Il generale Luciano Portolano, capo di Stato maggiore della Difesa, è intervenuto in audizione alla Commissione Difesa della Camera, lo scorso mercoledì. Le sue parole hanno evidenziato due elementi fondamentali del prossimo riarmo in cui si è imbarcata la UE: per l’Italia, si tratta dello sviluppo di un proprio Iron Dome, e per la dimensione continentale è l’istituzione di un comandante unico europeo.
La dotazione di un avanzato scudo missilistico è indicata dal militare come una priorità. Egli ha infatti sottolineato che “esistono dei sistemi di difesa aerea, ma non abbiamo un sistema di copertura totale, sia sulla parte nazionale, ma soprattutto quando andiamo a guardare in maniera più estesa l’area di responsabilità della NATO, con riferimento ai paesi del fianco sud dell’alleanza”.
La minaccia principale è ancora indicata nella Russia, a cui vengono affiancati tutti quei paesi che sono definiti come ‘sistemi autoritari’, in primis Iran e Corea del Nord. Nel confronto con Mosca, il sostegno all’Ucraina viene ribadito come una “nobile missione”, ma viene anche posta l’attenzione sull’esaurimento delle scorte di munizioni negli arsenali occidentali.
Per Portolano, riguardo al nodo dei proiettili, ha detto che “dipende da due fattori: la capacità di spesa che ho per poter acquisire munizionamento, ma essenzialmente è la capacità di produzione di chi poi mi deve garantire questo munizionamento, dunque la capacità di produzione delle aziende”.
Il discorso del generale rimanda, dunque, a un orizzonte della difesa che non si ferma all’Italia, ma che deve essere compreso dentro la difesa collettiva individuata nella NATO, e nel ruolo che l’Italia gioca nel Mediterraneo allargato. Riguardo alla cornice euroatlantica, però, Portolano evidenzia come la fase sia cambiata, e come il riarmo e l’economia di guerra europei assumano un peso nuovo.
Parlando dell’Esercito, egli afferma che di certo le forze italiane sono abituate a quelle che chiama “missioni di peacekeeping” (operazioni di guerra asimmetrica), ma il conflitto in Ucraina ha dimostrato come sia necessario sviluppare nuove capacità di difesa e deterrenza. E che fino a oggi queste erano garantite dagli Stati Uniti, ma non sarà più così.
L’alleanza atlantica rimane un pilastro imprescindibile, ma è necessario un compiuto complesso militare-industriale europeo per far fronte alle esigenze belliche di una UE che vuole assumere maggiore autonomia strategica, e dotarsi di tutti gli strumenti necessari a diventare un attore geostrategico credibile. A partire dai nodi riguardanti un esercito europeo.
“Se vogliamo essere efficaci nell’ambito della difesa europea – ha detto Portolano – in modo complementare rispetto alla Nato, dobbiamo realizzare una struttura di comando e controllo che oggi non esiste”, e per questo bisogna istituire “la figura di un comandante unico europeo che sia il referente a livello politico, sulla base di quella che dovrebbe essere la politica estera, la politica di difesa del continente europeo”.
È questa la proposta che rende tutto più complesso, ovvero la questione di un comando unificato di una realtà che non è ancora nemmeno una confederazione, e in cui è difficile immaginare un referente militare unico tra 27 paesi membri. Tuttavia, da poco la UE ha fatto passi avanti su di un primo nucleo di una forza armata comunitaria.
Non solo il sonno della ragione, ma anche la crisi e la competizione globale generano mostri, e la UE armata ha già superato precedenti tabù: manteniamo l’attenzione alta, perché potrebbe superarne anche su questo lato.
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