Dopo giorni e giorni di tempesta mediatica – a cavallo tra politica e gossip e dalla quale ci siamo tenuti alla larga – sono arrivate le dimissioni del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
L’uomo a cui la Meloni aveva affidato l’incarico di demolire “l’egemonia culturale della sinistra” (sic!), ha rinunciato alla poltrona con una lettera alla premier nel tardo pomeriggio di ieri, mentre sui social dilagava un nuovo post di Maria Rosaria Boccia che annunciava altre indiscrezioni sulla vicenda nel corso dell’intervista andata in onda ieri sera su La7.
“Sono fiero dei risultati raggiunti sulle politiche culturali in questi quasi due anni di governo”, ma le “mie dimissioni sono irrevocabili”, scrive l’ex direttore del Tg2 ringraziando la leader di Fratelli d’Italia per averlo difeso.
Nelle ultime ore il pressing del governo nei confronti di Sangiuliano era diventato sempre più forte. E dopo aver prima respinto le dimissioni e poi costretto il ministro ad una umiliante intervista al Tg1, ieri è maturata la convinzione che la situazione fosse diventata ormai insostenibile per il governo di fronte alle continue ‘rivelazioni’ della ex consulente – “revocata” – per i grandi eventi del ministero della Cultura. Una personaggetta che girava con occhiali dotati di telecamera e registratore per le sale dei palazzi istituzionali.
È stato un vero e proprio stillicidio mediatico e politico che stava indubbiamente demolendo ulteriormente la credibilità e la tenuta dell’esecutivo e della stessa presidente del Consiglio i quali, del resto, di credibilità per strada ne hanno già persa parecchia.
Con il passare dei giorni, dopo un’iniziale difesa di Sangiuliano, la Meloni ha dovuto capitolare cercando di chiudere al più presto la vicenda.
Per farlo ha dovuto rinunciare ad andare di persona al G7 dei Parlamenti a Verona (preferendo un video collegamento da Palazzo Chigi) e concentrarsi sulla via d’uscita da adottare per Sangiuliano. Poi si è recata al Quirinale dove ha informato il Capo dello Stato Sergio Mattarella del passo indietro del ministro.
Il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto delle dimissioni, accettando la nomina a ministro della Cultura di Alessandro Giuli, attuale presidente della Fondazione Maxxi e faccia presentabile della destra di governo.
Il Corriere della Sera scrive oggi che “Se la diga a difesa di Gennaro Sangiuliano è crollata, è anche perché Meloni e i suoi collaboratori più stretti, i sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, hanno constatato che un’attenzione mediatica «che prescinde dal merito della questione» rischiava di travolgere l’immagine dell’intero governo”.
Si tratta decisamente di un episodio minore, e anche piuttosto penoso potremmo dire, ma che ha aggiunto un piuma insopportabile al fardello che da tempo pesa sulle spalle di un governo della destra che dimostra ampiamente di non avere classe dirigente da spendere decentemente.
La intransigente linea difensiva della Meloni dei suoi ministri al centro del mirino e delle richieste di dimissioni da parte dell’opposizione – dalla Santanchè a Lollobrigida – questa volta non ha tenuto. È l’ennesimo scricchiolìo di un esecutivo atteso al varco da rogne strutturali, a cominciare dalla manovra di bilancio e dalle scelte sulla guerra.
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