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03/07/2022

Colombia - “Se ci isoliamo, saremo abbattuti”

Il secondo turno delle elezioni presidenziali colombiane del 19 giugno ha visto Gustavo Petro, candidato della coalizione progressista Pacto Histórico, trionfare con più di 12 milioni 280 mila voti (il 50,4% dei votanti) sull’outsider di estrema-destra Rodolfo Hernández.

Una vittoria storica – la prima in circa 200 anni per la sinistra in Colombia – che confermava l’ottimo risultato del primo turno delle presidenziali del 29 maggio, e l’exploit elettorale delle elezioni politiche a marzo dove il PH era risultato il primo partito al Senato ed il secondo alla Camera.

Per il Paese latino-americano si tratta di una possibilità reale di cambiamento con Gustavo Petro come Presidente – che assumerà formalmente l’incarico il 7 agosto – e Francia Márquez come sua vice, ma assolutamente non scontata viste le condizioni in cui opererà.

Tale chance è irta di ostacoli e non sarà affatto un percorso lineare, e non è detto che la qualità del cambiamento sia all’altezza delle aspettative di trasformazione di quella parte del Paese che ha visto nel Pacto il “delegato politico” delle istanze espresse dal Paro National lo scorso anno e che i compromessi risultino digeribili a tutto l’arco di forze che compone la coalizione.

La vittoria elettorale non è la conquista del potere ed un consenso maggioritario non si traduce automaticamente in egemonia sulla società, specie tra quegli strati di classe media storicamente legati all’uribismo e fortemente permeati dalle istanze del neo-liberalismo.

È chiaro che il governo di un Paese politicamente polarizzato – praticamente spaccato a metà – dove le élite hanno ancora forti ancoraggi nei gangli di potere e dove gli Stati Uniti hanno fatto “il bello e cattivo tempo”, in un contesto di delegittimazione delle destre latino-americane dell’esperienze politiche più avanzate nel continente (Cuba, Nicaragua e Venezuela), non sarà un semplice esercizio amministrativo, il cammino sarà irto di ostacoli ed il ritmo del processo di transizione non scontato nonostante le premesse.

Per dare conto di tale quadro complesso e dell’approccio del nuovo Presidente, abbiamo tradotto questa lunga intervista a Petro – pubblicata il 25 giugno dalla rivista colombiana Cambio – in cui il neo presidente affronta questioni spinose – con un posizionamento talvolta discutibile dal nostro punto di vista – ma che offre una panorama esaustivo di alcune questioni nodali: quali alleanze fare? Quanto in profondità si potranno sviluppare le riforme? Quale sarà il rapporto con polizia ed esercito? Quale futuro per il processo di pace, la riforma fiscale e la transizione ecologica, ecc.

Buona lettura

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La prima intervista con il Presidente eletto Gustavo Petro. Ci parla del suo incontro con Álvaro Uribe, degli accordi politici e del malcontento nei suoi ranghi, dei suoi rapporti con i militari e la polizia, di una proposta di modifica dell’estradizione e chiede alla senatrice Piedad Córdoba di farsi da parte

da Cambio, 25 giugno 2022

Il presidente eletto sostiene che la Colombia è stata conquistata dal settarismo di destra e di sinistra. Petro ritiene che il primo passo per uscire dalla crisi sia la ricerca di obiettivi comuni e la realizzazione di riforme sociali. Secondo lui, la migliore prova della necessità di parlare con tutti e costruire accordi è il suo invito all’ex presidente Álvaro Uribe, che è stato il suo competitor per più di 20 anni, e la risposta affermativa del capo del Centro Democratico.

Assicura che continueranno a pensare in modo diverso, ma che per il futuro della Colombia è consigliabile che i differenti leader si parlino e non si vedano come nemici. Ammette che è necessario raggiungere accordi per portare avanti un programma di riforme e che è possibile che alcuni dei suoi alleati siano infastiditi dalle coalizioni che dovrà formare per portare avanti il suo piano legislativo.

Ed è vero che tra molti dei suoi alleati si percepisce sconcerto e persino disappunto per il riavvicinamento ai partiti tradizionali e per la scelta di Roy Barreras, un politico esperto che è passato attraverso almeno cinque partiti, come candidato del Pacto Historico alla Presidenza del Senato.

Tre dei vecchi alleati di Petro aspiravano a quella posizione: María José Pizarro, figlia del leader dell’M-19 assassinato Carlos Pizarro; Gustavo Bolívar, capo della lista del Pacto Historico e a lungo percepito come il senatore più vicino all’attuale Presidente eletto; e Alexander López, sindacalista e legislatore di sinistra con una lunga storia, molto vicino alla vicepresidente Francia Márquez.

Tutti loro avevano aspirazioni legittime e la sensazione che questo fosse il momento della sinistra. Tuttavia, ad essere scelto è stato Roy, che era già stato Presidente del Senato. Il dispiacere di Bolívar e López è stato reso pubblico, e si prevede che il vicepresidente eletto farà la stessa dichiarazione. Petro ci ha spiegato la sua decisione.

In un’ampia conversazione, il Presidente eletto ha parlato del suo rapporto potenzialmente teso con l’esercito e la polizia, del suo piano di pace globale, di una proposta audace che farà agli Stati Uniti per modificare l’applicazione dell’estradizione, del suo incontro con il Presidente uscente Iván Duque e della spada di Bolívar, che è stata uno dei simboli più importanti della sua vita, ma che ha ammirato solo questa settimana grazie a un gesto del Presidente uscente che definisce generoso.

Lei è arrivato alla presidenza con il voto più alto nella storia della Colombia. Ma in seconda posizione, e si tratta del voto contro di lei, è comunque il secondo più alto mai registrato. È un segno che molte persone sono spaventate dal suo arrivo. Cosa dice a coloro che rifiutano la sua elezione?

In generale c’è una diminuzione dell’astensione ed è per questo che abbiamo i voti più alti da entrambe le parti. Quello ottenuto da Hernández è molto simile, anche geograficamente, a quello ottenuto da Duque. Credo che abbia le stesse radici, lo stesso sentimento politico.

C’è un Paese che è stato poco compreso dalle forze progressiste in Colombia. È un Paese che è, diciamo, di classe media, relativamente stabile. C’è anche un campo popolare che scommette che la Colombia non cambierà, o che cambierà in una direzione diversa da quella che pensiamo.

Lei è arrivato al potere con molta resistenza da parte della classe politica. Tuttavia, oggi quasi tutti, con l’eccezione del Centro Democratico, sembrano essere dalla sua parte e la governabilità sembra solida. Cosa farà per evitare che vada in frantumi?

Tutto ciò deve avere uno scopo. L’obiettivo è costruire un nuovo clima politico. Dobbiamo combattere sia il settarismo della destra sia quello della sinistra, perché è questa la polarizzazione. Non è che non ci siano differenze, ma che queste differenze non vengano trasmesse attraverso il settarismo. Perché il settarismo in Colombia porta alla violenza.

Quello che abbiamo ottenuto, e c’è già una conversazione in corso con Álvaro Uribe Vélez, ce n’è un’altra in corso con Rodolfo Hernández, è fondamentalmente costruire quello che chiamerei un clima di pace, di dialogo, senza pensare in termini di unanimità, perché questa non esisterà mai in una società umana. Se passa un anno e non facciamo nulla, il governo inizia ad avere venti contrari e le possibilità di riforma vengono distrutte e il cambiamento diventa un’illusione.

Non teme che con queste alleanze il suo governo finisca per assomigliare a quelli precedenti?

Sì, questo è un pericolo. Quando viene proposto un cambiamento, ci sono due forze in tensione. Il tentativo di cooptare un governo da parte delle forze tradizionali che dicono: “Bene, quest’uomo ha già vinto, ora cerchiamo di conquistarlo in modo che non cambi nulla”.

Si tratta di una forza che agisce e agirà in modo implicito ed esplicito. Poi molti gruppi diranno che ci allontaneremo dal governo, che entreremo in dialogo con il governo, ma per ridurre le sue riforme, per moderarle o cambiarle.

E c’è un’altra forza che sarà alla base della società, che è quella che ha votato. Sono quei giovani uomini e donne che hanno deciso di chiedere più riforme e più profondità nelle riforme. Il governo si troverà nel mezzo a queste due forze. E forse tutto finirà in una via di mezzo, perché questa è stata la mia esperienza a Bogotà.

In altre parole, moderare un po’ le riforme?

Ma farle. Farle, perché alla fine il governo è una transizione.

Quindi la sua rivoluzione è, come ha detto nel suo discorso, ritrovare un nuovo capitalismo?

È quello che ho detto. Credo di aver fatto arrossire i miei amici di sinistra, ma l’ho detto nel mio discorso perché, anche da un punto di vista di sinistra, una società avanza sviluppando le sue forze produttive. È la legge e si muove verso altre forme di produzione. Ma solo se le sue forze produttive si espandono.

Il capitalismo è un grande stimolo per le forze produttive di una società. Ora, quel capitalismo sarà democratico, regolamentato. Per che cosa? Per l’ambiente, per la dignità umana sul lavoro.

La nostra economia è diventata traballante. La metà delle persone non ha praticamente soluzioni economiche, le cerca, ma non c’è alcuna possibilità di opportunità economica. Quindi, sviluppare il capitalismo in un certo modo è contro la vecchia schiavitù, contro il vecchio feudalesimo mentale, molti e reali feudalesimi, per esempio, in relazione alla terra è avere la terra per amore della terra, senza produrre. Questo è feudalesimo, non è capitalismo.

Concretamente, qual è l’accordo nazionale che intende proporre?

Il Congresso può elaborarlo, può esprimerlo, ma l’Accordo Nazionale deve essere generato in spazi che non sono propriamente parlamentari, che sono sociali, dove c’è anche la politica, ovviamente. Vorrei che questi spazi fossero, prima di tutto, spazi regionali.

Affrontare il conflitto fin dall’inizio. Poiché il conflitto odierno ha delle specificità regionali, non può essere affrontato in modo omogeneo a livello nazionale. Che io sia presente o meno, che questo governo sia presente o meno. Se il mio governo non è in grado di apportare cambiamenti, la società esploderà.

Sta dicendo che se non c’è una valvola democratica per gestire questa non conformità, andremo verso la violenza?

Esplode. Stiamo guardando l’Ecuador, non posso entrare troppo nel merito, ma c’è di nuovo un’esplosione. L’abbiamo visto in Cile. Il Cile sta affrontando la situazione in modo pacifico e democratico, dobbiamo vedere cosa succederà in seguito. In alcuni di questi processi ci sono state anomalie nel tentativo di riportarli al passato. Quindi, repressione degli oppositori, prigionieri politici. Prendiamo il Nicaragua, per esempio. Coloro che sono imprigionati in Nicaragua, e qui sto entrando di nuovo nel vivo delle cose, sono coloro che hanno portato avanti la rivoluzione contro Somoza.

E che erano compagni d’armi di Ortega, che ora li sta perseguitando.

E che erano nostri amici e ora sono in prigione. E perché? Beh, perché ci sono alcune derive che non sono più propriamente verso la democrazia e che devono essere evitate.

Passiamo alla situazione attuale. Il Patto Storico ha deciso che Roy Barreras sarà il suo candidato alla presidenza del Senato. Perché scegliere Roy Barreras, che non è un segno di cambiamento, rispetto a coloro che sembravano esserlo?

Il cambiamento è nelle riforme. A cosa servono le maggioranze? Perché vogliamo essere una maggioranza al Congresso? Non c’è altro obiettivo che l’approvazione delle riforme. Se le riforme non vengono approvate, non vale la pena avere delle maggioranze. Possiamo diventare di sinistra. E poi è tutto solo un discorso a noi. E il potere della sinistra, e colui che mette la fascia presidenziale a Petro, è la figlia del Comandante Pizarro. Simbolicamente ha la sua importanza. Ma ci viene richiesto di essere efficaci e non solo simboli. Ci viene chiesto di cambiare il Paese.

La spada di Bolívar

Il movimento 19 aprile M-19, il gruppo di guerriglia a cui Petro si unì quando aveva 18 anni, si formò in reazione ai presunti brogli nelle elezioni presidenziali del 1970, quando il conservatore Misael Pastrana fu proclamato presidente a scapito del Generale Gustavo Rojas Pinilla. Uno dei primi colpi pubblicitari del gruppo avvenne il 17 gennaio 1974, quando Álvaro Fayad, al comando di un gruppo di guerriglieri, entrò nella Quinta de Bolívar, allora poco sorvegliata, e rubò la spada del Liberatore.

Secondo la leggenda, la spada fu sepolta per qualche tempo, portata a Cuba e affidata alla custodia di Fidel Castro e poi nascosta nella casa del poeta León de Greiff. È difficile sapere cosa sia vero e cosa sia leggenda, ma è certo che nel gennaio 1991, 17 anni dopo il furto, Antonio Navarro Wolff lo restituì prima che l’Assemblea Nazionale Costituente iniziasse a riunirsi.

L’allora Presidente, César Gaviria, ordinò che la spada simbolica fosse consegnata alla custodia del Banco de la República, i cui dirigenti la depositarono in un caveau di sicurezza. Non si sapeva nulla della spada da 31 anni.

G.P.: Ieri ho avuto un’esperienza e le dirò che non era nei miei piani. Sono andato a parlare con Duque e beh, questo è il protocollo. All’inizio era freddo, ma nel corso della conversazione si è sempre più umanizzato e alla fine ha persino infranto i protocolli e mi ha portato in un angolo del Palazzo.

In un corridoio c’erano due di questi soldati vestiti con i costumi dell’epoca dell’indipendenza e c’era un’urna. Poi disse: “Voglio mostrarti questo”. Così è andata. Ho visto l’urna e c’era la spada di Bolívar, quella che abbiamo recuperato.

Recuperare è un verbo generoso. È stato rubata...

No. L’abbiamo recuperata. E fu sguainata. E il fatto che fosse sguainata aveva un significato. Bolivar ha detto: “Non sguainerò mai la mia spada finché non ci sarà giustizia in Colombia”. È la spada della giustizia e per questo l’abbiamo recuperata e consegnata. L’hanno messa in un magazzino e non abbiamo più sentito parlare della spada. E ieri l’ho visto, e non l’avevo mai vista prima.

Una volta avevo detto a Santos: Perché non mi consegna la spada di Bolívar nell’ufficio del sindaco? Non è successo. Ma era lì, ho visto la spada. E quella spada ora è mia e la tengo io.

Cosa le ha detto Duke quando l’ha portata in quell’angolo?

No, me l’ha solo mostrato. Sapeva cosa significava quella spada per me. Non l’ho mai avuta, mai. È la prima volta che la vedo da vicino. Quando abbiamo restituito la spada, è stato un atto di generosità reciproca da parte di uno Stato che vuole cambiare se stesso. Navarro stava per diventare Ministro della Salute e la stava consegnando. Era un simbolo, la cosa più preziosa che avevamo.

Molti di noi non capivano il gesto, ma si trattava di un doppio atto di generosità. Da allora si dice: la generosità deve essere un valore, che è fondamentale se si ha il potere. Quindi cosa ha fatto Duque? Un atto di generosità. Non aveva bisogno di mostrarmi la spada. Avrebbe potuto farla portare via e rimetterla in cantina, in modo che non l’avessi io.

Non so se ha capito cosa significava restituirmi la spada. La spada appartiene al popolo. Quindi ci deve essere generosità da parte di chi è al potere. Se la sinistra diventa arrogante, presuntuosa, perché ha ottenuto trionfi che non aveva mai ottenuto prima, a partire da me, ci isoliamo. E se ci isoliamo, ci abbattono.

Rapporti con i militari

Storicamente, il rapporto tra i militari e alcuni presidenti colombiani ha avuto momenti di tensione. Costituzionalmente, il Presidente della Repubblica è il comandante supremo delle forze armate, ma tutti i Presidenti hanno trattato i militari con i guanti.

I governanti conservatori, come Andrés Pastrana, hanno avvertito un “tintinnio di sciabole”, come quando è iniziata l’autorizzazione ai colloqui con le FARC e c’è stato uno scoppio di disobbedienza quando gli uomini in uniforme hanno stretto la corda prima di lasciare il Battaglione Cazadores a Caquetá. Juan Manuel Santos, che era stato Ministro della Difesa, ha sentito più volte gli schiamazzi degli uomini in uniforme durante i negoziati dell’Avana.

Se questo è accaduto a due membri illustri dell’establishment, per citare alcuni esempi, è prevedibile che il rapporto del Presidente Petro con i militari non sarà facile. Né la situazione sembra essere tranquilla con i vertici della Polizia Nazionale.

Il suo discorso di vittoria è stato piuttosto conciliante. Ma ha dimenticato di menzionare le Forze Armate, uno dei settori più diffidenti nei confronti di ciò che accadrà nella sua amministrazione. Perché il Presidente non ha inviato questo messaggio?

È un processo complicato. Ho chiesto a Felipe González come hanno gestito la transizione, che non è stata facile nemmeno lì. Quindi la mia domanda è stata: “Come può questo esercito che era agli ordini di Franco, che ha combattuto una guerra interna e ha vinto, andare ora verso una democrazia dove i suoi presunti nemici possono addirittura governarlo come Felipe González, che era Isidoro?

Isidoro era in clandestinità, perseguitato da quell’esercito. E divenne il capo dell’esercito. Quindi, come lo fanno? Ebbene, mi ha dato dei consigli. Ma diciamo che penso che l’esercito debba entrare nel clima di transizione. E che molte persone nell’esercito lo vogliono.

Ma serve anche una forza pubblica in grado di farlo. La forza pubblica in queste guerre è stata contaminata. La corruzione è dilagata. È penetrata più nella polizia che nell’esercito. Perché? Perché questa differenza? La corruzione nasconde una realtà: il traffico di droga.

Lei ha parlato di una riforma strutturale della polizia che, tra le altre cose, prevede l’eliminazione dell’Esmad e il trasferimento di questa forza al Ministero degli Interni. Come avverrà e quando avverrà?

Non ho detto Ministero degli Interni. La Corte interamericana dice che dovremmo fare con la polizia quello che viene fatto in qualsiasi parte del mondo. Ciò che accade è che ci sembra anormale, anche per la polizia stessa. La polizia è un corpo civile. È nella Costituzione, ma non è reale.

Abbiamo militarizzato la polizia a causa della realtà stessa del conflitto durante questi decenni. Ma quello che abbiamo oggigiorno è una forza di polizia come un corpo militare, con un’aggravante: ha adottato completamente il discorso del nemico interno.

L’uscita della polizia dal Ministero della Difesa non influirebbe sui benefici di migliaia di uomini e donne che prestano servizio in quella forza e che sono sottopagati?

Il soldato e il poliziotto vivono male, così come le loro famiglie. Qual è dunque la priorità della riforma? Se vogliamo l’efficienza negli obiettivi, il benessere sociale del soldato e dell’agente di polizia.

È molto importante quello che dice, Presidente, sulla base della polizia e dell’esercito. Ma lei sarà il comandante supremo delle forze militari.

Sì, di questa base, del poliziotto e del militare comune.

Non solo della base, ma anche dell’alto, anche dei generali che hanno molti soli nelle loro spalline e che probabilmente vedono il suo arrivo con diffidenza.

Sì, ma perché questa diffidenza?

Perché lei era un guerrigliero. E nella semplicità di questa visione, non possono fare a meno di sentire che lei è un guerrigliero ma ora è il loro comandante. Immagini di essere nella guerriglia e di avere come comandante un generale della polizia.

Beh, Bolivar era un guerrigliero e ha fondato l’esercito.

Ma l’esercito era guerrigliero.

Beh, questa è la storia. La guerriglia non è una forma militare, le ideologie sono diverse. Le forme sono esercito, guerriglia, milizie.

Si metta nei loro panni...

Il generale sa che c’è un altro problema con me, che non è il fatto che io sia stato un insorto. Inoltre, non sono mai stato un vero guerrigliero. Mi consideravo parte di un esercito, ma questa è storia patriottica. Il generale oggi sa che c’è un problema con me, ma anche un vantaggio. Qual è il problema? Non voglio che la corruzione si impadronisca della polizia e dell’esercito. E questo è un affare da un miliardo di dollari. Non sono i 70 milioni per l’Internet rurale.

Questa è una barzelletta rispetto a quello che c’è nell’acquisto di armamenti, aerei, eccetera. Questo è solo una parte del problema, perché il problema peggiore è quando il traffico di droga entra, entra e loro sanno che sta entrando. Quindi diciamo che non sono d’accordo con questo, è semplice.

Lei parla dei problemi che queste istituzioni possono avere. Ma non è stato chiaro quale sia la sua strategia per conquistare la fiducia delle forze che andrà a comandare.

Ottenere la fiducia del soldato e dell’agente di polizia. Prima di tutto.

E anche quello dei comandanti?

Da lì in su si parte in altre logiche. Perché il generale, chiunque sia, non parlo di nomi, il generale che viene educato in un ambiente più austero, con una truppa più dignitosa, più educata, in generale, sarà migliore.

Ma stiamo parlando di un cambiamento a medio termine. Il 7 agosto le truppe e i generali renderanno gli “onori al Presidente della Repubblica, Gustavo Petro”.

Voglio che il soldato lo senta davvero. Non voglio che lo faccia solo per obbligo.

E come farà a farglielo sentire? Lei ha parlato ora della necessità di cercare un accordo nazionale su molti livelli. Questo accordo nazionale non dovrebbe anche ascoltare ciò che dicono questi militari?

Senza dubbio. Sono d’accordo con questo. Nella mia vita parlamentare mi sono dedicato a esaminare le origini politiche e civili di ciò che portava le forze militari a gravi violazioni dei diritti umani. Ed è qui che è nata la parola: “parapolitica”. I politici sono i capi, non i generali. Ho portato il dibattito, a mio avviso, nel posto giusto. L’origine del problema risiede nel potere civile.

Per mettere le cose in chiaro, cosa aspetta il Generale Zapateiro quando lei salirà al potere?

Cosa aspetta ogni generale. Hanno le loro regole, un buon assegno di pensione. Le leadership cambiano nel tempo. A volte ci sono delle trappole in questo. Ho chiesto che i criteri di promozione, che hanno a che fare anche con la riforma, non siano la politica ma il merito.

Quale Ministro della Difesa pensa che possa interpretare questo sentimento e trasmettere il messaggio che vuole dare alle forze militari e di polizia?

Sto pensando a diversi uomini. Al momento non ho ancora deciso un nome specifico. Ho ancora un po’ di tempo per questo. In questo periodo devo isolarmi da molte pressioni per cercare di prendere le decisioni giuste, che non sono facili. Un errore può essere fatale.

Avrà anche bisogno della fiducia delle forze per raggiungere quella che lei chiama pace totale, che include i dissidenti, l’ELN, il Clan del Golfo e altri gruppi armati. Quale sarà la sua strategia per includere le forze in questo processo e portarlo a una conclusione positiva?

C’è un’aspettativa tra i gruppi armati. E cioè che stanno valutando la possibilità di sciogliersi. Ovviamente non sanno come, o cosa, o quando, perché è stato detto poco al riguardo. Ma è una possibilità e ho chiesto alla Chiesa cattolica di stabilire dei canali per un processo di pace integrale in Colombia.

Integrale significa che non è semplicemente con quello che ancora oggi è considerato l’insurrezione. Ma aperto a tutto ciò che comporta l’uso di armi illegali. Beh, stiamo per renderlo ufficiale. Credo che la Chiesa cattolica oggi debba svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione della pace in Colombia.

Estradizione

La telefonata eccezionalmente tempestiva del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden per congratularsi con Gustavo Petro per la sua elezione è stata letta come un primo segno di fiducia. Il Presidente eletto è ottimista sul futuro delle relazioni tra i due Paesi, ma è anche consapevole che quest’anno ci saranno le elezioni di metà mandato e che il Partito Democratico probabilmente perderà il controllo della Camera dei Rappresentanti.

I Repubblicani guadagneranno influenza ed è importante che la Colombia mantenga una relazione con entrambi i partiti. Durante l’ultima campagna presidenziale, l’allora presidente Donald Trump ha definito Gustavo Petro un “socialista” e un “cattivo alleato” del suo concorrente Joe Biden.

Una delle priorità del futuro ministro degli Esteri Álvaro Leyva sarà quella di occuparsi di questa relazione cruciale per la Colombia. Si parla spesso di “de-narcoticizzare” le relazioni tra i due Paesi, ma ci vorranno anni prima che questo tema diventi una priorità nell’agenda bi-nazionale.

Uno degli strumenti utilizzati da decenni per combattere il narcotraffico è l’estradizione. Ha intenzione di cambiare qualcosa nella politica di estradizione verso gli Stati Uniti?

Si deve fare una proposta. Perché si tratta di un trattato bilaterale e quindi sono in due, come qualsiasi matrimonio.

E lei cosa intende proporre?

Condizionare l’estradizione alla non conformità. In altre parole, la ripetizione dei processi di smantellamento pacifico del traffico di droga.

Quindi si tratterebbe di un’estradizione condizionata alla conformità?

Che non viene rispettata.

Agli Stati Uniti non piacerà...

Beh, questo è l’approccio. Si tratta di un negoziato con gli Stati Uniti e forse loro non lo vogliono. Oppure sì, ma è un accordo che sto proponendo.

Qual è il percorso di normalizzazione delle relazioni con il Venezuela che lei propone?

Le relazioni devono essere normalizzate. Questo perché stiamo andando avanti da anni e ci sono complessità su molte questioni. Il confine è la mia principale preoccupazione. Perché c’è una forte, fortissima illegalità. Ci sono anche possibilità concrete.

Cúcuta non è una città andina lontana dal mare. Cúcuta è una città costiera. Si trova a un’ora dal mare. Allora perché non ne approfittiamo per industrializzare il territorio? In altre parole, a causa delle nostre difficoltà politiche tra le nazioni, non sfruttiamo l’enorme vantaggio territoriale che esiste.

Un altro problema immediato è Monómeros, perché Monómeros, che è un’azienda sconosciuta a molti colombiani, situata a Barranquilla e che è colombiano-venezuelana, con una maggioranza venezuelana, è quella che ha prodotto i fertilizzanti e oggi il problema fondamentale dell’agricoltura e della fame sono i fertilizzanti. L’asfissia finanziaria che questa azienda ha subito l’ha paralizzata e stiamo importando fertilizzanti a un prezzo tre volte superiore.

Prima delle elezioni, lei ha rimosso la senatrice eletta Piedad Córdoba dalla sua campagna. Ora che è stata eletta, quale sarà il ruolo di Piedad?

Complesso. I processi giudiziari dipendono dai giudici. Punto e basta. C’è stato molto rumore da parte dei media. Ora dovremo vedere cosa dicono i giudici. I giudici qui, i giudici all’estero. Presterò attenzione.

Consiglierebbe alla senatrice Piedad Córdoba di prendere il suo posto al Senato o preferirebbe che non prendesse il suo posto?

C’è una relazione, in base agli ultimi eventi, che ha a che fare con la famiglia di Piedad e la DEA. Non so di che tipo, non lo so. Ma c’è la questione del fratello, compreso il tentativo di intrappolarmi, da cui sono riuscito a sfuggire. Esiste già una relazione tra il sistema giudiziario statunitense, la DEA e la famiglia di Piedad. So che questo è riservato a cose che passano attraverso regole che non sono nemmeno colombiane. Ma non sono appropriati per un esercizio politico in Colombia.

In altre parole, lei raccomanda che Piedad non assuma l’incarico?

Il mancato incarico ha serie implicazioni giudiziarie e costituzionali. Non parlerei di questo. Ma direi che la senatrice Piedad Córdoba, dato che c’è un qualche tipo di rapporto con il sistema giudiziario degli Stati Uniti, auspicabilmente favorevole a loro, dovrebbe, sì, avere una bussola, perché le sue azioni politiche come senatrice sono influenzate da un fatto oggettivo. E cioè che c’è un rapporto con la giustizia estera, che non posso qualificare. Quindi questo meriterebbe che si facesse da parte, anche se è una senatrice.

Ma sembra strano come figura. Se lei è un senatore e fa politica, come farebbe a farsi da parte?

Ci sono figure legali in Colombia per questo.

Che chieda un’aspettativa o qualcosa del genere?

Beh, diciamo che potrebbe esserci un momento in cui la società colombiana potrebbe sapere: “Beh, alla fine non è stato niente”. Oppure “sì, ed è molto grave”. Poi ci sarà una decisione politica sullo sfondo. Ma finché c’è questa spada nascosta, non permette la libertà politica. È così semplice.

Economia e politica energetica

Il nome che viene fatto con più insistenza come Ministro delle Finanze è quello di José Antonio Ocampo, che ha già ricoperto questo portafoglio e la Direzione della Pianificazione Nazionale. Economista liberale progressista, ex segretario esecutivo della Commissione Economica per l’America Latina (ECLAC), è in contatto con il mondo imprenditoriale e accademico.

Laureato presso le prestigiose università di Notre Dame e Yale negli Stati Uniti, è stato professore alla Columbia University, il che sembra essere il motivo del ritardo nell’annuncio della nomina: Ocampo è professore di ruolo presso la prestigiosa università di New York e deve attendere la licenza del centro educativo prima di accettare il ministero.

In una conversazione con Cambio, il Presidente eletto ha parlato della gradualità del suo piano di eliminazione delle esplorazioni petrolifere. Ha insistito sul fatto che la sua enfasi a lungo termine sarà sull’energia pulita, ma ha ammesso che il suo governo potrebbe finire per esportare più carbone a causa della crisi degli idrocarburi derivante dalla guerra in Ucraina. Ha anche fatto riferimento al calo del prezzo delle azioni di Ecopetrol.

Una delle questioni che sta suscitando maggiore preoccupazione tra gli uomini d’affari è il suo annuncio che non assegnerà nuovi contratti di esplorazione petrolifera. Dove pensa di trovare il denaro per i programmi sociali?

Si tratta di una transizione, diciamo, graduale. La parola transizione implica gradualità. Volevano dimostrare che era per l’8 agosto. Non lo è. E ho votato contro a causa di questa convinzione. Non è che non esploreremo, perché ci sono circa 180 contratti in essere. Quello che ho detto è che non ci saranno nuovi contratti di esplorazione.

Cosa significa questo nel breve termine? Che dobbiamo gestire le riserve di petrolio accertate che abbiamo. Ci sono date diverse. Le date dipendono dalla quantità di petrolio che esportiamo. Se esportiamo molto petrolio, le riserve non reggeranno. Se esportiamo meno petrolio, le riserve si allungano e questo misura il tempo. La transizione è come la leva di controllo.

Sì, c’è una questione strutturale e diciamo a lungo termine, che ovviamente dimostra che lei è allineato con una preoccupazione universale. Ma ci sono opportunità economiche sul tavolo, come si combina la sua visione di transizione energetica con la necessità di raccogliere risorse?

Tutti i beni petroliferi del mondo sono in calo. In Colombia mi incolpano di questo, ma non è colpa mia. Questo accade perché è stata annunciata una depressione, ossia un calo della domanda di petrolio e gas. E poi il mercato svaluta i beni petroliferi. Penso che questo sarà il mondo per i decenni a venire, con una svalutazione dei beni petroliferi.

Lei ha parlato di riforme che dovranno necessariamente essere adattate per essere realizzate. Non pensa che finirà per moderarsi sulla questione del petrolio?

Il mondo sta accelerando il passo. Non è un mio problema. Le forze che stanno cercando di fermarmi su questo tema hanno preso il controllo di Ecopetrol. Stanno cercando di estendere i membri del consiglio di amministrazione che questo governo ha nominato, e stanno cercando di prendere di mira Isa, il generatore di elettricità, cambiando gli statuti per mantenere i funzionari dell’attuale governo durante il mio governo, per impedirmi di prendere decisioni, il che è fatale.

Ma, beh, il fatto è che Duque le ha dato un colpo legale proprio all’inizio, modificando uno statuto esistente attraverso un’assemblea. Ma lei ha la maggioranza. Potete convocare un’altra assemblea e cambiare di nuovo lo statuto per riprendere il controllo del consiglio?

Ho dalla mia parte i lavoratori.

Ma c’è anche la proprietà, cioè lo Stato colombiano e il Governo, il Ministero delle Miniere, che è la maggioranza.

Bene, ci stiamo muovendo verso un accordo. Dobbiamo riconoscere che Duque, durante il percorso, ha iniziato a fare un piano e a coinvolgere Ecopetrol nella costruzione di parchi solari. Questo governo ha già avviato il piano. Avevo proposto 3,6 gigawatt di generazione di energia solare. Duque mi ha informato che ha già avviato 1 gigawatt. Quello che farei è accelerare questo piano. C’è un’enorme possibilità di diventare uno dei maggiori produttori di energia solare al mondo.

Quindi, se si imposta Ecopretrol, non sul petrolio ma sull’energia, il colpo per l’azienda potrebbe essere il contrario. Ora, la valuta estera è un altro punto di conflitto: da dove proviene la valuta estera della Colombia? Dal petrolio e dal carbone, e questo non cambia da un giorno all’altro. Come si può scambiare rapidamente le valute del petrolio con altre valute?

Rapidamente è quando?

La rapidità è nel mio governo. Non sarà l’8 agosto. Continueremo a esportare petrolio. Inoltre, con il mio governo esporteremo più carbone, paradossalmente. Perché? A causa della guerra in Ucraina, i tedeschi e gli europei chiederanno più carbone. Questo è interessante per il mio governo. Ma tra dieci anni non sarà più così.

In questi quattro anni devo preparare il Paese a ciò che so che sta per accadere e cioè che queste miniere saranno chiuse. Non appena le centrali nucleari in Europa saranno accese, sarà il mondo a chiudere le miniere. Non io.

Cosa può sostituire queste entrate? Quello che ho proposto è il turismo e la riattivazione della produzione alimentare in Colombia. Ogni turista sono per noi 1.000 dollari, può fare i conti. Il turismo non aumenterà se non c’è la pace. Quindi la pace diventa la chiave della transizione energetica in Colombia.

Riforma fiscale

L’esplosione sociale che ha segnato l’uscita dal gabinetto di Alberto Carrasquilla, Ministro delle Finanze di Iván Duque, è iniziata con una riforma fiscale fallita che ha colpito ampi settori della classe media e i redditi più bassi. Petro ha detto che il Paese ha bisogno di una riforma fiscale e alcuni sostengono che potrebbe essere dura come quella di Carrasquilla. Egli sostiene che il denaro non arriverà dalla riforma fiscale. Sostiene che il denaro non arriverà dai settori sociali medio-bass. Gran parte del suo piano si basa sull’eliminazione delle esenzioni fiscali concesse nel 2019.

Un’altra componente, più controversa, cerca di tassare gli azionisti che reclamano i loro dividendi. Petro difende la bontà della sua iniziativa dicendo che favorisce la permanenza del capitale all’interno delle aziende. Altri la vedono come una misura che scoraggia gli investimenti e costringe i capitalisti a cercare luoghi più favorevoli e meno tassati della Colombia.

La verità è che molti Paesi creano vantaggi fiscali per gli investitori al fine di catturare il capitale. Una misura del genere renderebbe senza dubbio la Colombia meno competitiva, soprattutto in un momento in cui i tassi di interesse negli Stati Uniti sono in aumento.

Paradossalmente, grazie a questi tassi di interesse e alla svalutazione del peso, per un investitore potrebbe essere più redditizio avere il proprio denaro in una banca statunitense che investirlo in un’azienda colombiana.

L’intero Paese sta aspettando il contenuto della sua riforma fiscale. Quali sono i punti fermi che intende includere?

Che non può essere imposta solo alla classe media e al popolo, ai settori più poveri della popolazione. Si tratta di una riforma contraria a quella di Carrasquilla.

Il suo obiettivo di raccolta sembra molto ambizioso.

Potrebbe quasi essere più ambizioso. Se si guarda allo studio di Jorge Garay, che ci sta aiutando, propone addirittura cifre dell’ordine di 75 miliardi all’anno di entrate. E in realtà, se si guardano le statistiche sulla tassazione in percentuale del PIL, la Colombia è al di sotto della media latinoamericana. Il semplice raggiungimento della media latinoamericana è già di quell’ordine o superiore.

Ciò che accade, e questo è un dibattito, è che l’OCSE favorisce la tassazione delle persone fisiche rispetto a quella delle aziende, ma essere più alti della media colombiana significa tassare pesantemente la ricchezza individuale e non tassare le aziende, che sono il luogo in cui avviene la produzione. La riforma fiscale dovrebbe essere presentata quest’anno.

Poi, l’accordo dovrebbe arrivare entro due settimane. Se si formerà una coalizione di maggioranze ma non si approverà la riforma fiscale, accettando le discussioni e le modifiche, allora non ci sarà realmente alcuna coalizione di maggioranze. Non avrà funzionato.

Ma perché ci sia un accordo deve esserci un testo. C’è già questo testo?

Sì, esiste. Questo testo è stato presentato dal Partito Verde quando ero deputato. In quell’occasione ho suggerito che la soluzione doveva essere semplice. Non pensare a una grande riforma strutturale, ma a una formula semplice: abrogare la riforma fiscale del 2019, che è ciò che ho proposto a Restrepo. Con un semplice articolo, che eliminasse le esenzioni e i regali che venivano fatti, si sarebbero recuperati circa 20 mila miliardi di pesos.

Con la semplice abrogazione di quella riforma fiscale, lei otterrebbe più o meno la metà delle risorse a cui aspira con questa riforma fiscale, e da dove arriverebbero le altre?

Ci sono altre aree in termini di dividendi. Il dividendo è quando un uomo d’affari preleva le risorse dall’azienda invece di investirle e le prende per sé, come è suo diritto. Questo si chiama dividendo. Ma è come quando un dipendente riceve il suo stipendio e il dividendo viene detratto da esso. A seconda dello stipendio, la percentuale è la stessa. I dividendi non sono così, quindi perché no?

Quindi si tasserebbe il dividendo in base al suo importo?

Ovviamente. E c’è una scala progressiva.

Non teme che questo scoraggi gli investimenti? Perché se diventa più costoso prelevare i profitti o incassare i profitti dalle aziende, allora forse sarebbe meglio avere quel denaro inattivo, locato altrove, piuttosto che investire nelle aziende.

In generale, qualsiasi persona che voglia prelevare il proprio denaro dalla sua azienda per goderselo, perché è la sua azienda, paga un’imposta elevata in qualsiasi parte del mondo. L’unico modo per non pagare le tasse per questo, per questa azione, sono i paradisi fiscali, il che significa rompere il patto.

Si tratta di un problema globale, senza dubbio, perché questo è rompere l’alleanza di qualsiasi società. In generale, in tutti i Paesi, quando le grandi fortune non vengono utilizzate per investire, ma per goderne, cioè quando acquisiscono una dimensione personale, si pagano tasse fino al 70 percento. In Svezia, in Svizzera, negli Stati Uniti, in qualsiasi parte del mondo sviluppato.

Perché? Perché il denaro nell’azienda del proprietario non è uguale al denaro nelle sue tasche. Acquisisce un’altra funzione sociale. Quel denaro nell’azienda è un capitale. Si tratta di posti di lavoro, investimenti, espansione, e così via. Ha una funzione sociale. Lei produce. Guadagna, ma produce.

D’altra parte, se questo denaro diventa un tesoro in tasca, non è un capitale. E poi gli Stati lo scoraggiano tassandolo pesantemente, proprio per far sì che diventi capitale, cioè che rimanga nelle aziende e produca più posti di lavoro e più ricchezza.

Questa è la decisione del capitalista. Ma poi il capitalista ha due opzioni: metto il denaro che voglio godermi per diventare più ricco ma all’interno dell’azienda, espandendola, oppure me lo godo nel modo in cui voglio godermelo, ma poi pago le tasse. Questa è la logica del mondo. Penso che dovrebbe essere lo stesso in Colombia.

Epilogo

Vorrei farle quest’ultima domanda, riprendendo il significato della parola trasformazione. C’è una frase nel suo discorso che segna questa trasformazione. Lei ha detto: “La pace è che qualcuno come me possa diventare presidente”. L’ho conosciuta 34 anni fa, quando si nascondeva. Signor Presidente, cosa è cambiato dal Gustavo Petro di allora al Gustavo Petro di oggi?

C’è un maggiore flusso di idee. Per ovvie ragioni. Il tempo è passato. Quando ci siamo conosciuti c’era l’Unione Sovietica. E il mondo era diverso, le nostre idee erano un po’ più dogmatiche. A quel tempo sognavo di arrivare dove sto andando. Ma con un esercito popolare e magari indossando il drappo d’oliva. E forse quello che avremmo fatto sarebbe stato un disastro. Non è da lì che provengono le trasformazioni. E avremmo rimesso la spada dove si trova oggi.

Ma diciamo che un mondo migliore non sarebbe emerso. Primo, perché sarebbe stata una vittoria militare. Era questo il nostro obiettivo, una vittoria militare. E poi da una vittoria militare non deriva altro che una sconfitta militare.

Da ciò sarebbe derivata un’imposizione, e un’imposizione non è democratica. E da lì sarebbero nati esseri umani che si sarebbero impossessati del potere e si sarebbero trasformati in autocrati, perché solo l’autocrazia può essere costruita sulle armi.

Ciò che abbiamo vissuto è stato migliore, anche con le morti, ma ciò che è venuto dopo quell’intervista, con tutta l’intensità della storia, è stata la pace. Penso ancora più o meno la stessa cosa, ma i metodi, le forme, la storia reale erano diversi. Spero che il mio governo sia il governo della Costituzione.

Mi avete intervistato come combattente clandestino dell’M-19. Penso che coloro che non sono stati in grado di scomparire e uccidere, perché questa era la storia. E l’ho vissuto, ma la storia era questa.

Sì, e molte cose dipendono dal successo del suo governo, tra cui il fatto che la sinistra abbia nuove opportunità nella vita istituzionale della Colombia e che ci sia una trasformazione del tipo sognato dai milioni di persone che l’hanno sostenuta e del tipo temuto da molti di coloro che hanno votato contro di lei.

Ci sono nuovi modi di pensare. Inoltre, se non lo facciamo bene, può arrivare l’oscurità.

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