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31/05/2025

L’incoronazione della von der Leyen col premio “Carlo Magno”

Quest’anno il Premio Carlo Magno, il massimo riconoscimento concesso a chi promuove i valori dell’unità europea, è stato assegnato alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. La consegna del premio è diventata l’occasione per perorare la causa della UE come attore strategico autonomo – stavolta indicato addirittura come indipendente – della competizione globale.

“È tempo che l’Europa si rialzi, che si stringa attorno al prossimo grande progetto europeo. E credo che la nostra prossima grande era, il prossimo grande progetto unificante, riguardi la costruzione di un’Europa indipendente”, ha detto la politica tedesca, alla presenza di Keir Starmer, del cancelliere tedesco Merz, del re di Spagna Felipe VI e altri esponenti del Vecchio Continente.

“Un nuovo ordine internazionale – ha aggiunto – emergerà ancor prima della fine di questo decennio. Se non vogliamo subirne passivamente le conseguenze – dentro e fuori i nostri confini – dobbiamo contribuire a plasmarlo. La storia non perdona né l’inazione né l’esitazione”. Le parole di von der Leyen delineano in maniera molto chiara l’orizzonte su cui ragiona Bruxelles.

Il Premio Carlo Magno è stato creato nel 1949 per valorizzare gli sforzi di riappacificazione europea dopo la carneficina della seconda guerra mondiale. Un’idea che, presa in maniera astratta, meriterebbe tutte le lodi possibili, ma che nella pratica è stato un incensare più o meno continuo la classe dirigente europea e il progetto comunitario, che scivola velocemente verso il riarmo e l’economia di guerra.

La presidente della Commissione esprime la consapevolezza che il mondo unipolare guidato da Washington va finendo, e che nella nuova configurazione multipolare che si va delineando la UE deve esprimere una posizione indipendente, anche dagli storici alleati oltreoceano. Dentro i confini, nel processo di integrazione e allargamento della comunità europea, e fuori, come potenza militare.

Il primo compito indicato da von der Leyen è “sviluppare una nuova forma di ‘Pax Europea’ per il XXI secolo, plasmata e gestita dall’Europa stessa”. Parole che ricordano in maniera inquietante il concetto di Pax Britannica, propagandata durante l’epoca vittoriana per il suo impero, mentre Londra metteva a ferro e fuoco mezzo mondo con le sue imprese coloniali.

Impiega poco tempo la politica tedesca, infatti, a passare dalla ‘pace europea’ al fatto che questa si costruisca con lo scontro muscolare con gli avversari strategici, e la Russia in primis. Questa prospettiva è sostenuta attraverso una retorica da avventurismo bellico e azionistico che si ricollega a una sorta di passato da protagonista dell’Europa.

Ma cosa significa quando von der Leyen dice che il Vecchio Continente deve “riscoprire lo spirito di audacia, azione e rinnovamento”? Riscoprirlo rispetto a quale passato? A quello del dominio coloniale, della Pax Britannica? O a quello dell’ultimo grande progetto per l’unificazione dell’Europa, per ridargli il ruolo di centralità che stava perdendo: la conquista del Vecchio Continente da parte del nazismo? 

Troppo spesso si dimentica che il nazismo rivendicava proprio tale orizzonte continentale. Lo si dimentica solo nella ‘vulgata’ ufficiale, dato che l’ex ministro dell’economia francese Bruno Le Maire disse esplicitamente: “il nazismo fu un progetto folle, pericoloso, suicida, ma era un progetto politico di cui oggi l’Unione europea è la risposta agli antipodi”. Cioè ne è speculare.

Riassumendo, rispetto alla strada che deve imboccare la UE, von der Leyen ha sostanzialmente affermato la necessità di investire massicciamente in sicurezza e difesa, di sviluppare il mercato unico, di aumentare il numero dei membri (lo sguardo è rivolto innanzitutto a Kiev), di promuovere i partenariati commerciali e l’innovazione.

Di fare tutto questo con lo scopo di rendere la UE una realtà politica a tutto tondo, una nuova potenza del mondo multipolare, indipendente e capace di determinare l’ordine globale che verrà. E di farlo usando innanzitutto le armi, e con uno spirito che si collega direttamente alla tradizione degli imperi europei, che siano quello di Carlo Magno o quelli novecenteschi.

Quelli, insomma, che hanno prodotto le due guerre mondiali...

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