È impressionante – e altrettanto vergognoso – il doppio standard utilizzato per categorizzare dei soggetti a secondo delle convenienze politiche.
Per anni nel nostro paese sono stati criminalizzati e perseguiti coloro che andavano a combattere in altri paesi. Prima venivano definiti mercenari, poi più elegantemente contractors, infine foreign fighters.
Ma con la guerra in Ucraina e la diffusione della propaganda bellicista a sostegno del regime di Kiev, anche queste figure – come avvenuto per i neonazisti del Battaglione Azov – vengono avvolti in velo di glorificazione.
È il caso di altri due italiani che risultano uccisi sul fronte ucraino dopo essersi arruolati nelle milizie internazionali che affiancano le forze armate di Kiev.
Si tratta di Manuel Mameli, 24 anni, originario di Cagliari, e Antonio Omar Dridi, 33 anni, nato a Palermo.
In questo caso li abbiamo sentiti definire come “volontari”, “combattenti” o più semplicemente “italiani”. Nessuna delle categorie stigmatizzanti spesso utilizzate fino ad oggi è stata utilizzata.
Eppure sappiamo che chi ha combattuto insieme ai curdi nel Rojava sta passando i suoi guai, così come chi ha combattuto in Donbass ma a fianco delle repubbliche indipendentiste. Sicuramente sono stati perseguiti coloro che si sono recati a combattere in Siria nelle milizie jihadiste. Figuriamoci poi se scoprissero che qualche italiano combatte insieme ai palestinesi. Anzi, in quest’ultimo caso si continua – al contrario – a consentire che cittadini italiani combattano regolarmente nelle forze armate israeliane senza alcun problema legale.
Con gli ultimi due morti salgono così a sette gli italiani uccisi sui due lati del fronte della guerra in Ucraina. La prima vittima è stato nel 2022 Edy Ongaro, 46 anni, originario di Portogruaro (Venezia). Con il nome da battaglia ‘Bozambo’, combatteva insieme alle forze delle repubbliche indipendentiste di Lugansk e Donetsk. A settembre dello stesso anno è la volta di Benjamin Giorgio Galli, un 27enne originario di Varese, morto dopo essere rimasto ferito in battaglia combattendo insieme alle forze armate ucraine contro quelle russe.
Un mese dopo viene ucciso nel Donetsk Elia Putzolu, 27 anni, nato a Roma e cresciuto in Toscana, schierato con le repubbliche indipendentiste del Donbass contro le forze armate di Kiev.
Nel novembre del 2024 viene data la notizia della morte di Angelo Costanza, 42 anni, di Favara ma residente in Belgio, che si era arruolato nell’esercito ucraino. Ma sulla sua sorte rimane un interrogativo perché secondo alcune fonti sarebbe stato catturato. Lo stesso mese muore Massimiliano Galletti, 59 anni, ufficialmente non era un foreign fighter, ma svolgeva servizio volontario di assistenza ai combattenti ucraini al fronte.
Cosa dice la legge italiana in proposito?
Un cittadino italiano non può unirsi a una legione straniera che si trova all’estero per partecipare a una guerra che ritiene giusta. È illegale anche se l’adesione avviene gratuitamente, cioè senza ottenere un compenso, come accade invece per i mercenari.
È ugualmente illegale arruolarsi formalmente in un altro esercito diverso da quello italiano. Ciò è possibile solamente dietro specifica autorizzazione del Governo.
In pratica, non solo non si può partire come foreign fighters per combattere accanto all’esercito regolare di un altro Stato, ma è illegale anche farne parte, cioè diventare un militare riconosciuto all’interno di un esercito straniero. Perché ciò avvenga, il Paese straniero dovrebbe chiedere all’Italia il permesso di reclutare soldati. Ecco, forse il problema, sia nel caso dell’Ucraina che di Israele, sta proprio in questa “zona grigia”.
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