Il lavoro del ministero alla transizione ecologica è appena iniziato, e già si manifesta nei fatti come di ecologico questo ministero abbia solo il nome.
Nonostante non sia ancora stato approvato il piano regolatore che l’Italia avrebbe dovuto presentare alla Commissione Europea in merito alla gestione delle risorse marine, il mese scorso è stato dato il via libera ad ulteriori 13 progetti per lo sfruttamento di metano e petrolio esistenti nel territorio emiliano, nei fondali dell’Adriatico e nel canale di Sicilia.
L’annosa questione delle trivelle e dell’impatto che l’estrazione di idrocarburi provoca all’ecosistema e ad un territorio così fragile come quello italiano, ritorna quindi in auge nel nome dello sviluppo e del lavoro, e porta il marchio delle società petrolifere Po Valley, Siam e dell’immancabile Eni. La firma del ministero autorizza di fatto l’escavazione di altri 20 pozzi oltre a quelli esistenti.
In particolare Eni si aggiudica i giacimenti di Calipso (Ancona), Donata (San Benedetto del Tronto e Alba Adriatica), e altre piattaforme al largo di Recanati e nella costa siciliana di Licata e Gela.
La Po Valley si aggiudica il giacimento Teodorico (Comacchio e Delta del Po) e nelle campagne di Budrio (nella bassa pianura bolognese)
Siam ottiene nuove concessioni per diversi giacimenti sull’Appennino modenese (da Vignola a Valsamoggia).
Tutti territori notoriamente fragili per loro natura, alcuni dei quali, come il Delta del Po, zone di protezione speciale e tutelate per il loro valore naturalistico.
Nell’epoca delle grandi dichiarazioni di intenti verso un’economia senza carbon fossile, a basso impatto ambientale per preservare i cambiamenti climatici accelerati dalle attività antropiche, questa scelta politica smaschera quanto l’ambiente e l’emergenza climatica rimanga un tema elettoralistico poco o nulla preso in considerazione.
Cingolani si difende timidamente dalle polemiche che lo accusano di scelte palesemente anti-ecologiste dicendo che “Quelle trivelle erano già lì” ed erano già state autorizzate. Una difesa “tecnica” se così possiamo dire, ma la politica di fatto, dalla Lega al PD non ha avuto nulla da eccepire, anzi!
La difesa delle produzioni nazionali per la Lega, e la necessità di valorizzazione delle risorse per il PD sono i cavalli di battaglia che reggono la scelta politica di continuare l’escavazione di idrocarburi dal territorio, dimenticandosi del tutto degli effetti devastanti e scientificamente provati che queste operazioni hanno sull’ambiente e sul territorio circostante.
Sul piede di guerra non sono solo le associazioni ambientaliste come GreenPeace, WWF e Legambiente, che da anni denunciano i danni ambientali che questo tipo di attività hanno sull’acidificazione delle acque del mare e sui fenomeni di subsidenza (lo “sprofondamento” del terreno, particolarmente intenso in Emilia Romagna), ma anche i pescatori e i valligiani che vivono dell’economia legata alla pesca o all’allevamento di molluschi e i sindaci dei comuni interessati che difendono il turismo e la piccola imprenditoria locale.
Anche se non interessati agli effetti ambientali in senso stretto, chi vive e lavora nel territorio sa bene che le perforazioni impattano enormemente sulla sicurezza e stabilità del territorio, e anche sulle risorse di cui essi stessi necessitano per vivere e lavorare.
Gli interessi dell’ambiente, come i diritti sociali, costano caro perché implicano scelte impopolari per chi, come Eni e company, trae profitto dallo sfruttamento delle risorse ambientali o umane.
Nonostante non sia ancora stato approvato il piano regolatore che l’Italia avrebbe dovuto presentare alla Commissione Europea in merito alla gestione delle risorse marine, il mese scorso è stato dato il via libera ad ulteriori 13 progetti per lo sfruttamento di metano e petrolio esistenti nel territorio emiliano, nei fondali dell’Adriatico e nel canale di Sicilia.
L’annosa questione delle trivelle e dell’impatto che l’estrazione di idrocarburi provoca all’ecosistema e ad un territorio così fragile come quello italiano, ritorna quindi in auge nel nome dello sviluppo e del lavoro, e porta il marchio delle società petrolifere Po Valley, Siam e dell’immancabile Eni. La firma del ministero autorizza di fatto l’escavazione di altri 20 pozzi oltre a quelli esistenti.
In particolare Eni si aggiudica i giacimenti di Calipso (Ancona), Donata (San Benedetto del Tronto e Alba Adriatica), e altre piattaforme al largo di Recanati e nella costa siciliana di Licata e Gela.
La Po Valley si aggiudica il giacimento Teodorico (Comacchio e Delta del Po) e nelle campagne di Budrio (nella bassa pianura bolognese)
Siam ottiene nuove concessioni per diversi giacimenti sull’Appennino modenese (da Vignola a Valsamoggia).
Tutti territori notoriamente fragili per loro natura, alcuni dei quali, come il Delta del Po, zone di protezione speciale e tutelate per il loro valore naturalistico.
Nell’epoca delle grandi dichiarazioni di intenti verso un’economia senza carbon fossile, a basso impatto ambientale per preservare i cambiamenti climatici accelerati dalle attività antropiche, questa scelta politica smaschera quanto l’ambiente e l’emergenza climatica rimanga un tema elettoralistico poco o nulla preso in considerazione.
Cingolani si difende timidamente dalle polemiche che lo accusano di scelte palesemente anti-ecologiste dicendo che “Quelle trivelle erano già lì” ed erano già state autorizzate. Una difesa “tecnica” se così possiamo dire, ma la politica di fatto, dalla Lega al PD non ha avuto nulla da eccepire, anzi!
La difesa delle produzioni nazionali per la Lega, e la necessità di valorizzazione delle risorse per il PD sono i cavalli di battaglia che reggono la scelta politica di continuare l’escavazione di idrocarburi dal territorio, dimenticandosi del tutto degli effetti devastanti e scientificamente provati che queste operazioni hanno sull’ambiente e sul territorio circostante.
Sul piede di guerra non sono solo le associazioni ambientaliste come GreenPeace, WWF e Legambiente, che da anni denunciano i danni ambientali che questo tipo di attività hanno sull’acidificazione delle acque del mare e sui fenomeni di subsidenza (lo “sprofondamento” del terreno, particolarmente intenso in Emilia Romagna), ma anche i pescatori e i valligiani che vivono dell’economia legata alla pesca o all’allevamento di molluschi e i sindaci dei comuni interessati che difendono il turismo e la piccola imprenditoria locale.
Anche se non interessati agli effetti ambientali in senso stretto, chi vive e lavora nel territorio sa bene che le perforazioni impattano enormemente sulla sicurezza e stabilità del territorio, e anche sulle risorse di cui essi stessi necessitano per vivere e lavorare.
Gli interessi dell’ambiente, come i diritti sociali, costano caro perché implicano scelte impopolari per chi, come Eni e company, trae profitto dallo sfruttamento delle risorse ambientali o umane.
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1) Il dettaglio delle concessioni di coltivazione prorogate (dal Bollettino Ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse):
2) Proroga della concessione di coltivazione «B.C22.AG» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Adriatico)
3) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «A.C11.AG» della società ENI p.A. (offshore – Mar Adriatico)
4) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «D.C4.AG» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Ionio)
5) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «A.C13.AS» della società ENI S.p. (offshore – Mar Adriatico)
6) Proroga quinquennale della concessione di coltivazione «B.C5.AS» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Adriatico)
7) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «A.C12.AG» della società ENI p.A. (offshore – Mar Adriatico)
8) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «D.C2.AG» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Ionio)
9) Proroga quinquennale della concessione di coltivazione «A.C8.ME» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Adriatico)
10) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «A.C14.AS» della società ENI S.p. (Perforazione pozzo “Calipso 5 Dir” – offshore – Mar Adriatico)
11) Proroga decennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «A.C17.AG» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Adriatico)
12) Proroga quinquennale della concessione di coltivazione «CERVIA MARE» della società ENI S.p.A. (offshore – Mar Adriatico)
13) Proroga quinquennale e riperimetrazione della concessione di coltivazione «B.C13.AS» della società ENI S.p. (offshore – Mar Adriatico)
14) Proroga quinquennale della concessione di coltivazione «B.C2.LF» della società ENERGEAN ITALY p.A. (offshore – Mar Adriatico)
A questi si devono aggiungere:
1) Rinnovo della concessione mineraria per la coltivazione di idrocarburi gassosi denominata “Vetta” (Emilia Romagna – prov. Modena)
2) Rinnovo della concessione mineraria per la coltivazione di idrocarburi gassosi denominata “Barigazzo” (Emilia Romagna – prov. Modena)
3) Progetto di messa in produzione del pozzo a gas naturale “Podere Maiar 1dir” nell’ambito della concessione di coltivazione “Selva Malvezzi” (Emilia Romagna – prov. Bologna)
4) Perforazione del pozzo esplorativo “Lince 1” nell’ambito del permesso di ricerca “G.R13.AG” (Stretto di Sicilia – province di Caltanissetta, Agrigento, Ragusa)
5) Concessione di coltivazione idrocarburi “Gela” – Attività di work over e di posa condotta per la conversione da produttore a iniettore del pozzo “Gela 57” e relativa messa in esercizio
6) Messa in produzione del giacimento convenzionalmente denominato “Teodorico” – Concessione di coltivazione d 40 A.C.-.PY – Zona A Mare Adriatico (prov. Ferrara, Ravenna, Rovigo).
7) Perforazione del pozzo “DONATA 4 DIR” nella concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi B.C3.AS.
Fonte
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