John Carpenter è uno dei registi più influenti della generazione americana degli anni '70 – decennio di rivalutazione dei cosiddetti B-movie – insieme ai coevi Brian De Palma e David Cronenberg. Con questi autori Carpenter
ha sempre avuto varie caratteristiche in comune, in particolare quella
di aver portato ad alti livelli un modo quasi artigianale di fare film,
fatto di passione per il cinema di genere, pochi soldi e tante idee
visionarie. Ma è stato soprattutto Carpenter, rivedendo con un'ottica
personale i B-movie dei decenni precedenti (dai mostri della Universal ai film di fantascienza di Don Siegel e Wolf Rilla), a contribuire alla rinascita di un genere, regalandoci una serie di opere cult di enorme capacità visionaria.
Tutto
questo però potrebbe non bastare a giustificare l'aura quasi mistica
che avvolge il regista. Un aspetto senz'altro decisivo, che ha spinto al
limite l'idea di cinema artigianale, è quello di essere stato anche
l'autore delle colonne sonore di tutti i suoi film. Un risultato reso
possibile dal fatto che Carpenter ha studiato musica sin dall'infanzia,
grazie al padre musicista che lo ha fatto persino partecipare a diverse session con Frank Sinatra, Johnny Cash
e Roy Orbison. Nonostante queste esperienze, di cui farà tesoro, John
capisce presto che il suo futuro è il cinema e, forte delle sue idee
chiare sin da subito, riesce a fondere la sua passione travolgente con
gli studi musicali per creare qualcosa di unico.
Sia nel cinema
che nella musica, Carpenter non ha mai la possibilità, né probabilmente
la voglia, di realizzare opere ad alto costo, come altri registi della
sua stessa generazione, partiti anch'essi con i B-movie di genere (Spielberg o Lucas,
ad esempio), hanno avuto l'opportunità di fare. Questo approccio si
traduce in un cinema prettamente artigianale, capace di sfornare cult-movie
con budget minimi, coniugando scenari tipici del cinema di genere
(horror, fantascienza) con una visione politica e sociale del tutto
peculiare e alternativa (tra tutti, il film vicino alla sinistra
anticapitalista "They Live" del 1988). Sul fronte delle colonne sonore,
tutto ciò si traduce in musica elettronica fatta in casa, che non può
rinunciare alla collaborazione di un professionista, Alan Howarth,
necessaria per sopperire ai limiti tecnici di Carpenter.
Gli strumenti utilizzati da Howarth sono i sintetizzatori ARP e Prophet-5 e una drum machine
Linn LM-1. A questi si aggiungono un pianoforte acustico e una o forse
due chitarre elettriche. Tendenzialmente Carpenter pensa alle melodie e
insieme a Howarth costruisce passo dopo passo e arrangia i brani. Nasce,
quindi, una lunga e fruttuosa collaborazione, a partire dalle colonne
sonore dei suoi primi film "Dark Star" (1974), "Assault On Precinct 13"
(1976), "Halloween" (1978) e "The Fog" (1980), che trova il suo vertice
proprio in "Escape From New York"
(1981). Carpenter crea per l'occasione gli scenari di una distopia
totalmente visionaria, a metà strada tra fantapolitica e fumetto. Il suo
pessimismo sui destini umani non lascia spazio ad alcuna alternativa
che non sia la fine di tutto. La New York degradata non è migliore del
resto del mondo sopravvissuto a una guerra devastante, né di certo degli
uomini che governano ciò che del mondo è rimasto. L'unico uomo diverso
non è il classico "buono", ma un anti-eroe disilluso come Jena Plissken,
che cerca in ogni modo di salvare se stesso ma rinuncia a salvare il
mondo, ritenendolo ormai perduto per sempre.
Gli scenari oscuri (il film è interamente ambientato di notte) sono accompagnati da ritmi martellanti di elettronica e drum machine,
come a scandire il tempo che continua ad avanzare verso un finale
inevitabilmente disastroso. Fa eccezione il brano introduttivo, la
celeberrima "Man Title". Se, a dire di Carpenter, le influenze
principali di questo brano sono stati i Tangerine Dream e addirittura i Police, è impossibile non pensare a quanto importante sia stato l'ascolto delle colonne sonore dei film di genere italiani, dai Goblin a Morricone e a Micalizzi. La sintesi operata da Carpenter e Howarth è comunque perfetta: poche note di synth, un piano elettrico, un loop, una drum machine,
una melodia memorabile e il gioco è fatto. Ma nonostante questo sia il
brano che oggi tutti potrebbero riconoscere in pochi secondi, è
probabile che non sia per questo che "Escape From New York" possa essere
considerato una pietra miliare.
È nei brani successivi,
infatti, che l'influenza anche musicale di Carpenter diviene davvero
immensa. Quanto l'elettronica successiva debba alle sue intuizioni non è
semplice dirlo. Un brano come "The Bank Robbery" è emblematico. Tutto
si costruisce per aggiunta progressiva di elementi, uno dopo l'altro.
Prima una cassa, poi una chitarra, poi un suono che ricorda una maracas,
per andare avanti con rullanti, effetti elettronici, battiti di mani,
percussioni. È una continua addizione di elementi sonori, sulle orme di
esponenti del minimalismo americano come Steve Reich.
Il brano tende a cambiare lentamente mantenendo una struttura sempre
simile, con poche note di riferimento che si ripetono costantemente. La
stessa operazione è ripetuta in altri due classici, "The Duke
Arrives/The Barricades" e "President At The Train", dove semplicemente
cambiano di poco le note ripetute della chitarra. Come sempre, la
ripetizione crea ipnosi e i ritmi di Carpenter danno l'impressione di
poter durare in eterno senza stancare mai. Addirittura in "He's Still
Alive/Romero" e "Police Action" sono solo due note ribattute a creare la
tensione necessaria.
Brani come "The President Is Gone" e
"Romero And The President" sembrano anticipare band storiche della
musica elettronica, penso ad esempio ai Boards Of Canada
che è difficile immaginare senza alcune delle intuizioni di Carpenter.
"Engulfed Cathedral" è un'interpretazione del preludio di Debussy "La
Cathédrale engloutie (The Sunken Cathedral)", un tentativo molto
rischioso che può considerarsi riuscito e ben inserito nelle immagini
del film. Estremamente minimale e decisamente figli della colonna sonora
di "Halloween", sono invece "Arrival At The Library" e "Across The
Roof", i due momenti più legati al suono del pianoforte.
Se vi sono tracce di musica cosmica,
queste vanno infine cercate nelle due versioni di "Back To The Pod", in
particolare nella seconda che si accende nel momento dell'arrivo dei
pazzi, e in "Descent Into New York", che ci fa cadere per la prima volta
nelle tenebre di una città senza luce.
"Escape From New York
OST" è pubblicato per la prima volta nel 1981 in una versione ridotta di
tredici brani; nel 2000 sarà stampata la versione completa definitiva e
rimasterizzata, contenente ventotto brani (di cui otto sono dialoghi
tratti dal film). La recensione si riferisce alla versione completa del
2000.
30/05/2021
John Carpenter - 1981 - Escape From New York (OST)
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