Sarà perché Elon Mask vuole creare grandi aspettative sul suo ultimo affare, sarà perché il controllo sui social è diventato rilevante ai fini della comunicazione politica e di massa, ma i Twitter Files stanno svelando un verminaio. E non pare proprio che sia a causa delle ingerenze russe come la Casa Bianca continua a starnazzare (seguita a ruota dall’Unione Europea).
Sta emergendo infatti che Twitter negli anni scorsi ha adottato una serie di misure straordinarie per “insabbiare” la storia del computer di Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente Joe, pubblicata dal New York Post poche settimane prima delle elezioni del 2020.
Secondo l’articolo del NYP il dispositivo conteneva diversi file, comprese e-mail potenzialmente incriminanti, riguardanti i rapporti d’affari del figlio dell’attuale presidente con Paesi e individui stranieri, inclusa l’Ucraina (eh si...).
A pubblicare su Twitter le mail che mostrano gli scambi tra i dipendenti della piattaforma online è stato il giornalista statunitense Matt Taibbi, in una serie di tweet poi condivisi dallo stesso Elon Musk, diventato il nuovo proprietario del social network.
Twitter, sostiene Taibbi, “ha adottato misure straordinarie per sopprimere la storia, rimuovendo collegamenti e pubblicando avvisi sulla loro possibile non sicurezza. Ne ha persino bloccato la trasmissione tramite messaggio diretto, uno strumento finora riservato a casi estremi, come la pornografia infantile”.
La tesi del giornalista, condivisa e rilanciata da Musk, è che la policy della piattaforma sulle pubblicazioni da censurare fosse dettata da simpatie politiche, e non dai contenuti dei post.
Nel 2020, scrive Taibbi, “le richieste di eliminare determinati tweet erano routine. Celebrità e sconosciuti allo stesso modo potevano essere rimossi per volere di un partito politico. Entrambe le parti avevano accesso a questi strumenti. Ad esempio, nel 2020, sono state accolte e onorate le richieste sia della Casa Bianca di Trump che della campagna di Biden”.
Tuttavia, sostiene, “questo sistema non era bilanciato in quanto basato sui contatti. E poiché Twitter era ed è composto in modo schiacciante da persone con un determinato orientamento politico, c’erano più canali, più modi per lamentarsi, aperti sia a sinistra (i democratici) che a destra”. A cavallo tra il 2020 e il 2021 Twitter bloccò poi l’account di Trump per le contestazioni ai risultati elettorali.
Il responsabile del dipartimento “integrità” della piattaforma, Yoel Roth, ha sostenuto in un’intervista rilasciata questa settimana di avere ritenuto che l’articolo pubblicato dal Post avesse i “tratti distintivi” di un’operazione di hacking e disinformazione russa. L’ex dirigente ha però dovuto ammettere di avere commesso un errore.
Nell’agosto 2020, Twitter ha iniziato a etichettare alcuni account come affiliati agli Stati ritenuti ostili dagli Usa (Russia e Cina soprattutto) e da allora si era verificato un calo significativo del coinvolgimento degli utenti, inclusi i like e le condivisioni, di tali account.
Il New York Post è stato il primo giornale a riferire del computer del figlio di Biden, abbandonato in un laboratorio di riparazioni di Wilmington, Delaware.
Il computer conteneva diversi file, comprese e-mail potenzialmente incriminanti, riguardanti i rapporti d’affari del figlio dell’attuale presidente con Paesi e individui stranieri.
In una delle email, Vadym Pozharskyi, cittadino ucraino e terzo al comando della compagnia energetica ucraina Burisma, ringraziava Biden per l’opportunità avuta di incontrare suo padre, allora vicepresidente, e per aver “trascorso del tempo con lui” ad aprile 2015. Hunter Biden, in quel momento, era membro del Consiglio di amministrazione della società.
Hunter Biden era entrato nel consiglio d’amministrazione della Burisma Holdings, compagnia ucraina del gas, nel maggio 2014, con uno stipendio di 50 mila dollari al mese. Il figlio di Biden venne scelto nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico.
Ma venne assunto pochi mesi dopo la decisione di Obama di affidare al suo vice – all’epoca l’attuale presidente Joe Biden – il compito di seguire la transizione politica in Ucraina dopo il colpo di stato del 2014 (il cosiddetto EuroMaidan).
Non solo. Il potenziale conflitto d’interessi tra la famiglia Biden e la politica in Ucraina, si palesò nel 2016 quando, con l’appoggio dell’Unione Europea, Biden minacciò di congelare un miliardo di dollari di aiuti a meno che i leader ucraini non avessero licenziato il procuratore generale Viktor Shokin, accusato di essere stato troppo morbido nella lotta alla corruzione di Stato. Una decisione che poi venne effettivamente presa.
Fu lo stesso Biden a vantarsene durante un incontro pubblico nel 2018 ad un evento a cura della rivista Foreign Affairs, con una frase piuttosto esplicita: “Li guardai negli occhi e dissi, io parto tra sei ore, se il procuratore non è stato licenziato, non avrete i soldi. Beh, figlio di puttana. È stato licenziato“.
Shokin stava indagando sull’azienda nel cui consiglio d’amministrazione figurava Hunter Biden, il figlio del futuro presidente degli Stati Uniti.
Circa 50 ex membri di varie agenzie d’intelligence Usa avevano affermato che le informazioni circolate intorno agli affari della famiglia Biden in Ucraina erano false ed erano state create dai russi per interferire nelle elezioni presidenziali.
Ma a marzo è stato il New York Times a confermare che il computer e le informazioni che esso conteneva erano autentici, e che sono state ammesse come prove in un’indagine portata avanti dal dipartimento di Giustizia su Hunter Biden e sui suoi affari finanziari e fiscali.
E mentre Macron in visita negli Usa ha incontrato faccia a faccia Elon Musk, dall’Unione Europea arrivano esplicite minacce a Twitter.
Bruxelles minaccia infatti di bloccare il social network se le nuove policy previste dal nuovo management (Elon Musk), infrangeranno le regole sulla moderazione dei contenuti. Il commissario europeo Thierry Breton, in una videochiamata con lo stesso Musk, ha di fatto esposto tutte le riserve europee sul nuovo corso di Twitter.
Musk e Breton hanno concordato che la Ue effettuerà uno “stress test” presso la sede di Twitter all’inizio del 2023 per valutare la conformità del social alle norme europee. Ma il rischio, secondo quanto scrive il Financial Times, è che il social possa violare il nuovo Digital Servicses Act della UE, che stabilisce gli standard con cui le società Big Tech devono controllare i contenuti su Internet.
Breton ha ribadito che in caso di violazione di queste norme, Twitter potrebbe subire un divieto a livello europeo o multe fino al 6% del fatturato globale.
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