Tra un’intervista concessa a Il Tempo e un documento riservato che Il Messaggero avrebbe avuto l’opportunità di visionare, sui media nostrani è stata delineata l’immagine della Difesa che il ministro Crosetto vuole proporre al summit NATO del 24-26 giugno, a L’Aja. Una Difesa Europea in cui l’Italia si impegni ancora di più, ma che rimanga incardinata nell’alleanza atlantica.
Primo punto: servono altri dieci miliardi. Poco tempo fa Crosetto e Tajani si sono fregiati di aver raggiunto il 2% del PIL in spese militari, ma è stato subito evidente a tutti che il conteggio è stato fatto inserendo una serie di voci che riguardano il settore della sicurezza in generale. Insomma, il target richiesto dalla NATO sin dal vertice gallese del 2014 è ancora lontano.
Anche se le spese per la sicurezza, che riguardano anche le forme moderne della guerra ibrida, dovrebbero entrare nei nuovi obiettivi che verranno discussi all’Aja, è chiaro che il Bel Paese deve trovare ancora una massa enorme di risorse per la difesa. Sotto questo aspetto, Crosetto punta molto anche sull’impegno strategico della UE per la costruzione di una Difesa Europea.
Oltre ai piani già varati da Bruxelles e al formato E5, che riunisce in maniera informale Italia, Francia, Germania, Polonia e Regno Unito – per creare una configurazione davvero continentale del complesso militare-industriale – “l’Italia ha proposto, anche in ambito UE, una sorta di ‘Patto europeo per la difesa’ che preveda impegni comuni, incentivi finanziari e un maggiore coordinamento industriale”.
Roma si fa quindi promotrice attiva della trasformazione della UE in una grande economia di guerra, passaggio che serve anche a tentare di dare fiato all’industria in crisi. La giustificazione e, paradossalmente, il modello è l’industria bellica della Russia, che nel 2023 ha speso, dice Crosetto, ben il 6,7% del PIL nel settore militare.
“Ma il dato forse più allarmante – ha aggiunto il ministro – è la dimensione dell’apparato militare bellico che riguarda i soldati. Mosca sta reclutando altri 300.000 soldati, portando gli effettivi delle Forze Armate a 1.600.000 militari attivi e l’obiettivo di espandere la riserva mobilitabile fino a 5 milioni di persone”.
Sul tema Crosetto vuole che anche l’Italia si adegui, e ha delineato le ipotesi che il suo dicastero sta vagliando: “non intendiamo tornare al modello del Novecento (della leva, ndr) ma occorre ragionare su un modello parallelo alle forze armate professioniste, sempre e solo volontario, ma moderno, flessibile e aperto a entrambi i sessi”.
Il politico di Fratelli d’Italia ha presentato, ad esempio, l’idea di un ‘Servizio alla Repubblica’ che duri 6 o 9 mesi, con una componente militare ma anche una civile, seppur fortemente connessa agli interessi di sicurezza. Il documento che sarebbe in discussione presso il ministero della Difesa riguarderebbe in particolare il riassetto della riserva selezionata.
Si tratta, in sostanza, di formare un nuovo corpo che, stando alle indiscrezioni sulle prime indagini effettuate tra i vari rami delle forze armate dovrebbe contare circa 10 mila uomini, e che dovrebbe essere formato per lo più da ingegneri, informatici, da quei professionisti che possono svolgere importanti mansioni legate alla cybersicurezza e alla guerra ibrida.
Porte aperte ai civili, che verrebbero così sempre più inquadrati in una cornice di militarizzazione crescente della società. Per Crosetto “un tale sistema rafforzerebbe la coesione nazionale, la resilienza dello Stato e potrebbe offrire formazione, competenze e opportunità di carriera per i giovani”.
Ecco la risposta alla crisi di prospettive delle giovani generazioni: non un lavoro che non sia sottopagato, non servizi pubblici, non alta formazione e ricerca finalizzata al miglioramento delle condizioni generali della collettività, ma un posto in prima fila nella guerra mondiale ventura.
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