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29/04/2022

Alla canna del gas, davvero. Non era un bluff...

È scattata la guerra del gas

I giocatori di poker sanno che c’è un solo modo per scoprire se uno degli avversari bluffa: “andare a vedere”. Ossia puntare i soldi necessari a far calare le carte sul tavolo. Il rischio è ovviamente quello di perdere l’intera puntato, se il bluff non c’è.

È proprio quello che sta avvenendo in questi giorni in Europa, dove tutti i leader euro-atlantici avevano garantito che Mosca non avrebbe mai fermato l’erogazione del proprio gas verso i paesi Ue, perché “è troppo importante per la Russia, non possono rinunciare a quelle entrate”.

Questa litania è risuonata anche dopo che Mosca aveva disposto che Gazprom accettasse soltanto rubli in cambio del gas, a partire dal primo maggio.

“Bluffa!”, gridavano da von de Leyen a Mario Draghi, dicendosi certi che ci sarebbe stato tutto il tempo necessario per diversificare le forniture di gas di cui l’Europa ha un disperato bisogno, non possedendo riserve proprie di dimensioni significative.

Curioso modo di ragionare, se ci è consentito. Un insieme di paesi importatori dichiara guerra (economica, per ora) al paese fornitore, nel mentre imbottisce di armi il paese che quello ha invaso. Decide delle sanzioni per il fornitore e mette in moto i rapporti politico-economici con mezzo mondo per trovare in tempi ragionevolmente rapidi forniture alternative.

Per quale cavolo di motivo il fornitore “nemico” – la Russia, insomma – dovrebbe continuare a rifornirti di gas fin quando non hai trovato altrove i quantitativi che ti servono? Solo perché gli dai dei soldi nella tua moneta?

È risaputo che la guerra cambia radicalmente le cose, e anche le relazioni economiche. E quindi Mosca è partita in contropiede assai prima che i paesi dell’Unione Europea fossero pronti al gas change.

Lo ha fatto anche con una certa ironia, visto che per ora ha chiuso i rubinetti soltanto a Polonia e Bulgaria, due dei paesi vicini e più dipendenti dai propri prodotti energetici, ma anche più “invasati” nel chiedere di più contro la Russia. Ma per ora ha lasciato i rubinetti aperti per il resto d’Europa...

Un avvertimento, insomma, verso i “clienti” più grandi – Germania e Italia in testa – che ancora si cullavano sull’impressione del bluff.

“L’annuncio di Gazprom che interromperà unilateralmente la consegna del gas ai clienti in Europa è l’ennesimo tentativo della Russia di utilizzare il gas come strumento di ricatto” e “questo è ingiustificato e inaccettabile. E mostra ancora una volta l’inaffidabilità della Russia come fornitore di gas“.

Queste le parole con cui la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha risposto all’annuncio di Gazprom. Si potrebbe ricordarle che Mosca fin qui, era stato il più affidabile e il meno caro dei fornitori, grazie ai numerosi gasdotti costruiti nei decenni scorsi grazie anche ai buoni rapporti con il governo tedesco, compresi quelli di cui proprio von der Leyen aveva fatto parte (alla famiglia, al lavoro e alla difesa...).

Ma la presidente ha deciso di coprirsi di ridicolo insistendo sulla propaganda: «Le nostre linee guida sono molto chiare: pagare in rubli se non è previsto nel contratto è una violazione delle nostre sanzioni», ha sottolineato la presidente della Commissione europea. «La richiesta da parte russa di pagare in rubli è una decisione unilaterale e non è in linea con i contratti».

Curioso ragionamento, ammettiamolo. Chiedere di essere pagati in una moneta diversa da quella prevista dal contratto è una violazione del contratto stesso, certamente. Ma anche decidere sanzioni verso la controparte contrattuale lo è, e su un piano ben più pesante.

Non è finita. Fare quella richiesta è certamente un “atto unilaterale”, ma è paradossale affermare che questa sarebbe “una violazione delle nostre sanzioni“.

Ricordiamo ai non addetti ai lavori che l’unico organo internazionale legittimato ad erogare sanzioni è l’Onu. Qui le decisioni sono state prese dagli Usa, che controllano il sistema di pagamenti Swift incentrato sul dollaro, e avallate dai paesi europei con parecchi distinguo, molte lentezze e qualche mal di pancia (sanzionare la Russia significa bloccare ampie parti della propria economia).

Dunque le sanzioni occidentali alla Russia non hanno alcuna “base legale”, ma sono solo un atto politico. “Violare le nostre sanzioni” è quasi uno scioglilingua senza logica: la violazione unilaterale di una violazione altrettanto unilaterale.

Insomma, pretendere di essere “dalla parte giusta della legge” nel mentre la si viola altrettanto unilateralmente, fa quasi ridere.

Ma siccome siamo dentro una guerra, non c’è proprio nulla da ridere.

Nel 2021 l’Ue ha importato il 45% del gas dalla Russia. Ovvero oltre 380 milioni di metri cubi (mcm) al giorno tramite gasdotto, per un totale di circa 140 miliardi di metri cubi all’anno, secondo l’Iea. Altri 15 miliardi di metri cubi sono stati consegnati sotto forma di gas naturale liquefatto (gnl).

Una volta bloccato l’import da Mosca, la difficoltà principale per l’Europa sarà quella di armonizzare le politiche (e le dipendenze) energetiche europee che sono allo stato differenti e scollegate le une dalle altre. E dopo lo stop ufficiale delle forniture di Gazprom a Polonia e Bulgaria il prezzo del gas naturale in Europa è schizzato del 16% a 119,75 euro per megawattora, per poi ripiegare a +4% sopra i 106 euro. La settimana scorsa i prezzi si stavano invece stabilizzando sotto quota 100 euro, dopo aver toccato all’inizio della guerra vertici impensabili (anche 159, a fine febbraio).

La situazione più critica in Europa, oltre ad alcuni paesi dell’Est, è quella della Germania che nel 2020 importava dalla Russia circa il 65% del gas (dati Iea) pari a 42,6 miliardi di metri cubi, seguita dall’Italia con 29,2 miliardi di metri cubi.

La dipendenza energetica tedesca nei confronti della Russia è peggiorata dall’11 marzo del 2011, data dell’incidente nella centrale nucleare giapponese di Fukushima. A seguito dell’evento, Berlino ha deciso di uscire dal nucleare, incrementare l’import di gas dalla Russia con il Nord Stream 2 e puntare forte sull’eolico offshore.

A fine anno il Paese avrebbe dovuto spegnere le ultime tre centrali nucleari in funzione (erano 8 nel 2011) ma il governo sta seriamente valutando di lasciarle accese.

Il secondo Paese europeo maggiormente dipendente dal gas di Mosca è l’Italia, che importa il 38% del gas che consuma pari a circa 29 miliardi di mc. La dipendenza è aumentata negli anni se si pensa che nel 2012 la percentuale era intorno al 30%.

La produzione nazionale è scesa ai minimi, circa 3 miliardi di metri cubi ma il governo ha intenzione di aumentarla dai giacimenti in funzione (senza nuove trivellazioni). L’Italia importa il 95% del gas che consuma (circa 72 mld di mc). Ma nelle ultime settimane il Governo italiano ha stretto accordi per aumentare le importazioni di gas con Algeria, Egitto, Repubblica del Congo, Angola.

Austria, Ungheria, Slovenia e Slovacchia ottengono circa il 60% del loro gas naturale dalla Russia.

Quattro acquirenti europei di gas russo hanno invece già pagato in rubli le forniture a Gazprom e in totale 10 Paesi hanno finora aperto i conti speciali presso Gazprombank necessari per assecondare le condizioni di Mosca di pagare in valuta locale. Lo riporta Bloomberg, citando una fonte “vicina a Gazprom”.

In totale, l’elenco degli acquirenti di gas russo nell’elenco dei Paesi considerati “ostili” da Mosca comprende 21 Stati tra cui anche l’Italia. Ieri, dopo lo stop dei flussi a Bulgaria e Polonia, il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, si era espresso a favore dell’interruzione delle forniture a tutti i Paesi non amici.

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