1) Nascita della clinica e diffusione del biopotere
I concetti di nascita della clinica, di biopotere, i fenomeni
dell’intelligenza artificiale e della robotica, non solo hanno origine
nel ‘900 ma sono anche ben radicati nella storia del secolo breve.
Tuttavia da allora l’antropologia del potere li ha analizzati in modo
separato: da una parte il campo di forza clinico, spesso ridotto al tema della pressione disciplinare del potere istituzionale e medico sul corpo, dall’altra quello tecnologico
che vive continuamente il rischio di una sua riduzione al tema del
potere assunto dallo spossessamento del sé di fronte alle evoluzioni di
intelligenza artificiale e robotica. Non che da entrambi i campi,
separatamente, non siano arrivate intuizioni, e analisi, anche notevoli
ma il punto è che oggi la riunione di questi fenomeni in un unico campo di forza ci spiega molto della evoluzione del potere clinico, del biopotere, dell’uso esteso di AI e robotica nei processi di medicalizzazione e, in definitiva, della mutazione di ciò che chiamiamo potere. Insomma, un vero grande campo di forza
nel quale si gioca una ridislocazione, logistica e concettuale, della
clinica che contiene, oltre al protagonismo dell’evoluzione
tecnologica, estensione e diffusione di un potere di tipo nuovo.
Guardiamo quindi al concetto di nascita della clinica in Foucault
che emerge da un vero corpo a corpo teorico, con epistemologia e
medicina, e che produce nel filosofo di Poitiers una storia dello sguardo attraverso il quale il potere medico analizza il paziente.
Clinica e potere medico moderno nascono così attraverso uno spostamento
dello sguardo verso specifiche zone del corpo del paziente che, di
conseguenza, comporta mutazioni, e innovazioni, nelle tecniche mediche e
di logistica sanitaria. Si passa così, nelle procedure di
individuazione della cura, dall’interrogazione “come ti senti” rivolta al paziente alla formulazione “dove ti fa male“:
lo sguardo e l’interrogazione medica da legate alla sensazione generale
della persona, cambiano, si localizzano, si concentrano su zone
specifiche del corpo. A partire da questa mutazione le tecniche di
diagnosi, l’organizzazione del sapere medico, la logistica ospedaliera e
gli equilibri dei poteri che innervano questa dimensione dello sguardo e
dell’interrogazione finiscono per ristrutturarsi anche bruscamente.
La nascita della clinica è conseguenza di questo spostamento dello
sguardo e dell’interrogazione sul paziente e il suo significato sta
nelle pratiche discorsive, che si assemblano continuamente tra loro,
presenti in medicina, architettura, logistica, amministrazione.
Il concetto di biopotere, che ha provocato una forte attenzione nella letteratura secondaria su Foucault lungo tutto l’ultimo quarto di secolo, riguarda un nuovo modo di intendere,
da parte della modernità, l’insieme della popolazione, ad un certo
punto concepita come corpo compatto, da far crescere “sano” perché
governato da un insieme di leggi, norme e dispositivi amministrativi.
L’insieme di questa modalità di governo applicata alla popolazione si
chiama biopotere e, in questa dimensione, emergono discipline di
supporto al potere medico come la demografia e la statistica. Tramite
questo percorso di analisi Foucault procede individuando il legame tra biopolitica e capitalismo:
il biopotere assicura la produttività dei processi economici generali
proprio nel momento in cui mette in sicurezza la salute della
popolazione come insieme. Assumendo questa funzione il potere
biopolitico produce parametri – legislativi, normativi,
etici – di misurazione del benessere, favorendo l’evoluzione delle
tecniche mediche che, a loro volta, si ristrutturano per rispettare
questi parametri. Il biopotere è così sia un potere antropologico profondo, che fa presa sulla crescita del vivente, sia un potere legislativo, normativo, etico che favorisce, nello specifico, l’evoluzione delle tecniche mediche.
2) Evolution
È proprio l’evoluzione delle tecniche mediche, la loro capacità di adattarsi ai parametri come di adattarli, di assorbire le rivoluzioni tecnologiche come di contribuirvi,
che comporta, a sua volta, una mutazione del concetto di clinica, di
quello di biopotere e delle relazioni di potere che attraversano
entrambe le dimensioni. Il paradigma delle mutazioni del concetto di
clinica e di quello di biopotere si riassumono così oggi in due passaggi: quello dello sguardo
– dal primato dello sguardo clinico naturale in presenza del paziente
all’emersione di quello tecnologico dove l’ottica artificiale prima e la
distanza telematica poi giocano un ruolo decisivo nella mutazione del
concetto di diagnosi – e quello dell’assorbimento delle
tecniche e delle discipline mediche da parte di intelligenza
artificiale e robotica. In questo senso, clinica e biopotere, vengono
così attraversati da nessi di potere sia tradizionali che di tipo nuovo
componendo un nuovo livello di equilibrio del potere medico nel suo
rapporto col potere tecnologico: quello dove AI e robotica,
sullo sfondo di una innovazione dettata da convulsi processi di
finanziarizzazione, diventano in ogni caso elemento costituente di
questo tipo di potere.
Questa immissione tecnologica, questo spostamento nell’equilibrio dei
poteri tra clinica e biopotere a favore delle tecnologie, non
neutralizza affatto i conflitti microfisici nel mondo medico, come
testimonia efficacemente questa antologia Diagnostic Controversy. Biopotere e clinica si rivelano poteri che fanno presa sulla popolazione, subiscono resistenze alla loro presa anche nel nostro mondo, come testimoniato da Diagnostic Controversy,
e sono ugualmente attraversate da conflitti interni anche
quando vedono intrecciarsi il loro campo semantico, le loro pratiche
discorsive, i loro nessi di potere con l’evoluzione tecnologica. Questo a
conferma del fatto che la tecnologia non è solo neutralizzazione dei
conflitti ma anche ridislocazione di una microfisica del conflitto che,
in questo caso, avviene entro una marcata evoluzione di clinica e
biopotere che si confermano come campi di potere legati alla cura del
malato e della popolazione ma che, per mantenersi come tali, devono
assorbire le mutazioni tecnologiche e lasciarsi assorbire da loro.
L’intreccio tra clinica, biopotere ed evoluzione tecnologica non è quindi, come si intuisce, privo di conseguenze: lo testimonia un lavoro collettivo come Emerging Technologies for Health and Medicine
che registra come tanto più la tecnologia fa valere il proprio peso
sulla cura del malato e della popolazione tanto più clinica e biopotere
assumono significati differenti. Prima di tutto perché la loro presa di
potere non è più solo sull’insieme astratto della popolazione e sul
terreno, sul piano dell’urbanistica medica visto che si estende anche
allo spazio digitale. Ed è proprio questa estensione, che fa dello
spazio digitale un nuovo terreno medico e della cura, che fa capire come
AI e robotica siano un nuovo attore egemone sulla
scena del potere clinico e del biopotere. E, come accade per tutti gli altri
terreni del reale, le mutazioni di AI e robotica non sono solo
tecniche ma hanno effetti medici, sulla cura, sull’organizzazione della
clinica e sulla presa complessiva della società da parte del biopotere.
Visto anche che AI e robotica sono fenomeni di riorganizzazione
tecnologica di quello sguardo che, nel sapere occidentale e in Foucault, è il fondamento della costituzione della clinica e del biopotere così in Emerging Technologies sia la realtà aumentata che quella virtuale sostengono l’evoluzione di questo genere di sguardo costituente dell’universo clinico.
La clinical logistics è quindi l’effetto amministrativo,
logistico della ristrutturazione della clinica e del biopotere che
registra il peso di AI e robotica nella determinazione stessa della cura
e proprio della clinica e del biopotere. Un testo come Innovative Healthcare
cerca invece di registrare, oltre a queste, il piano complessivo delle
mutazioni della dimensione medica fino all’economia della clinica e del
biopotere: dalla gestione del capitale umano al risk management particolarmente complesso in un settore dove alle criticità della gestione della salute si sovrappongono quelle della governance finanziaria sanitaria. Nasce così una nuova clinica
il cui sguardo costituente e il discorso che interroga il paziente non
sono più quello dell’occhio naturale o dell’interrogazione medica che da
esistenziale si fa confidenziale, perché “ascolta” parti discrete del
corpo, ma quelli dell’ottica artificiale e delle piattaforme digitali,
della AI e della robotica che, assorbendo le funzioni dell’occhio
naturale, si intrecciano con i saperi, e i poteri medici tradizionali, in un equilibrio nuovo nel quale le trasformazioni tecnologiche
influiscono su cura, organizzazione della clinica e biopotere. Quando
Foucault parlava di tecnologie si riferiva, soprattutto, alle tecnologie
del sé oggi, nel sapere medico e nel biopotere, l’intervento
tecnologico è in senso letterale e pervasivo ed è sia tecnologico sia
assorbimento ed estensione del potere medico e dello sguardo medico
nello spazio digitale.
Se, in senso tecnologico, la nuova clinica nasce grazie all’occhio elettronico, sulle piattaforme digitali anche il biopotere subisce importanti trasformazioni nella medesima direzione. In Biopower, Foucault and Beyond,
testo collettivo edito da Cisney e Morar, si rimarca infatti come il
biopotere sia sempre un un concetto che va oltre i tradizionali concetti
di potere della modernità (quelli del bene che si possiede o meno) e
sia quindi continuamente sottoposto a mutazioni intrecciandosi con la
dimensione tecnologica. E infatti, proprio in materia di biopotere, ecco
annunciato il passaggio in Legal, Ethical and Social Perspectives in Health and Technologies, un testo collettivo che mette in programma proprio l’analisi del
concetto di biopotere tra medicina e tecnologia. Il biopotere non si
estende quindi sulla vita partendo dal solo sguardo naturale,
utilizzando la classica clinica disciplinare come suo strumento e campo
di potere e le norme come cornice giuridica, ma lo fa partendo dallo
sguardo tecnologico usando una clinica mutata e ponendosi come
intersezione tra la cornice giuridica delle norme e la regolazione
tecnica che evolve sfuggendo alle norme stesse. In questo modo il
biopotere è sia istituzione che extra istitituzionale. Non che non sia
mai stato solo istituzionale ma stavolta la sua extra istituzionalità
coincide con la disruption tecnologica.
Ecco quindi, unificando antropologia critica medica e tecnologica, il vero grande campo di forza
nel quale si definisce una mutazione, logistica e concettuale, della
clinica che contiene, oltre al protagonismo dell’evoluzione
tecnologica, estensione e diffusione di un potere di tipo nuovo: quello digitale innervato nel potere medico il quale si comporta in modo diverso
dal tradizionale biopotere legato alla protezione della popolazione
essendo meno legato alla dimensione normativa, al legame sociale e più
alle improvvise innovazioni tecnologiche, meno alla logica della
mediazione e più a quella della disruption presente in AI e robotica.
Qui i concetti di biotechnological e di biopower,
presenti nei testi qui citati a diverso titolo, escono da questo campo
di forza, quello che produce la nuova clinica, ricordandoci la presenza
di una nuova nozione di governamentalità che si fa più
regolazione tecnica che giuridica, una nuova tecnologia di governo che,
come ogni fenomeno di questo tipo, produce le proprie catastrofi che,
nel nostro mondo, significano assenza di risorse finanziarie per
dispositivi così complessi, espulsione della popolazione – a differenza
di clinica e biopoteri tradizionali – inadatta o troppo costosa per
questi processi, egemonia di una AI magari non propriamente friendly
per il personale medico e la popolazione curata. Ma il vasto campo
antropologico dell’unificazione tra medico e tecnologie è davanti a noi
con i suoi effetti e la sua, enorme, portata. E qual è oggi il legame
tra biopolitica e capitalismo? Il biopotere passa
dall’essere un processo di legittimazione della cura della popolazione
assieme alla produttività economica ad uno che deve anche contenere la disruption
tecnologica in questi processi, assieme al convulso mondo finanziario
che la sostiene, non senza difficoltà, di fronte alla popolazione, e con
incidenti tipici dell’alta complessità presente nel capitalismo
odierno.
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