“Abbiamo appena completato il più professionale dei round di negoziati”. Così ha affermato il ministro degli Esteri di Teheran, Abbas Araghchi, alla conclusione dei colloqui tenutisi ieri a Roma. Era il quinto incontro sul nucleare iraniano tenuto con gli Stati Uniti, a cui si è giunti con molti dubbi sulla possibilità di un accordo tra i due paesi.
Il repentino cambio di rotta dell’amministrazione Trump, che si era si rimangiata la disponibilità ad accettare l’arricchimento di uranio per scopi civili da parte di Teheran, aveva spinto le autorità della Repubblica islamica a ricordare come quella fosse l’unica linea rossa imprescindibile, con un nucleare civile sviluppato secondo i trattati internazionali in merito.
Il convitato di pietra sionista sui colloqui si era già palesato nelle dichiarazioni dell’intelligence statunitense, raccolte e diffuse dalla CNN. Ieri si è presentato direttamente a Roma, con il direttore del Mossad, David Barnea, e il ministro degli Affari strategici di Tel Aviv, Ron Dermer, che hanno incontrato Steve Witkoff, inviato speciale Usa per il Medio Oriente, prima delle trattative con l’Iran.
Negli scorsi giorni, Teheran aveva reso nota la volontà di concedere ulteriori ispezioni internazionali negli impianti nucleari del paese, nel tentativo di mostrare la propria disponibilità a trovare un punto di incontro. Allo stesso tempo, però, aveva messo in chiaro che qualsiasi minaccia israeliana agli interessi iraniani avrebbe avuto ripercussioni anche sui colloqui con Washington.
Il ministro degli Esteri Araghchi aveva infatti inviato una preoccupata, ma netta lettera alle Nazioni Unite, in cui sottolineava come, nel caso di un attacco ai siti nucleari della Repubblica islamica da parte del regime sionista, Teheran avrebbe ritenuto responsabile anche il governo degli Stati Uniti, che vogliono limitare – solo per difficoltà di gestione – il caos che Tel Aviv sta creando in tutto il Medio Oriente.
A quanto pare, la mediazione dell’Oman è riuscita ancora una volta a sbloccare la situazione. Stando alle informazioni diffuse, una proposta omanita, di cui però non sono stati offerti dettagli, sarebbe stato il terreno su cui il dialogo tra Iran e Stati Uniti è rimasto vivo. E nonostante Witkoff abbia dovuto lasciare i colloqui in anticipo per altri impegni, il confronto è continuato con serietà.
Ad ogni modo, più di un analista ha sottolineato come anche le parole di Trump, che ha minacciato attacchi se non verrà raggiunto un accordo, abbiano irrigidito la situazione. Sembra inoltre che la Casa Bianca abbia tentato di tagliar fuori dalle trattative anche i paesi europei, di cui inizialmente era prevista la partecipazione: secondo Abolfazl Zohrehvand, membro della Commissione per la sicurezza nazionale del parlamento iraniano, Washington avrebbe posto il veto.
Da Teheran, la ricercatrice in relazioni internazionali Fatemeh Sayahi ha dichiarato a Shafaq News che il nucleare è diventata una questione di difesa di “sovranità e identità politica dell’Iran”. La studiosa ha aggiunto: “l’Iran ritiene che ricostruire le infrastrutture sia più facile che perdere la capacità stessa. Conoscenze e competenze non possono essere bombardate. Preservare la capacità tecnica è l’ultima linea di deterrenza strategica”.
Non si è ancora giunti a nessuna conclusione definitiva e un accordo rimane dunque fortemente in bilico. Ricordiamo inoltre come elemento fondamentale per la riuscita di questi colloqui sia la cancellazione di alcune sanzioni statunitensi all’Iran. Il fallimento dei colloqui potrebbe avvenire gradualmente, così come graduale potrebbe essere un’escalation con Teheran.
Va tuttavia sottolineato che Araghchi ha enfatizzato il fatto che ora gli States hanno dato prova di comprendere meglio le posizioni della Repubblica islamica, ma ha anche detto che la faccenda rimane troppo intricata perché venga risolta in pochi round diplomatici. E siamo già ben oltre i tempi che Trump aveva indicato per raggiungere un’intesa.
Per ora il dialogo tra Iran e Stati Uniti è salvo, ma è evidente che o raggiunge una base condivisa in breve tempo, da cui poi magari proseguire su aspetti più tecnici (già comunque trattati negli scorsi incontri), oppure sarà stato uno sforzo a vuoto.
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