di Fulvio Scaglione
Sarà che qui siamo troppo teneri di cuore, o non capiamo le sottili dinamiche della grande politica orientata ai valori, al diritto e al rispetto dell’uomo. Però troviamo che ci sia una componente ormai oscena nel lungo tramonto della presidenza Biden.
Rimettiamo in fila qualche fatto. Joe Biden, nel momento decisivo del suo mandato, è stato sfiduciato due volte, e clamorosamente. La prima dal suo stesso partito, dai clan che lo dominano (Pelosi, Obama, Clinton) e che prima lo hanno portato immeritatamente alla presidenza (negli otto anni precedenti Biden era noto soprattutto come il gaffeur che faceva da pseudo-vice a Barack Obama) e poi lo hanno silurato senza tanti scrupoli, in pratica dandogli del vecchio rimbambito.
Poi è stato sfiduciato dagli elettori che, rieleggendo a valanga Donald Trump (e stiamo parlando di Trump, mica di Giulio Cesare), hanno bocciato non tanto la signora nessuno Kamala Harris ma la politica condotta dalla Casa Bianca nel precedente quadriennio.
Silurato (ma il termine più consono qui non si può usare), pensionato a calci nel sedere, Biden ha fatto qualche bel discorso e poi ha cominciato a prendere decisioni, una più feroce e disgustosa dell’altra.
Prima ha autorizzato l’impiego dei contractor Usa in Ucraina (10 novembre, con la sconfitta elettorale “vecchia” di soli 4 giorni). Una settimana dopo ha autorizzato l’Ucraina a usare i missili Usa a lunga gittata per colpire l’interno del territorio russo. Passata un’altra settimana ha autorizzato la consegna all’Ucraina delle mine antiuomo, quelle che un Trattato (detto anche Convenzione di Ottawa) firmato da 164 Paesi (ma naturalmente non dagli Usa) ha bandito perché distruttive del futuro dei Paesi dove vengono usate.
Adesso, non contento, Biden sta facendo pressioni sull’Ucraina affinché abbassi l’età della chiamata alle armi: da 25 anni a 18. Chiedendo in sostanza a Zelensky di mandare i liceali a morire al fronte. Di portare a Kiev le richieste della Casa Bianca si è incaricato il pallido Antony Blinken, l’ennesimo figlio dell’Europa dell’Est chiamato a coordinare la politica estera Usa, con i bei risultati che abbiamo sotto gli occhi.
Non dimentichiamo la ciliegina sulla torta. Mentre manda a morire la gente, ucraina o russa non importa, Joe Biden concede la grazia presidenziale “piena e incondizionata” al figlio Hunter, un coglione senza pari che si era fatto sistemare in una compagnia petrolifera ucraina a 50 mila dollari al mese quando il caro babbo era l’inviato speciale di Obama per l’Ucraina, consumatore abituale di droghe, sotto processo per aver mentito al momento dell’acquisto di un’arma da fuoco (dichiarando, appunto, di non consumare droghe) ed evasore fiscale confesso per 1,4 milioni di dollari tra il 2016 e il 2019.
Non la grazia a uno dei tanti galeotti che aspettano da anni l’iniezione letale nel braccio della morte, per dire. La grazia a un bamboccio viziato che ha avuto la fortuna di nascere nella famiglia di un potente.
Nessuna delle decisioni di cui sopra, come gli analisti politici e gli esperti militari di tutto il mondo hanno spiegato in lungo e in largo, ha il potere di modificare l’andamento della guerra, che volge a sfavore dell’Ucraina. Non i contractor (peraltro da lungo tempo già presenti sul campo di battaglia), non i missili a lunga gittata, non le mine. E tantomeno i ragazzini mandati a combattere senza preparazione né addestramento. Però possono prolungarla, la guerra, e intanto renderla ancora più cruenta e distruttiva. Senza comunque cambiarne l’esito.
Il che rivela il vero scopo dell’impegno americano a favore di Kiev.
Detto in parole povere: gli Usa di Biden non hanno mai cercato di far vincere all’Ucraina questa guerra. A loro, degli ucraini, non frega niente. Se così non fosse, tutte queste belle misure dell’ultimo momento le avrebbero prese due-tre anni fa, e avrebbero subito inviato i carri armati Abrams o i caccia F-16, che ora concludono poco perché non c’è stato tempo di addestrare i piloti ucraini.
No. Agli Usa di Biden interessa solo usare gli ucraini per tenere impegnata la Russia di Vladimir Putin, recarle del danno militare ed economico, e soprattutto staccarla dall’Europa, in modo che la nostra povera UE sia ridotta come sappiamo: con una crisi industriale ed energetica come mai si era vista prima e una debolezza politica che fa persino tenerezza.
Possiamo serenamente immaginare che cosa direbbero i padri fondatori, da Altiero Spinelli a De Gasperi, Adenauer e Schumann se potessero vedere all’opera la signora von der Leyen...
E di tutto questo fa parte anche l’idea di mandare al macello una generazione di giovanissimi ucraini per guadagnare qualche mese di ulteriori difficoltà alla Russia, mentre è alle porte (20 gennaio l’insediamento) un nuovo Presidente come Trump che in ogni caso, pur essendo difficile credere a un suo tocco magico, ha già manifestato l’intenzione di tentare una soluzione negoziata.
Forse ci eravamo sbagliati, all’inizio. Tutto questo è molto più che osceno.
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