Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni

27/05/2025

Potere al Popolo: “infiltrati e spiati dalla polizia per 10 mesi”

Il portavoce nazionale di Potere al Popolo, Giuliano Granato, ha spiegato alla testata giornalistica Fanpage.it che per 10 mesi la polizia ha spiato le attività del partito, attraverso un giovane infiltrato nelle sue fila. Una notizia importante, che squarcia il velo di falsità intorno a un paese che ha più poco delle democrazie, e può essere ormai tranquillamente definito in tutto e per tutto una ‘democratura’.

L’agente sotto copertura è un giovane di 21 anni, che seguiva le attività di Potere al Popolo Napoli, a cui si era presentato come studente fuori sede proveniente dalla Puglia. Non ha mancato nemmeno vari appuntamenti nazionali, ma il suo comportamento ha insospettito i militanti del partito, che hanno deciso di svolgere alcune verifiche.

Una rapida ricerca su internet ha permesso di trovare facilmente notizie sulla sua assunzione in Polizia, con tanto di data di nascita e punteggio ottenuto alla fine del corso. Proveniente da una famiglia con vari componenti appartenenti alle forze dell’ordine, la sua entrata in servizio è avvenuta nel 2023.

Per fugare ogni dubbio su possibili omonimie, gli attivisti di Potere al Popolo sono andati a controllare anche le amicizie social del giovane, e su altri profili hanno avuto la prova dei loro timori: anche questi contatti erano poliziotti, e avevano foto del giovane infiltrato durante il giuramento in Polizia, ma anche durante feste e incontri svolti rigorosamente in divisa.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata quando, lo scorso primo maggio, dopo un corteo cittadino, un membro di Potere al Popolo ha visto il poliziotto sotto copertura fermarsi a parlare per un quarto d’ora con alcune persone in giacca e cravatta dentro un ristorante. Un momento che, presumibilmente, ha visto il giovane passare informazioni alle forze dell’ordine.

A quel punto, i militanti del partito hanno deciso di confrontarsi pubblicamente con il loro presunto ‘compagno’, e gli hanno chiesto di allontanarsi da Potere al Popolo, affermando che non doveva nemmeno provare a chiedere la motivazione perché sarebbe stato un insulto alla loro intelligenza.

In effetti, bisogna dire che l’operazione sotto copertura è stata decisamente dilettantesca, dato che il nome usato era quello reale e non si è cercato nemmeno lavorato per occultare l’appartenenza del giovane alla Polizia.

Ad ogni modo, questo tentativo di infiltrazione è un segnale piuttosto preoccupante rispetto allo stato di salute della nostra democrazia e certamente i prossimi tentativi – o quelli già in corso – saranno più “professionali”.

Potere al Popolo è un partito che si presenta regolarmente alle elezioni (era presente anche alla tornata delle amministrative conclusasi ieri), che tiene incontri pubblici a cui tutti possono partecipare. Giuliano Granato ha affermato: “non abbiamo nulla da nascondere, non siamo la gioventù meloniana”.

L’infiltrazione di un partito che partecipa alla vita democratica del paese, e che in quanto tale sviluppa e rappresenta anche il conflitto sociale, vera cartina tornasole della misura in cui un sistema politico accetta e rispetta la dialettica politica, anche quando questa si fa dura, è di una gravità tale che richiede spiegazioni dal ministero dell’Interno, come ha chiesto il portavoce di Potere al Popolo.

“Questo è il segnale – ha aggiunto Granato – che lo Stato sta usando strumenti repressivi perché non tollera il dissenso, è un attentato alla democrazia che riguarda tutti e tutte”. Il nuovo decreto sicurezza che permette ai servizi segreti di guidare organizzazioni terroristiche, o il maggior coinvolgimento dell’intelligence nelle attività di ricerca universitaria vanno nella stessa direzione.

Del resto bisogna pur sapere che la pratica dell’infiltrazione sbirresca nei movimenti e nelle organizzazioni politiche di opposizione è sempre stata sistematica, anche a prescindere dal tasso di radicalità dei soggetti “attenzionati”.

Hanno in qualche modo fatto storia le operazioni dei servizi segreti inglesi contro i movimenti ambientalisti, che certo non potevano essere classificati come “sovversivi”. Così come quelle più recenti dei servizi spagnoli, che hanno alla fine spinto gli attivisti a redigere un manuale per scoprire i poliziotti infiltrati.

Un testo che forse andrebbe tradotto e studiato, se non altro per prendere consapevolezza del problema nei suoi termini concreti (senza le fisse “dietrologiche” o il “sospetto universale”) e poter adottare qualche contromisura di cautela. A partire dalla sana diffidenza/verifica verso chi si avvicina, che un tempo era l’abc per ogni frequentatore dei movimenti di massa.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento