Ieri si è tenuto il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Francia tra il presidente uscente Emmanuel Macron e Marine Le Pen, candidata del Rassemblement National, i quali hanno raccolto rispettivamente il 27,85% e il 23,15% dei voti al primo turno.
Secondo le stime Ipsos-Sopra Steria, Emmanuel Macron ha ottenuto il 58,8% dei voti, con Marine Le Pen che si è fermata al 41,2% (+7,3 punti rispetto al 2017).
L’assottigliarsi dello scarto tra i due candidati dimostra l’avanzata dei discorsi della destra nazionalista e reazionaria incarnata da Le Pen, la quale al secondo turno ha potuto contare sull’appoggio dell’estrema destra xenofoba di Éric Zemmour (7,07% al primo turno) e dei suoi seguaci neofascisti.
Proprio Éric Zemmour, commentando il risultato del ballottaggio, ha fatto appello a costruire una “coalizione di destra e di patrioti” affinché “il blocco nazionale si unisca” in vista delle elezioni legislative che si terranno il prossimo 12 e 19 giugno per leggere i deputati dell’Assemblée Nationale.
La rielezione di Emmanuel Macron all’Eliseo per un secondo mandato arriva venti anni dopo quella di Jacques Chirac, che nel 2002 batté clamorosamente Jean-Marie Le Pen, padre di Marine. Pertanto, Macron riesce lì dove i suoi predecessori Nicolas Sarkozy (sconfitto nel 2012) e François Hollande (che non si è ricandidato nel 2017) avevano fallito.
Esce ancora una volta sconfitta Marine Le Pen, sostenendo però che “il risultato di questa sera rappresenta di per sé una vittoria clamorosa” con le sue “idee che raggiungono nuove vette”, guadagnando terreno e consensi nel paese.
Vent’anni dopo il ballottaggio storico con Jean-Marie Le Pen (fermato al 17,79%), l’estrema destra non è mai arrivata così in alto nei risultati sotto la Quinta Repubblica.
Come più volte abbiamo evidenziato su questo giornale, Macron è stato il miglior alleato della destra francese: invece che “sbarrare la strada” a Le Pen, le ha aperto una prateria.
“So anche che molti dei nostri compatrioti hanno votato per me non per sostenere le mie idee ma per bloccare quelle dell’estrema destra”, ha detto il presidente rieletto nel suo discorso, certificando a mezza bocca il suo indebolimento e calo di “gradimento”.
Due visioni di neoliberismo – quello nazional-reazionario e quello liberal-europeista – che si rinforzano a vicenda, a difesa degli interessi delle classi dominanti e padronali contro le classi lavoratrici, precarie, impoverite e marginalizzate.
Questo secondo turno delle elezioni presidenziali è stato ancora una volta segnato dall’astensione. Secondo la stima di Ipsos-Sopra Steria, il 28,2% degli elettori registrati non è andato alle urne, in aumento di quasi 2,8 punti rispetto al 2017 (25,44%). Al primo turno, l’astensione si è attestata al 26,31%, un calo di partecipazione di quattro punti rispetto al 2017.
Commentando i risultati, il leader de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon ha affermato che “le urne hanno deciso che Marine Le Pen è sconfitta, la Francia ha chiaramente rifiutato di affidarle il suo futuro e questa è una buona notizia”.
Non perdendo però l’occasione di attaccare subito il “nuovo” presidente: “Macron è il presidente peggio eletto della Quinta Repubblica, sta galleggiando in un mare di astensioni, schede bianche e non valide”.
Il leader de La France Insoumise ha poi dato immediatamente battaglia per le elezioni legislative, con l’intento di trasformarle in un “terzo turno [che] inizia stasera”.
Arrivato terzo al primo turno (21,95%) e avendo mancato per 400mila voti l’accesso al ballottaggio, Mélenchon punta ad arrivare “primo nel terzo turno”, ovvero ad ottenere una maggioranza alle legislative con la sua Union Populaire.
Per questo motivo ha inviato una lettera alle altre formazioni della sinistra francese – Europe Ecologie-Les Verts (EELV; 4,63%), Parti communiste français (PCF; 2,28%) e Nouveau parti anticapitaliste (NPA; 0,76%), proponendo una coalizione per le legislative sotto il cappello dell’Union Populaire e del programma de “L’Avenir en commun”.
Da rimarcare che Mélenchon ha deciso di non indirizzare il suo invito al Parti socialiste (PS) della candidata Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, che ha raccolto a malapena l’1,74% al primo turno, segnando definitivamente la morte politica di un partito che da tempo ha sposato una visione assolutamente neoliberista e pro-padronale (basta pensare all’ex presidente François Hollande).
Dal primo turno, “tre blocchi politici chiaramente definiti sono emersi dalle urne: uno intorno ai liberali, un altro con l’estrema destra, il terzo con l’Union Populaire”, si legge nella lettera di Mélenchon.
“Nel contesto attuale, e date le nette delimitazioni tra i tre gruppi, questo secondo turno eleggerà dunque una presidenza per coercizione e per difetto. Nessuna delle tensioni politiche del paese sarà risolta. Al contrario, è probabile che si aggravino”.
Per questo motivo, Mélenchon ha alzato il tiro, puntando molto in alto a livello di ambizione (e speranza) politica: “Chiedo ai francesi di eleggermi primo ministro, votando una maggioranza di insoumis e membri dell’Union Populaire alle elezioni legislative del 12 e 19 giugno”.
L’obiettivo sarebbe quello di ottenere un blocco parlamentare all’Assemblée Nationale per delegittimare il prossimo presidente.
Tuttavia, nella Quinta Repubblica francese (dal 1959 ad oggi), sono stati decisamente rari i casi in cui il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro del governo non fossero espressione della stessa area politica.
La prima coabitazione (Jacques Chirac premier e François Mitterand presidente) è durata appena due anni, dal 1986 al 1988; più travagliata è stata la terza, tra il 1997 e il 2002, quando il governo era guidato dal socialista Lionel Jospin con Chirac all’Eliseo.
Il rischio di un potenziale scollamento tra il potere legislativo e quello esecutivo potrebbe rappresentare un primo scoglio per il nuovo quinquennato di Macron e la sua volontà di marciare spedito, come un rullo compressore, nella sua agenda di riforme anti-sociali, neoliberiste e repressive.
Macron deve portare a pieno compimento la riforma delle pensioni – glielo chiede la Commissione europea, lui l’aveva già annunciata, rinunciando poi per non perdere alle presidenziali – continuando a smantellare quel che resta dello Stato sociale dopo cinque anni di massacro.
Al tempo stesso, rimangono sul tavolo tutte le questioni internazionali, dalle complicazioni dell’intervento militare nel Sahel al protrarsi della guerra in Ucraina, con il suo boomerang sui prezzi dell’energia e delle materie prime. Con la sua rielezione, Macron ha dimostrato di essere un punto fermo anche per il progetto politico, economico e militare dell’UE imperialista.
L’investitura ufficiale di Macron potrebbe arrivare anche prima della scadenza del quinquennato (formalmente il 13 maggio), non essendoci di fatto alcun passaggio di poteri. Poi, Macron nominerà il primo ministro: tra gli ultimi nomi circolati ci sarebbero il ministro dell’economia Bruno Le Maire o la ministra del lavoro Élisabeth Borne.
Tutto poi dipenderà dalle elezioni legislative, in cui si vedrà se Macron sarà in grado di ottenere la maggioranza assoluta (almeno 289 deputati) all’Assemblée Nationale oppure sarà costretto ad alleanze e sostegni da parte di altre forze politiche centriste.
Nella serata di ieri, alcune manifestazioni hanno avuto luogo in diverse città della Francia – Parigi, Lione, Marsiglia, Tolosa, Rennes, Nantes, Strasburgo, Grenoble – per far subito sentire ad Emmanuel Macron la pressione e la rabbia sociale, una contestazione mai sopita e che si prepara a dar nuovamente battaglia nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle università, nei licei e nei quartieri popolari.
A Parigi, le forze dell’ordine hanno caricato duramente i manifestanti a Place de la République, proprio mentre Macron dal palco sugli Champs-de-Mars annunciava che “questa nuova era non sarà una continuazione del periodo di cinque anni che sta finendo”.
In realtà, questo quinquennato si apre nel solco della repressione poliziesca, la stessa che si è abbattuta sugli studenti che hanno occupato l’università Sorbonne prima del ballottaggio.
La manifestazione del Primo Maggio si delinea già decisamente calda, dopo quelle degli anni passati finite con le cariche e i lanci di lacrimogeni da parte della polizia.
Continuons le combat!
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