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30/04/2022

Ucraina: “persone normali trasformate in virus”

Già all’epoca dei fatidici anni ’90 – dopo il complotto della Belovežskaja Pušča e l’inizio (meglio sarebbe: l’aperta riproposizione) della “ucrainizzazione” dell’Ucraina, questa volta, però, in chiave non sovietica, bensì basata sul nazionalismo più reazionario – un caro amico moscovita era solito dire che non è pensabile costruire una identità nazionale a partire dall’odio per un’altra nazione, tantomeno per una nazione vicina.

Se questo era già così evidente trent’anni fa, oggi, otto anni dopo il golpe nazista del febbraio 2014 e dopo due mesi di guerra (pardon: di “resistenza”) che Kiev dice di combattere in nome della «nazione ucraina», ma in realtà facendosi strumento degli obiettivi euro-atlantici USA-UE-NATO – condotti, dalle formazioni naziste, all’insegna e coi metodi che furono di OUN-UPA negli anni ’40 e una buona metà degli anni ’50, sacrificando centinaia di propri connazionali per allestire le “stragi delle truppe russe” – oggi, si diceva, non solo è evidente, ma gli stessi nazionalisti ucraini non fanno nulla per nasconderlo.

Anzi, mentre obbediscono agli ordini e agli interessi d’oltreoceano, mettono in pratica le idee di uno dei primi rappresentanti del nazionalismo ucraino, quel Dmytro Dontsov che “teorizzava” guerra, violenza, razzismo, xenofobia, in particolare la russofobia.

Oggi, dunque, scrive ad esempio Platon Besedin sulla russa IARex, le forze russe hanno il dovere di battersi non con gli ucraini, non con le infrastrutture e nemmeno con il cosiddetto “Occidente collettivo” (su quest’ultimo punto, ci permettiamo qualche dubbio), bensì innanzitutto con «il demone del nuovo fascismo, contro il demonio della menzogna».

Con questo obiettivo, è importante chiedersi se sia mai esistita una diversa Ucraina, senza nazismo e odio per le persone. Secondo Besedin, l’Ucraina giusta è quella «intellettuale e creativa», rappresentata dai suoi scienziati, pensatori, luminari, che hanno dedicato la vita a “creare” e non a “lottare contro” qualcuno.

Ma un’Ucraina simile, indipendente, non rientrava nei disegni esterni: non a caso Zbigniew Brzezinski, nel suo La grande scacchiera, le assegnava il ruolo di cellula chiave nel gioco contro la Russia. E in quella cellula, in quella gabbia, afferma Besedin, i primi a pagare sono stati gli intellettuali, gettati in galera o eliminati, come Oles Buzina o Oleg Kalašnikov.

Oggi, il fascismo di tipo nuovo opera per cancellare dalle menti degli ucraini i crimini commessi, sia in passato, che più di recente: dai massacri a Babij Jar nel 1941 e Khatyn’ nel 1943, in Volinija, fino alla Casa dei sindacati a Odessa il 2 maggio 2014, alla strage di Mariupol del successivo 9 maggio.

Con tutte quelle stragi, conclude Besedin, in Ucraina si è cercato di rimuovere tutto quanto di creativo, di intellettuale contribuisse a creare un’Ucraina diversa dal ruolo di “pigmeo” assegnatole sulla scacchiera, distruggendo la razionalità e lasciando solo il lato selvaggio, primitivo, brutale del paese.

Non a caso, l’espressione più aperta di tanta brutalità è data dalle formazioni naziste ucraine che, a parere dello scrittore Aleksej Kočetkov, autore di Il sole nero dell’Ucraina, costituiscono degli “ordini pagani”, spietati nei confronti non solo dei nemici, ma anche del proprio popolo e dei propri seguaci.

Esemplare il caso del “battaglione Azov”, che in occidente era definito nazista fino a qualche anno fa, ma che oggi, quando c’è bisogno del suo “lavoro”, viene ri-qualificato come “di estrema destra”.

Prima del golpe del 2014, le diverse formazioni nazionaliste avevano cercato di dar vita a una “casa comune”, dando forma politica a Pravyj sektor, ma non fu trovato un accordo e, con l’attacco al Donbass, tutti i diversi conglomerati “politici” presero a creare propri battaglioni armati, sostenuti dalle strutture statali e dai vari oligarchi.

Nel caso di “Azov”, si trattava di difendere gli interessi, pubblici e privati, tanto dell’ex Ministro degli interni Arsen Avakov, che del miliardario Igor Kolomojskij.

Oggi, è lecito mettere un segno di uguaglianza tra le categorie di “ucrainismo” e di nazismo, nella sua versione ucraina, ereditata dalle concezioni di Dmytro Dontsov (nel 1923 scriveva «Siamo noi fascisti? Lo spirito politico e morale-psicologico che anima i nazionalisti ucraini è indiscutibilmente fascista») divenute, dopo il 2014, patrimonio di quasi tutti i partiti ucraini e volte a eliminare – dice Kočetkov – da quella “massa biologica” che è il moderno popolo ucraino, tutto ciò che sia legato a cultura e civiltà russe, dichiarate ostili alla natura stessa della “ucrainicità”.

Tutti gli adepti di tale “nuova religione”, sebbene costituiscano una minoranza, sono animati dalla lotta della razza bianca contro le manifestazioni aliene dell’oriente, le orde ostili e il loro dominio sul suolo ucraino, di cui la Russia, nella loro comprensione, «non è che l’incarnazione», mentre l’Ucraina sarebbe «l’avanguardia della civiltà occidentale nella lotta contro la barbarie orientale».

I russi, cioè, non sarebbero nemmeno slavi, ma asiatici, discendenti addirittura non dei mongoli, ma di tribù cannibali preistoriche. Queste “tesi” sono messe nero su bianco nella “Filosofia e ideologia della rivoluzione ucraina”, pubblicata da “Azov” in lingua russa.

Nella rappresentazione di una “Ucraina per gli ucraini”, che scaturisce direttamente dagli scritti di Dontsov, la grande “bio-massa” del popolo deve solo servire i bisogni dei “veri ucraini”, che occupano le due caste superiori della nazione: sacerdoti e combattenti.

La brutalità di “Azov” è legata al fatto che essi credono che la morale moderna, da distruggere, sia stata creata dai giudeo-cristiani per tenere sottomessi i veri ariani, incatenare i veri istinti di razza degli autentici dominatori.

In questa cornice, i riti occulti occupano un posto di rilievo, con rituali satanici e “Sole nero”, fiaccolate notturne, culto del sangue e persino sacrifici umani, senza risparmiare nemmeno propri adepti, se non corrispondono ai dogmi stabiliti.

Tutto questo, in Occidente, viene visto come arma perfetta contro la Russia: questa “ideologia” distrugge la società, la sconvolge dall’interno come una cellula cancerosa; «in Ucraina, in meno di dieci anni, persone normali si sono trasformate in “virus”».

Ma è impensabile che ciò sia vero per tutti gli ucraini. Dunque, si chiede il corrispondente di Komsomol’kaja pravda, Aleksandr Kots, dove sta il “secondo fronte” delle operazioni russe? Perché gli ucraini non costituiscono reparti partigiani per rovesciare la junta? Ci sono rimasti in Ucraina dei “pasionari” anti-benderisti e pro-russi che diano vita a organizzazioni clandestine per prendere il potere?

Nel 2014, nonostante la superiorità ucraina in artiglierie e carri armati, questa fu impotente di fronte ai minatori in armi. Oggi, di fronte a un esercito ben addestrato, forte di armi occidentali e dei servizi segreti NATO, armamenti che arrivano su piattaforme ferroviarie, carburante, interi convogli di carri armati: ecco, finché questi canali di rifornimento non saranno bloccati, «per ogni testa dell’idra tagliata, continueranno a spuntarne due nuove». E allora, perché Mosca non può organizzare e coordinare il lavoro di gruppi diversivi?

Oggi, però, l’Ucraina non è più la stessa di 8 anni fa, quando erano ancora possibili manifestazioni con bandiere russe a Odessa, meeting per il mondo russo a Khar’kov o discorsi a sostegno del Donbass a Zaporož’e.

In questi otto anni, scrive Kots, è stata approntata «una macchina del terrore così repressiva, che ha soffocato senza pietà qualsiasi dissenso. Uno degli articoli del CP più “popolari” è diventato quello per “tradimento” e “sostegno ai terroristi” e oggi quella macchina repressiva opera con forza triplicata».

Le persone scompaiono; vengono prelevate da casa dai reparti nazisti e non se ne conosce la sorte: non fanno eccezione i preti, se del patriarcato moscovita. Arrestati artisti, studiosi, semplici cittadini, con l’accusa di “sostegno al nemico” o “spionaggio”. Così che, ogni tentativo degli ucraini di organizzare una qualsiasi rete clandestina è stato finora sventato o dai servizi speciali, forti di attrezzature e programmi NATO, oppure da bande di neonazisti.

Anche nei territori liberati dalle forze russe, le persone cercano di non mostrare aperta simpatia per l’esercito russo, perché non credono che questo rimarrà per sempre, e allora si avrà a che fare con Servizi e nazisti.

Così, la guerra va avanti e le prospettive sono sempre più cupe.

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