Una cosa è recitare la parte del “cane pazzo” per qualche settimana e contro un nemico limitato, tutt'altra è agire da cane pazzo sempre e nei confronti di tutto il mondo.
La tattica elaborata da Moshe Dayan permetteva ad Israele di agire fuori da ogni diritto internazionale in occasioni circoscritte (contro la Siria di Assad o l’Egitto di Nasser e poi di Sadat, in genere, contro i palestinesi sempre), per poi tornare – o fare finta – nel consesso dei paesi “presentabili”.
Quel tempo è finito. Il genocidio a Gaza, l’annessione di fatto della Cisgiordania, quella di altri territori siriani, le minacce esplicite di attacco all’Iran, già testimoniavano di uno Stato e un governo fuori controllo (anche da parte statunitense) e contro tutto il mondo.
La sparatoria contro il gruppo di diplomatici di una trentina di paesi che stava visitando Jenin – tra cui il viceconsole italiano a Gerusalemme, Alessandro Tutino – ha chiarito in via definitiva che per Israele non esiste più alcun limite.
O perlomeno che le sue forze militari ormai sono composte da esaltati suprematisti davvero convinti che “dio sta dalla loro parte” e che tutti i “gentili” possano essere colpiti se ti gira l’uzzo di farlo. È escluso infatti che il gruppo, ovviamente ammesso alla zona dopo tutte le procedure diplomatiche e di sicurezza contrattate con l’esercito israeliano, potesse essere scambiato con “un pericolo imminente”.
Le giustificazioni del gesto, le minimizzazioni (“hanno sparato in aria”), sono ancora peggiori del fatto. Specie guardando i video – girati dagli stessi diplomatici occidentali! – in cui si vedono chiaramente i soldati di Tel Aviv mirare ad altezza d’uomo in direzione della delegazione.
La politica disumana del governo Netanyahu ha raggiunto livelli tali da risultare intollerabile per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, al punto che gli stessi governi complici dell’Occidente neoliberista sono ormai costretti a stigmatizzare – con molta cautela e senza prendere alcuna misura concreta, ci mancherebbe – il comportamento dello stato sionista e genocida.
Era di fatto inevitabile che l’indignazione generale si traducesse in gesti anche individuali di reazione, visto che gli Stati si rifiutano di prendere qualche decisione minimamente considerabile “giusta ed efficace”.
Ieri sera a Washington un giovane ispano-americano, tale Elias Rodriguez, ha aperto il fuoco contro un gruppo di funzionari dell’ambasciata israeliana nei pressi del museo ebraico, uccidendone due. Non sappiamo se l’autore del gesto fosse a conoscenza del loro ruolo, ma appare quanto meno strumentale farlo derivare da un presunto “antisemitismo” (come si è affannato a dichiarare persino Donald Trump).
Quel che avviene da oltre un anno e mezzo a Gaza e in Cisgiordania è sufficiente a nutrire una consapevolezza antisionista che durerà per decenni. E se qualcuno ancora fatica ad orizzontarsi tra antisionismo, antisemitismo e antiebraismo, può sempre recuperare le distinzioni fondamentali espresse anche qui.
Anche il comportamento dell’arrestato è completamente diverso da quello di un “terrorista”. Dopo aver sparato, infatti, invece di fuggire è entrato nel museo così stravolto da essere scambiato per un testimone del duplice omicidio; ed ha atteso per circa dieci minuti l’arrivo della polizia. Quando è stato infine ammanettato avrebbe dichiarato – ma sono per ora solo voci difficilmente controllabili – di averlo fatto “per Gaza”.
Appare abbastanza chiaro dunque che si tratta di un gesto “non professionale”, compiuto da una persona emotivamente sconvolta dal genocidio trasmesso in diretta. Ma proprio questa “casualità” non organizzata dice quanto Israele sia ormai vissuto come un mostro intollerabile per l’umanità sans phrase.
Ed è anche chiaro che più le autorità occidentali, e lo stesso governo di Tel Aviv, insisteranno sul tasto ormai squalificato dell’“antisemitismo”, tanto più quella retorica bugiarda finirà per diventare un rischio per gli ebrei di tutto il mondo.
Ha insomma pienamente ragione chi dice che è Netanyahu e il suo governo la prima fonte di diffusione dell’“antisemitismo”, perché il loro sforzo di equiparare “Stato genocida di Israele” ed “ebrei innocenti” è troppo strumentale per essere ancora credibile.
Fermare il genocidio è la più urgente ed efficace misura di sicurezza per proteggere gli innocenti.
P.S. La conferma di quanto andiamo dicendo arriva direttamente dalle criminali parole spese dal ministro degli esteri israeliano, Gideon Sa’ar: “Esiste un filo diretto che collega l’incitamento antisemita e anti-israeliano all’attentato a Washington. Questa istigazione viene praticata anche da leader e funzionari di molti Paesi e organizzazioni internazionali, soprattutto europei. Le calunnie sul sangue, sul genocidio, sui crimini contro l’umanità e sull’uccisione di neonati hanno spianato la strada proprio a tali omicidi. Ecco cosa succede quando i leader del mondo si arrendono alla propaganda terroristica palestinese e la servono”.
In pratica, chiunque critichi il governo di Israele “incita” il terrorismo. E riconoscere la verità sul genocidio e il resto, sarebbe “una calunnia”. Come può pretendere certa gente di “conquistare i cuori” del mondo?
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