La linea politica del governo Draghi, sposata senza remore da Letta, fu anticipata il 27 febbraio da Gentiloni, che, intervistato da Claudio Tito per Repubblica, disse:
“In questa situazione l’Ue come fa a uscirne migliorata?”
“L’ambizione di avere più Europa viene alimentata dalle crisi. Come è accaduto durante il Covid. Ora si possono fare passi avanti sulla Difesa e sull’Energia. Questo conflitto è una ‘sveglia’. Ci dice che dobbiamo essere più autonomi. E possiamo farlo, adesso che in America c’è Biden, senza correre il rischio di far apparire i nostri sforzi come una frattura del fronte transatlantico”.
Il fatto che le ottimistiche previsioni di protagonismo diplomatico e compattezza politica comunitaria non si siano affatto verificate non è il punto, dal momento che sono affermazioni quasi di prammatica in bocca a un commissario europeo, qual è Paolo Gentiloni.
È la seconda parte della risposta, cioè quel “adesso che in America c’è Biden” che è di notevole importanza. Nel ribadire la sudditanza di Bruxelles alle scelte di Washington, Gentiloni introduce l’idea della leadership di Biden sulla Ue.
Infatti, qualche settimana dopo, Biden fu invitato a partecipare alla riunione della Commissione, il più importante organo della Ue, secondo solo al Consiglio, i membri più importanti del quale il presidente Usa aveva comunque incontrato in sede di G7, e poi Nato, lo stesso giorno.
L’altro aspetto importante della risposta di Gentiloni a Tito riguarda indirettamente il nuovo ruolo che il PD ha assunto nella politica italiana in conseguenza della guerra in Ucraina. Gentiloni ha anticipato le dichiarazioni ufficialo poi rese da Enrico Letta.
Vale a dire che il PD non vuole più avere solo lo stesso nome e cognome del partito democratico americano, ma anche gli stessi valori, lo stesso ruolo, la stessa collocazione nell’establishment.
Il PD di Letta vuole assumere anche lo stesso linguaggio del democratic party di Biden, sia sul terreno della politica interna, che in quella internazionale.
Portando a termine il lungo viaggio al centro del potere cominciato da Veltroni con la famigerata “vocazione maggioritaria”, Enrico Letta sta attrezzando il PD – oggi, secondo i sondaggi, per un pelo partito di maggioranza relativa – alle non più così lontane elezioni politiche.
Le conseguenze sociali, economiche e politiche – nonché istituzionali – di questo inesorabile spostamento del PD si faranno sentire molto più forti di quanto non appaia oggi, che la cortina fumogena bellicista ancora copre agli occhi dei più.
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