L’aumento del 2,6% della spesa militare mondiale è avvenuto in un anno in cui il prodotto interno lordo globale è diminuito del 4,4%, secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale, in gran parte a causa degli impatti economici della pandemia di covid. Di conseguenza, la spesa militare in percentuale del Pil nel 2020 ha raggiunto una media globale del 2,4% (dal 2,2% nel 2019). Questo è stato il più grande aumento anno su anno del peso militare sui bilanci, dalla crisi finanziaria ed economica globale del 2009. Non è stato per tutti così: anche se a livello globale la spesa militare è aumentata, alcuni Paesi, come il Cile e la Corea del Sud, per rispondere alla pandemia hanno convertito parte della loro spesa militare pianificata. Molti altri, tra cui Brasile e Russia, hanno speso molto meno dei loro budget militari previsti in origine per il 2020.
2 mila miliardi di dollari utilizzati in spese militari equivale a dire che al mondo ogni essere vivente, da 0 a 100 anni, ha speso 250 dollari in armi nel 2020, mentre tutte le altre attività economiche e sociali rallentavano o soccombevano. E – indovinate un po’ – tra i primi dieci Paesi al mondo con il maggior incremento di spese militari, troviamo l’Italia a guidare la classifica con un balzo in avanti del 7,5%. Gli Stati Uniti da soli hanno investito una cifra pari ad oltre un terzo del totale: 778 miliardi di dollari, quasi il 5% in più rispetto al 2019. L’Africa, con un aumento del 5,1% è il continente dove si è verificato il più alto incremento a livello mondiale, il 2,2% del totale, che è comunque un ventesimo della spesa degli Stati Uniti. Spicca il 40% in più dell’Uganda. In Europa invece Ungheria e Romania registrano un aumento del 20% di spese militari. Come spesa militare per singolo Paese, dietro l’Uganda troviamo il Myanmar, dallo scorso febbraio vittima di un golpe militare.
Secondo gli esperti del Sipri gli aumenti delle spese statunitensi riguardano principalmente gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo di progetti a lungo termine come la modernizzazione dell’arsenale nucleare e l’approvvigionamento di armi su vasta scala. Questo riflette le crescenti preoccupazioni sulle minacce percepite da concorrenti strategici come Cina e Russia, nonché la spinta dell’amministrazione Trump a rafforzare l’esercito statunitense. Nel 2020, quasi tutti i membri della Nato hanno visto aumentare il loro impegno militare. Così 12 paesi Nato hanno speso per le loro forze armate il 2% o più del loro Pil, l’obiettivo di spesa delle linea guida dell’Alleanza Atlantica, rispetto a 9 membri nel 2019. La Francia, l’ottavo Paese a spendere di più in armi al mondo, ha superato la soglia del 2% per la prima volta dal 2009. Con un totale di 59,2 miliardi di dollari, il Regno Unito è diventato il quinto più grande investitore militare del 2020, si tratta del 2,9% in più rispetto al 2019. La Germania ha aumentato la sua spesa del 5,2%, fino a 52,8 miliardi di dollari, diventando il settimo più grande investitore nel 2020. Nel 2020, la spesa militare in tutta Europa è aumentata del 4,0%.
Secondo la Rete Italiana per la Pace e il Disarmo l’Italia “Rimane nella top 5 europea per spesa militare, dietro Russia, Regno Unito, Germania e Francia, arrivando alla undicesima posizione globale con una spesa per il 2020 che il Sipri stima in 28,9 miliardi di dollari, 25,4 miliardi di euro. Il quadro di lettura di base è dunque quello di una crescita decisa delle spese militari italiane dopo un periodo di relativa stasi fino al 2019, con un aumento sostanziale nel 2020”. Come sottolinea Maurizio Simoncelli su sbilanciamoci.info: “Alla ricerca di nuovi contratti, le aziende del settore hanno trovato sostegno anche nel parere espresso sul PNRR dalle Commissioni Difesa di Camera e Senato il 10 marzo 2021 in cui si parla di valorizzare il contributo a favore della Difesa, necessario sostegno dello strategico settore industriale, incrementare le capacità della Difesa nel settore dello Spazio… realizzazione, anche nelle regioni meridionali, di distretti militari intelligenti (Smart military districts), volti a porsi come poli d’attrazione per interessi e investimenti”, facendo balenare anche nuove possibilità occupazionali e di attrazione per investimenti. La lobby della morte è sempre attiva e continua la sua pressione sul governo per incrementare i fondi del PNRR per l’industria militare. Ospedali e ricerca scientifica possono aspettare.
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