Lo scandalo europeo che ha preso rapidamente, nei media, il nome di Qatargate, è certamente molto grave e anche un po’ spettacolare per i comportamenti dei personaggi colti in flagrante con sacchi e valigie di bigliettoni che nascondevano sotto il letto o tentavano di far partire da Bruxelles per discrete destinazioni offshore.
Tuttavia, tale scandalo stupisce solo chi non sia a conoscenza di come funzionano le cose in quello strano parlamento europeo, l’unico al mondo non legislativo, che divide le sue attività tra le due sedi di Bruxelles e Strasburgo, scelta bizzarra che ne fa lievitare i costi a danno del contribuente continentale.
Infatti, chi abbia approfondito la questione, sa bene che nella capitale europea Bruxelles vivono o comunque transitano centinaia di persone regolarmente stipendiate per svolgere l’attività di lobbisti, vale a dire di funzionari di gruppi di pressione economici, industriali, finanziari, commerciali, informatici ecc. che tengono i contatti tra i loro datori di lavoro e i parlamentari, esponenti e funzionari della Commissione Europea.
Tale attività delle lobby è stata pure regolamentata dal Parlamento Europeo con una risoluzione del 2008 accolta poi dalla Commissione che ha istituito un registro a cui sono iscritte oltre 10.000 diverse organizzazioni che svolgono attività lobbistica e i cui dipendenti hanno libero accesso agli uffici dei deputati e dei loro assistenti.
Tuttavia, per esercitare l’attività di lobby non è necessario essere iscritti a tale registro e la sua stessa definizione come “attività di consulenza legale o professionale” è talmente vaga da prestarsi alle più disparate interpretazioni.
In genere, quando i cittadini europei si stupiscono di qualche strana raccomandazione o risoluzione che arriva in diretta da Bruxelles e che appare regolamentare questioni assolutamente secondarie nella vita sociale europea, ciò è in realtà frutto dell’azione di una lobby d’interessi che ha ben lavorato ottenendo un risultato economico per se stessa. Ecco perché potremmo in futuro incontrare risoluzioni sul peso prescritto per le orate d’allevamento oppure per la forma delle scatolette di tonno.
È evidente che quando parliamo di lobby ci riferiamo a organizzazioni che nulla hanno a che vedere con associazioni e comitati di cittadini che chiedono udienza ai parlamentari per sensibilizzarli alle loro legittime richieste politiche. Si tratta piuttosto di interessi, e quando non si parla di politica ma di soldi, lasciamo immaginare quali siano i mezzi di convinzione. Si stima che, nel suo complesso, l’attività lobbistica a Bruxelles assommi a oltre cento milioni di euro l’anno.
Ciò non significa, per fortuna, che tutti i deputati europei e tutti i funzionari siano dei corrotti, sarebbe sommario e qualunquistico affermarlo, bensì capire che al Parlamento europeo esistono regolamenti, convenzioni e prassi che favoriscono l’infiltrazione della corruzione e le pratiche di malaffare di piccolo o grande cabotaggio.
In tale sistema, può diventare normale per qualcuno passare da qualche regalo o favore, comunque non tollerabile, ai sacchi di banconote, alle vacanze miliardarie, agli oggetti di lusso. Soprattutto quando invece che una lobby qualunque entrano in campo dei governi miliardari.
Il cittadino italiano può anche rimanere stupito del ruolo importante che hanno, in tali pratiche, gli assistenti parlamentari europei. Infatti in Italia i collaboratori parlamentari di deputati e senatori, chiamati non a caso con lo spregiativo titolo di portaborse sono in gran parte dei poveracci sottopagati.
Senatori e deputati della Repubblica percepiscono circa 4.000 euro mensili per le loro spese di funzione, dei quali devono rendicontarne a posteriori solo la metà. Da tale somma il parlamentare trae lo stipendio per il collaboratore, che è suo dipendente personale, spesso con condizioni da fame, poiché per il deputato o senatore, minore è il salario del suo portaborse, più resta a lui.
Grottesco fu il caso di un deputato che tolse lo stipendio al suo collaboratore perché doveva pagare le rate del mutuo del suo appartamento. Altri parlamentari assumono come “collaboratore” moglie o marito, nipoti e congiunti vari, così i soldi restano in famiglia.
Al parlamento europeo le cose vanno diversamente. Il deputato indica il nome del proprio assistente, che però viene assunto direttamente dal parlamento e quindi percepisce un regolare stipendio, molto variabile nell’importo, con tanto di assicurazioni previdenziali. È evidente che si tratta di una procedura più trasparente, ma che cambia di molto il ruolo e il potere dell’assistente parlamentare.
Infatti quest’ultimo ha in genere una maggiore autonomia decisionale rispetto al deputato, anche perché i parlamentari europei sono spesso assenti dalla sede dei lavori, alcuni nemmeno hanno un recapito fisso a Bruxelles dove vanno eccezionalmente (o mai) e hanno poca dimestichezza con le lingue di lavoro del parlamento.
Ne consegue che gli assistenti sono quasi sempre coloro che partecipano alla preparazione delle risoluzioni e delle mozioni e che ricevono i postulanti delle lobby. Ed ecco come, in seguito, possono tessere relazioni anche importanti e inquietanti con esponenti altolocati del Parlamento.
Gli amari risultati di un’Unione Europea che si dichiara politica ma che è soltanto un tentativo di unione economica e affaristica.
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