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27/05/2021

Palestina. Niente pace a Gerusalemme, la Turchia punta al gas davanti Gaza

Mentre sembra reggere ancora il cessate il fuoco a Gaza e in Israele, a Gerusalemme l’occupazione israeliana non sembra affatto aver cambiato registro.

Mercoledì mattina la polizia israeliana ha soffocato una manifestazione contro le espulsioni forzate di famiglie palestinesi dall’area Batn al-Hawa di Silwan nella Gerusalemme est occupata.

Il Centro informazioni di Wadi Hilweh ha affermato che la polizia israeliana pesantemente armata ha represso con la violenza i partecipanti alla manifestazione contro l’espropriazione forzata delle famiglie palestinesi delle loro case a Batn al-Hawa, a sud del complesso della moschea di Al-Aqsa, picchiandoli e arrestando un adolescente di 16 anni dopo averlo colpito in faccia con il calcio di un fucile.

Sempre ieri le autorità israeliane hanno costretto un cittadino palestinese dei territori occupati dagli israeliani nel ’48, a demolire la propria casa nella città palestinese di Tayibe, nel centro di Israele.

Il sito web di Arabs 48 news riferisce che Nabil Amrour è stato costretto a demolire la sua stessa casa per evitare di pagare costi esorbitanti se i bulldozer del ministero dell’Interno israeliano fossero accompagnati dalle forze speciali della polizia.

La Turchia avanza la sua ipoteca sui giacimenti di gas davanti a Gaza

Si apprende intanto che la Turchia si appresta a diventare un soggetto ingombrante per Israele nel controllo dei giacimenti di gas nel mare davanti a Gaza. In tal senso si vanno palesando gli stretti rapporti tra Turchia e Hamas.

Il capo dell’Ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyah, ha infatti dichiarato che il suo movimento sarebbe felice di qualsiasi accordo marittimo tra Palestina e Turchia che consideri l’uso di gas naturale al largo delle coste palestinesi.

In un’intervista alla televisione HaberTurk, Haniyah ha affermato che qualsiasi accordo di questo tipo andrebbe a vantaggio sia della Turchia che della Palestina. Il dirigente di Hamas ha affermato che le coste palestinesi hanno “importanza strategica” in quanto contengono enormi riserve di gas naturale, sottolineando che i palestinesi devono beneficiare di questa ricchezza.

Haniyah ha affermato che il suo movimento considera la Turchia, l’Egitto, l’Iran e l’Arabia Saudita come paesi importanti nella regione.

Alcuni giorni fa, un alto funzionario turco in pensione aveva proposto un accordo per delimitare i confini tra Ankara e Palestina. Tuttavia, ha notato che un tale accordo necessita di uno Stato palestinese sovrano unito a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme est.

Ha inoltre sottolineato che la Turchia ha confini marittimi con Gaza lungo il Mar Mediterraneo, sottolineando che un tale accordo sarebbe simile a quello recentemente firmato tra Turchia e Libia nel 2019.

Il giacimento di gas “Gaza Marine” si trova a circa 30 chilometri dalla costa della Striscia di Gaza e si stima che possa contenere oltre un trilione di metri cubi di gas naturale. A causa dell’assedio israeliano sulla Striscia, i palestinesi non sono in grado di accedere al giacimento di gas.

Il leader di Hamas a Gaza Yihia Sinwar ha affermato in una conferenza stampa che “il presidente Biden adesso ha il compito di premere su Israele per costringerlo a rispettare il diritto internazionale”. Sinwar ha sostenuto che già nel 2017 Hamas ha riveduto le proprie posizioni politiche dietro pressioni internazionali.

Anche oggi, ha assicurato, Hamas è interessato a partecipare alle elezioni legislative dell’Autorità nazionale palestinese, che erano state fissate per il 22 maggio e che sono poi state rinviate. “Noi abbiamo accettato tute le condizioni fissate dal presidente Abu Mazen, ma questi si è tirato indietro per la questione del voto a Gerusalemme est. Noi – ha aggiunto – vogliamo che quelle elezioni avvengano prima possibile, e siamo pronti ad accettarne il risultato“.

Il dirigente di Hamas ha poi avvertito: “Se Israele non cesserà a Gerusalemme le attività contro la Città Santa ed i suoi abitanti, potrebbe divampare una guerra religiosa su scala mondiale“.

All’origine dell’ultimo conflitto, ha affermato, c’è stato il comportamento israeliano verso i fedeli alla moschea al-Aqsa e nel rione conteso di Sheikh Jarah: “Siamo stati obbligati a lanciare un ultimatum. Quando Israele l’ha ignorato, siamo passati all’azione“.

Dal canto suo il presidente dell’Anp Abu Mazen ha sottolineato durante un incontro con il ministro degli Esteri britannico in visita a Ramallah, Dominic Raab, l’importanza dell’inizio immediato di un processo politico sotto la supervisione del Quartetto internazionale che ponga fine all’occupazione israeliana dello Stato di Palestina con Gerusalemme Est come capitale in linea con le risoluzioni di legittimità internazionale.

Abu Mazen ha inoltre sottolineato l’importanza di fermare immediatamente gli attacchi degli estremisti dei coloni israeliani, appoggiati dalle forze israeliane, nei territori occupati, compresa Gerusalemme.

Ha inoltre sottolineato la necessità di garantire la solidificazione del cessate il fuoco in tutti i territori palestinesi e di sostenere gli sforzi di ricostruzione della Striscia di Gaza assediata e devastata.

Fonti: Ansamed, Wafa, Infopal

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