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23/05/2021

Roma, in piazza una vitalità sorprendente

Una manifestazione non cambia il mondo, lo sappiamo. Però fotografa uno stato d’animo, i cambiamenti avvenuti e quelli in corso.

Il corteo di ieri – politico perché rivolto contro il governo Draghi, le multinazionali (di Big Pharma e non solo), le grandi potenza schierate a difesa dei brevetti sui vaccini, ecc. – arrivava dopo un anno e mezzo di clausura.

In questo periodo ci sono state ovviamente diverse manifestazioni e presidi, specie di lavoratori impegnati in vertenze disperate (aziende che chiudono delocalizzano, scappano), o di movimenti territoriali ormai inestirpabili (i No Tav, in primo luogo).

Ma erano tutte “momenti specifici”, reazioni di settori sociali o territoriali all’avanzare della crisi, nei punti dove la crisi si esprime con maggiore urgenza.

Ieri, invece, si è visto che si può cominciare a cucire insieme questa reazione sociale conflittuale.

Non solo perché erano presenti, con delegazioni provenienti da tutta Italia, organizzazioni sindacali (Usb, soprattutto), forze politiche, collettivi, singoli compagni finalmente di nuovo a loro agio nella dimensione collettiva della piazza.

Ma perché si vedeva lo spirito giusto per provare insieme a far entrare in campo gli interessi sociali che la gestione neoliberista della crisi vorrebbe definitivamente schiacciare.

La novità vera, diciamolo subito, è stata la prevalenza dei giovani. Qualcuno, visibilmente, era forse alla sua prima manifestazione di “respiro nazionale”. Eppure l’allegria si sposava benissimo con la determinazione a non fare più da spettatori.

Lo stato letargico indotto dalla somma di pandemia, isolamento sociale e “ammortizzatori” sta per rompersi. Lo si avverte dai primi movimenti concreti del “governo dei migliori”, con le paroline suadenti come “sburocratizzazione” che lasciano il campo agli appalti senza più controlli, terreno di caccia per criminalità organizzata, devastatori di territorio, inquinatori seriali. O come “transizione ecologica” affidata a un ministro cresciuto nella ricerca militare di Finmeccanica-Leonardo.

E nel momento in cui la dialettica del conflitto sociale (e politico) ricomincia a marciare, quella capacità di “cucire insieme” diversità che sarebbe un errore tragico considerare reciprocamente irriducibili è una risorsa preziosa. Indispensabile.

Sarà per quella enorme bandiera che apriva il corteo, sorretta dai palestinesi e da quanti da sempre esprimono con loro solidarietà. Sarà per la presenza di lavoratori migranti organizzati. Per la presenza di quelli dell’Alitalia (a proposito di aziende che l’Unione Europea vorrebbe veder scomparire). Sarà per i portuali che bloccando le navi della morte hanno fatto il giro del mondo. Sarà per quegli studenti che sciamavano tra le fila di Potere al Popolo, Cambiare Rotta, Osa o anche “sciolti”.

Sarà per quel colpo d’occhio che restituisce una comunità viva e attiva, non richiusa a riccio intorno a identità che non si sa più come far giocare nel presente.

I numeri non sono ancora quelli che impongono rispetto anche all’avversario di classe, certo. Per molti versi è stata ancora una “manifestazione militante”. Ma anche su questo piano la risposta è stata maggiore delle attese. Non neghiamo che nelle previsioni ci si teneva prudentemente su cifre molto più basse.

Un punto di partenza, si suole dire. E mai come in questo caso è vero. Molto è cambiato, durante “il letargo”. È ora di rendersene conto e abbandonare abitudini, riti, modi di non pensare e non fare che erano diventati “la norma”.

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