ufficiale ovviamente perché la Russia non è più un nemico – dove sta combinando troppi casini agendo per proprio conto ma alla “vecchia maniera”.

Questo libro segna dunque un cambiamento radicale nei romanzi di Le Carrè. Il nemico non sono più l’Urss o i comunisti, ma diventano via via quelli che dalla fine e dalla vittoria nella Guerra Fredda ci stanno guadagnando enormemente, anche con mezzi non leciti. E nei libri di Le Carrè finiscono nel mirino multinazionali farmaceutiche (Il Giardiniere tenace), i mercanti d’armamenti con entrature nel governo britannico (Il direttore di notte), le collusioni tra le potenze anglosassoni e i gruppi islamici e le brutalità della crociata antiterrorista dopo l’11 settembre (Hissa il buono) finanche i nuovi oligarchi e mafiosi della nuova Russia (Il nostro traditore tipo).

Senza mai poter dimenticare il divertente e dissacrante “Il sarto di Panama” del 1999 (diventato anche un film), nel quale i servizi segreti britannici, statunitensi e lo stesso Pentagono, vengono imbrogliati e ridicolizzati da un anonimo e squattrinato commerciante di Panama, il quale ha solo la ventura di trovarsi in uno snodo strategico degli interessi statunitensi in quello che considerano il loro “patio trasero”. Qui è forte anche la denuncia sui brutali e inutili bombardamenti Usa sui quartieri poveri di Panama nel 1989.

Molti dei suoi romanzi sono anche diventati film, spesso dei cult. Almeno dieci. Ma solo uno di essi – The constant gardner o Il giardiniere tenace – ha vinto un Oscar.

John Le Carrè, per chi ne ha apprezzato i romanzi, lo stile e il contesto, ha dunque avuto due fasi: quella della Guerra Fredda e quella in qualche modo “anticapitalista” nella fase della vincente globalizzazione a guida occidentale. Conosceva benissimo il mondo in cui aveva vissuto, sia nella prima che nella seconda fase.

Nasce da qui una sua convinzione che potrà essere usata come l’epitaffio di chi ha attraversato il “deep State” durante ma anche dopo la Guerra Fredda: “Attraverso la ripetizione, ogni bugia diventa un fatto irreversibile su cui sono costruite altre bugie”, che è un po’ la sintesi su cui si è basata la propaganda nazista. Ma è anche il modus operandi di un sistema massmediatico al servizio delle multinazionali e dei loro governi “occidentali”, cioè del sistema dominante emerso – piuttosto orrido e scricchiolante – dalle passioni del suo tempo di John Le Carrè.

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