Anticipato da ben quattro singoli, più un altro paio di tracce
opportunamente testate dal vivo, "Romance" arriva a fine agosto 2024 con
qualche sorpresa ancora da rivelare: le undici canzoni che vi sono
racchiuse, pur vivendo di contrasti, si rivelano ben più solide e legate
ai trascorsi della band di quanto gli spot promozionali potessero
lasciar presagire. Chi temeva una svolta troppo "pop", per via dei
vestiti fluo e delle acconciature colorate esibite nelle immagini
diffuse da diversi mesi (sul palco a Roma lo scorso giugno sembravano appena usciti da un rave), può ora sentirsi rassicurato: "Romance", il quarto album dei Fontaines D.C.,
pur mostrando un più basso coefficiente di drammaticità rispetto al
passato, conserva una determinante matrice rock (ma hanno ancora senso
queste categorizzazioni?). Meno nervoso e al contempo più fruibile dei
precedenti lavori, ma a ben pensarci, anche una "Roman Holiday" sul
precedente "Skinty Fia" non lesinava certo in rotondità dal taglio radiofonico. "Romance" non è un disco barricadero, come ad esempio doveva esserlo "Dogrel",
così denso di orgoglio irlandese, ma i collegamenti chitarristici con
la storia del gruppo sono inequivocabili, in particolare nel deciso
alt-rock sbandierato con fierezza in occasione di "Death Kink" e "Here's
The Thing".
Così come fecero i concittadini U2
(l'epicità espressa nella maestosa "In The Modern World" non può non
ricordarli), che dopo i primi album si allontanarono dalla guerriglia
urbana dublinese per arricchire il proprio sound attingendo dalla
polvere raccolta nel deserto e lungo le sconfinate route americane,
generando nello spazio di pochi mesi "The Joshua Tree"
e "Rattle & Hum", anche i Fontaines D.C. proseguono il personale
processo di allontanamento dalla terra natia, alla costante ricerca di
nuovi luoghi, nuovi riferimenti, nuove direzioni da intraprendere. Se "Skinty Fia"
due anni fa spostava il punto d'osservazione dall'Irlanda a Londra,
dove si trasferirono 4/5 della band (il quinto elemento finì a Parigi),
oggi "Romance" mette a fuoco uno zoom ancor più cosmopolita. I cinque dubliners
non sono più i ragazzi con tanti sogni nel cassetto, a spasso per il
Trinity College o Temple Bar: la vita in tour, le trasferte
promozionali, le interviste in ogni angolo del globo li hanno resi
consapevoli cittadini del mondo, e (indie)-rockstar globali.
Naturale
conseguenza di tale processo è l'incremento del numero di
contaminazioni riflesse nel processo di scrittura del quintetto. Se
nell'iniziale title track Grian Chatten sotto una cascata di synth emula con la voce le inflessioni di Thom Yorke,
la successiva "Starburster" svela inedite coloratissime architetture
che trovano fonte d'ispirazione nel funk/hip-hop, raffigurando una
rincorsa durante la quale Chatten trasmette la volontà di voler
riprendere fiato. Se in "Sundowner" (cantata da Conor Curley) vengono
introdotte centratissime atmosfere dream-pop (qualcuno ha detto Slowdive?) e in "Desire" si percepiscono echi dei primissimi Coldplay, le orchestrazioni che arricchiscono la malinconica ballad "Horseness Is The Whatness" hanno il medesimo sapore retro dei recenti Arctic Monkeys,
con i quali i Fontaines D.C. hanno condiviso pochi mesi fa un tour
negli Stati Uniti. Non è un caso, vista la scelta di affidarsi al
produttore James Ford, in cabina di regia per "The Car" e "Tranquility Base Hotel + Casino", i dischi che hanno sancito la svolta confidenziale della formazione di Alex Turner. Non proseguire il proficuo cammino con Dan Carey, uno dei producer più ricercati del momento, esprime in maniera chiara la ferma necessità di ideare qualcosa di diverso.
I
ragazzi si prendono dei rischi, calcolati, e scelgono la sfida,
troncando sul nascere qualsiasi potenziale rischio di ripetersi
all'infinito: una nuova identità creativa accompagnata dalla scrittura
di diverse canzoni iper-melodiche, fra le quali "Bug" e "Favourite", e
dal netto miglioramento delle performance canore di Chatten. In questi
undici brani viene compresso tutto quello che sono oggi i Fontaines
D.C., un gruppo di amici scaraventati verso il meritato successo
mondiale che cercano di mantenere una solida scorza di normalità. Fra
romanticismo, distopie e attacchi di panico, "Romance" ha l'unico
difetto di non presentare una svolta davvero completa: introduce nuove
ipotesi stilistiche senza sposarle completamente, evitando il pericolo
che deriverebbe dalla completa rottura con il passato: nonostante il
pubblico di solito non premi i progetti che restano a metà del guado,
"Romance" ha tutte le carte in regola per diventare il più grande
successo commerciale della band. Tutto sommato non dispiacerà ai fan
della prima ora (che sapranno apprezzare la capacità di reinventarsi
senza snaturarsi) e sarà senz'altro in grado di conquistarne di nuovi.
03/09/2024
Fontaines D.C. (2024) Romance
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