Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

19/04/2022

Libano verso le elezioni

Con l’approssimarsi delle elezioni politiche in Libano sono in corso grandi manovre, in particolare da parte dell’Arabia Saudita e degli USA, che devono fare i conti con grossi ed inediti problemi.

La coalizione che ne ha da sempre espresso gli interessi, infatti, ovvero l’“Alleanza 14 marzo”, è implosa dovendo fare i conti con il boicottaggio della tornata elettorale annunciato dalla sua forza principale, nonché prevalente forza politica espressione del mondo sunnita libanese, ovvero il “Movimento al Futuro”, il cui leader storico, Saad Hariri ha annunciato nei mesi scorsi che non si candiderà ed ha esortato l’establishement della propria compagine fare altrettanto.

Tale vuoto fa un po’ tremare le cancellerie occidentali e le petromonarchie perché, potenzialmente, lascia la coalizione a guida Hezbollah, l’ex-Alleanza 8 marzo (in questa tornata non si chiama più così), filo-siriana e filo-iraniana, priva dell’antagonista principale.

Pertanto, sotto elezioni, stanno optando per rilassare la morsa delle sanzioni economiche e diplomatiche che, nel tentativo di isolare il movimento sciita, stanno contribuendo a sprofondare l’intero paese in una crisi economica senza precedenti dalla fine della guerra civile.

Un primo passo, in tal senso, pare averlo fatto nientemeno che il Fondo Monetario internazionale, in questo caso insolitamente sensibile ad una scadenza elettorale: il 7 aprile ha annunciato uno “staff-level agreement” con il Governo Libanese, ovvero un accordo per un finanziamento di 3 miliardi di dollari in cambio della ristrutturazione del sistema bancario e delle imprese statali.

Da quanto si legge sui media, le riforme si concentrano, appunto, su questi due punti, mentre non sono state diffuse richieste riguardo tasse da imporre sulla popolazione (come la famosa imposta che rendeva a pagamento le chiamate tramite whasapp, la quale scatenò le immense proteste del 2019) o tagli su capitolati sociali che, ad onor del vero, in Libano non sono in mano allo stato centrale, bensì alle varie consorterie confessionali.

Quindi, questo dei 3 miliardi di aiuti pare un “annuncio elettorale”, volto ad accreditare l’idea della vicinanza delle istituzioni finanziarie internazionali alle sofferenze del popolo ed un invito a votare chi implementerebbe le riforme in maniera più ligia.

In secondo luogo, l’Arabia Saudita ha annunciato il ritorno del proprio ambasciatore a Beirut, per la prima volta dal ritiro voluto qualche mese fa, a causa della diffusione di dichiarazioni anti-saudite sulla guerra in Yemen da parte di un ex-Ministro appartenente all’Alleanza 8 marzo.

Il primo atto del neo-ambasciatore saudita, Walid Bukhari, è stato quello di riunire nella sua residenza a Yarze tutte le figure di spicco contrarie a Hezbollah, tra cui il capo delle “Forze Libanesi” Samir Geagea, il leader del Partito socialista progressista Walid Joumblatt e Fouad Siniora, ex braccio destro di Rafiq Hariri (e Primo Ministro ai tempi dell’aggressione israeliana del 2006); nonché l’ambasciatrice statunitense in Libano, Dorothy Shea, e l’ambasciatrice francese, Anne Grillo.

Lo scopo dell’incontro era presumibilmente quello di sondare il terreno per capire se vi fosse tempo sufficiente per riorganizzare una macchina elettorale all’altezza della situazione, capace di essere competitiva alle elezioni. In caso contrario, resta in piedi l’opzione per boicottare la tornata o rimandarla.

È Hezbollah stesso ad avvalorare questa linea di condotta da parte degli avversari. Il Segretario Generale Sayyed Hassan Nasrallah ha messo in guardia circa il lavoro delle ambasciate straniere per riproporre uno scenario simile al 2009, quando “centinaia di milioni di dollari sono stati spesi per i media, la campagna e l’acquisto di voti nelle ultime settimane che hanno preceduto le elezioni”, per garantire una vittoria schiacciante per il campo del 14 marzo.

Lo stesso Nasrallah ha poi esortato la propria base a non fidarsi di sondaggi messi in giro ad arte, che vogliono la propria coalizione stra-vincente, ma a lavorare alacremente per guadagnare fino all’ultimo voto.

Sul possibile rinvio delle elezioni è stato il portavoce Mohammad Afif Nabulsi ad esprimersi: “In passato, è stata la nostra parte ad essere accusata di aver tentato di sabotare la scadenza. Oggi, è nostro diritto fondamentale restituire loro la palla”.

A favorire l’opzione del rinvio vi è uno stato di agitazione in atto da parte del personale diplomatico libanese per i salari giudicati troppo bassi, che potrebbe impedire ai Libanesi all’estero di votare, nonché la rinuncia di molti membri delle commissioni elettorali per motivi economici e logistici.

Nel campo filo-occidentale e filo-saudita, intanto, si sta cercando di scaricare la colpa per un’eventuale rinvio ai partiti alleati di Hezbollah, in particolare al Movimento Patriottico Libero, cristiano, a sua volta alle prese con una crisi di consensi e credibilità. In effetti, si sono registrati dei ritardi inattesi nella presentazione dei candidati in alcuni collegi sicuri per l’ex-Alleanza 8 marzo.

In definitiva, fra i blocchi elettorali che si presenteranno, accanto a quelli tradizionali – ovvero Forze Libanesi, Partito Socialista Progressista e le candidature messe in piedi da Foaud Siniora (in luogo del Movimento al Futuro) da una parte, Hezbollah, Movimento Patriottico Libero e Amal dall’altro – vi sono una serie di altre liste composte per lo più da giovani, che si presentano per la prima volta anche localmente, spesso espressione diretta dei poderosi movimenti del 2019.

Sono queste liste che potrebbero intercettare il larghissimo malcontento, diffuso in maniera indifferenziata nei confronti del ceto politico settario, e che potrebbero dar luogo a qualche sorpresa e novità salutare.

Ad esempio, il Partito Comunista Libanese partecipa alla lista “Insieme per il Cambiamento”, che presenta candidature nel sud del paese, in area sciita, dove deve fare i conti con i tentativi di interferenza durante le iniziative elettorali da parte delle milizie di Amal.

Ovviamente, ça va sans dire, le elezioni saranno ancora una volta tenute con un sistema elettorale che assegna i seggi su base confessionale e che i tentativi di destabilizzazione, manipolazione e rinvio vari tenteranno di condizionarne gli esiti.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento