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06/03/2021

Draghi non perde il vizio - Il Recovery Fund in mano alla McKinsey

La notizia, filtrata su alcuni giornali, rivela che il ministero dell’Economia e Finanza avrebbe firmato nei giorni scorsi, con “estrema riservatezza”, un contratto con la società di consulenza internazionale McKinsey per definire i capitoli del Recovery Plan.

Secondo quanto trapelato, sarebbe stato il ministro dell’Economia Daniele Franco – fedelissimo di Draghi – a contattare McKinsey per accelerare la stesura del piano, che deve essere consegnato alla Commissione europea entro fine aprile. Anche in questo caso, come nel contratto tra Commissione Europea e le società del Big Pharma, i termini del contratto non sono ancora noti ma, secondo la Repubblica, la società McKinsey dovrebbe ricevere “soltanto una sorta di rimborso spese”, la cui quantificazione non è dato sapere.

Al momento non si registrano reazioni significative sul piano politico. Le decisioni del governo Draghi, a quanto pare, usufruiscono di una “franchigia” che lo tiene al riparo delle critiche ma anche degli starnazzamenti di Salvini e compagnia.

È decisamente grave, ma non proprio sorprendente, che un governo nato sulle “competenze” affidi ad una società privata – indottrinata sulla logica del business, non certo della coesione sociale – la stesura di un piano economico/strategico decisivo per il futuro del paese; ovvero per investire i 209 miliardi previsti dall’Unione Europea nel Recovery Fund.

Molti partiti, nei mesi scorsi (Renzi in primis, ma anche Salvini), avevano starnazzato come oche contro l’ipotesi del governo Conte di affidare il Recovery Plan ad un pool di esperti esterni alla politica.

Ma adesso Draghi ha seguito esattamente la medesima strada, mettendo la stesura del piano economico in mano a gente con il pelo sul cuore, indottrinata a far quadrare i conti delle società multinazionali e non certo a misurarsi con le complesse priorità e necessità di un paese

Dai curricula emerge che alcuni ministeri-manager del governo, come Colao, hanno lavorato proprio per McKinsey. Ma chi l’avrebbe mai sospettato...

Alcuni giorni fa, su La Repubblica era possibile leggere che Draghi “ha fretta” e quindi ha deciso di scrivere “personalmente” il nuovo Recovery Plan, insieme al ministro Franco e a “un gruppo ristrettissimo di consiglieri“, tra i quali il bocconiano ultraliberista Francesco Giavazzi e Marco D’Alberti, docente di diritto amministrativo comparato all’università La Sapienza di Roma.

Per molti aspetti sembra un inquietante ritorno al passato, che però si manifesta come eterno presente. Non è superfluo ricordare che proprio la grande ondata di privatizzazioni e di smantellamento del sistema pubblico in Italia, dal 1992 in poi, venne realizzato con la consulenza di una società esterna – la Goldman Sachs (che lo rivendica anche sul suo sito) – e che l’input decisivo venne da Mario Draghi, il quale dieci anni dopo l’inizio “grande massacro sociale” del 1992, transitò con nonchalance dal Ministero del Tesoro proprio alla Goldman Sachs, dove rimase fino a quando venne nominato governatore della Bce.

La società di consulenza McKinsey appartiene alla stessa genìa maledetta. “McKinsey è diventata un governo ombra, non soltanto negli Stati Uniti, che consiglia alle grandi aziende come interagire con i governi, ai governi quali servizi esternalizzare alle aziende, agli investitori in quali aziende investire, con tutti gli inevitabili conflitti di interesse che ne derivano”, sottolinea la sempre ben informata pagina web Startmag.it.

Il New York Times rivelò a suo tempo, che l’amministrazione Trump si era affidata a McKinsey per gestire una questione che di solito è considerata materia di sicurezza nazionale, non appaltabile a società private: le politiche migratorie.

Per un compenso stimato intorno ai 20 milioni di dollari, McKinsey ha spiegato all’Immigration and Customs Enforcement come aumentare i rimpatri di migranti irregolari. E quali sono stati i “consigli” della McKinsey in materia? Ha suggerito di liberare risorse per accelerare le procedure, con un drastico taglio dei costi. Che nel caso di migranti irregolari detenuti sono cibo, assistenza medica e servizi vari.

Ed è lo stesso Sole24Ore a far sapere che “Il colosso della consulenza McKinsey ha accettato di pagare 573 milioni di dollari per accordarsi con le richieste di 49 stati americani secondo cui la società ha contribuito ad alimentare l’epidemia di dipendenze a base di oppioidi fornendo consulenza di marketing a produttori di farmaci tra cui Purdue Pharma e Johnson & Johnson.

McKinsey, con sede a New York, pagherà immediatamente circa l’80% della somma per rinforzare i programmi di trattamento e sostenere i bilanci della polizia messi a dura prova dall’abuso esteso degli antidolorifici che creano dipendenza. Il resto verrebbe pagato in quattro anni”
.

Insomma con la decisione del governo Draghi di affidare la definizione delle linee guida del Recovery Plan ad un gruppo di avvoltoi come la McKinsey, si chiariscono molte delle cose che abbiamo denunciato con sistematicità in questi mesi, sia sulla natura e gli obiettivi del Recovery Plan conformato alle direttrici dell’Unione Europea, sia sulla natura del governo Draghi.

Questo governo è in perfetta continuità con quelli che hanno smantellato ogni ambito pubblico e privatizzato il privatizzabile nel nostro paese. Figuriamoci se si lasciavano sfuggire un bottino come 209 miliardi da gestire nei prossimi anni.

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