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23/05/2025

La UE trova i soldi per il riarmo e vara la Forza di Dispiegamento Rapido

Il 21 maggio gli ambasciatori dei paesi membri dell’Unione Europea hanno trovato l’accordo sul Support for Ammunition and armaments production Framework. Il SAFE è uno dei pilastri del Readiness 2030, ovvero il piano di riarmo e di difesa comune che ha lanciato la Commissione Europea. L’approvazione definitiva avverrà il prossimo 27 maggio, al Consiglio Affari Generali.

Tramite il SAFE, saranno erogati prestiti fino a 150 miliardi di euro, garantiti dal bilancio europeo. L’importanza di questo programma è nel fatto che, tolta la maggiore libertà fiscale accordata tramite le clausole di salvaguardia sulle spese per la difesa, di cui si può avvantaggiare maggiormente la Germania, il SAFE rivoluziona davvero il quadro del complesso militare-industriale europeo.

Lo rivoluziona nella misura in cui i suoi prestiti sono pensati per incentivare la produzione bellica integrata a livello europeo, per favorire le forniture interne al Vecchio Continente, per stimolare il “Buy European” e ridurre le dipendenze dall’estero. Insomma, è lo strumento appositamente pensato per sviluppare una maggiore autonomia strategica e militare della UE.

In ogni caso, attraverso i prestiti del SAFE Bruxelles punta a costruire un impianto davvero continentale di difesa, che tenga dentro tutti coloro che sono associati alla UE sul piano economico. Infatti, i fondi verranno affidati a quei progetti in cui almeno il 65% del valore del sistema d’arma è prodotto in uno stato della UE, dello Spazio economico europeo o anche dell’Associazione europea di libero scambio.

Eleggibili in questo 65% sono poi anche altri partner di rilevanza strategica: vi è già stata inserita l’Ucraina, come era stato annunciato e promesso, mentre la lista potrebbe allungarsi con Regno Unito, Norvegia, Corea del Sud e Giappone sulla base di accordi bilaterali che dovranno essere stipulati.

Salta certamente all’occhio come non compaiano gli Stati Uniti, le cui produzioni collegate finiranno dunque nel 35% di valore rimanente. Un evidente segnale per cui l’architettura della difesa europea è pensata in relazione a sfide globali (come quelle dell’Indo-Pacifico), ma nettamente in autonomia, anche se non in opposizione, agli interessi di Washington.

Del resto, con il SAFE la UE chiede pure alle sue aziende di mantenere la “autorità di progettazione” dei sistemi acquistati: una misura pensata per proteggersi dal “kill switch”, ovvero dal meccanismo con cui il fornitore può disattivare persino a distanza l’operatività dei prodotti venduti, tema che era finito all’attenzione dei media proprio con alcuni aerei di fabbricazione statunitense.

I settori che rappresentano una priorità per i finanziamenti SAFE sono quelli della guerra contemporanea, così come è stata sperimentata in Ucraina e in Medio Oriente: munizioni e difesa aerea, certo, ma anche sistemi anti-droni, guerra elettronica e mobilità militare. Devono essere almeno due i paesi coinvolti nei progetti, che dovranno essere presentati entro due mesi dall’approvazione definitiva del fondo.

Accanto a questo grande passo per la definitiva cementazione di un sistema industriale della difesa davvero europeo, è passato un poco più in sordina il via libera dato a un altro strumento a lungo dibattuto, che rappresenta pienamente la volontà comunitaria di proiezione verso mire imperialistiche continentali: il contingente di ‘Capacità – o Forza – di dispiegamento rapido dell’UE’, denominato RDC.

Si tratta del primo nucleo di un esercito europeo, un contingente di 5 mila soldati che ha raggiunto la piena operatività già all’inizio del 2025 e ora ha ricevuto il sostegno politico dei ministri della Difesa e degli Esteri dei membri UE, come ha annunciato Kaja Kallas martedì sera. La politica estone ha affermato che “questo permetterà all’Europa di agire più rapidamente quando scoppiano le crisi”.

È bene essere precisi: si tratta infatti di un’unità militare pensata appositamente per operazioni specifiche, secondo piani già definiti nella Strategic Compass europea del 2022. La funzione affidatagli è in particolare quella di interventi di salvataggio ed evacuazione in aree di conflitto all’estero, o quella di fornire aiuti umanitari e soccorsi in caso di disastri.

I paesi europei devono approvare, di volta in volta, il dispiegamento del RDC, un percorso ovviamente complesso e farraginoso. Ma si tratta comunque di un salto di qualità importante nella capacità di proiezione militare di Bruxelles, soprattutto se si considera la facilità con cui, nella narrazione occidentale, ‘crisi’, ‘disastri’ e ‘missioni umanitarie’ diventano occasioni di intervento armato arbitrario.

Non a caso, per alcuni un primo teatro per il dispiegamento del RDC potrebbe essere proprio l’Ucraina, nell’eventualità dell’imposizione di un cessate il fuoco, seppur sia una possibilità piuttosto controversa. Ad ogni modo, la velocità con cui la UE si avvia a strutturare una propria architettura militare a 360 gradi è preoccupante, e va combattuta con indipendenza rispetto a coloro che fino a oggi si sono fatti promotori di tale deriva bellicista.

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