Cosa è emerso dal colloquio telefonico tra Trump e Putin sul quale erano riposte molte aspettative per una tregua nella guerra in Ucraina?
Il presidente degli Stati Uniti, parlando ai giornalisti alla Casa Bianca ha ribadito di credere che Putin voglia la pace in Ucraina ed ha dichiarato di avere discusso la possibilità di un incontro di persona con il presidente della Federazione Russa.
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha commentato la telefonata affermando che i colloqui Russia e Ucraina saranno “complessi” per elaborare il testo di un memorandum su un trattato di pace e un cessate il fuoco. “Verranno formulate delle bozze sia da parte russa che da parte ucraina, queste bozze verranno scambiate e poi ci saranno colloqui complessi per elaborare un testo unico. (...) Non c’è una scadenza e non può esserci. È chiaro che tutti vogliono farlo il più rapidamente possibile, ma, naturalmente, il diavolo si nasconde nei dettagli”, ha detto Peskov.
Mentre i volenterosi guerrafondai dell’Unione Europea annunciano un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia (l’ottavo), il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato di non avere rafforzato le sanzioni alla Russia perché “abbiamo la possibilità di fare progressi” nel quadro dei negoziati per la pace. Parlando ai giornalisti nello Studio Ovale, il presidente Usa ha detto che “abbiamo una opportunità di concludere qualcosa, e una misura del genere avrebbe peggiorato la situazione”. Trump ha tuttavia riconosciuto che “potrebbe arrivare un momento” per rafforzare le sanzioni nei confronti di Mosca.
Secondo il quotidiano tedesco Handesblatt i leader europei e ucraini sono rimasti “scioccati” dopo la conversazione telefonica con il presidente degli Stati Uniti, perché Trump non intende fare pressione su Putin con le sanzioni.
Dal canto suo il presidente ucraino Zelensky, aggiornato da Trump sulla telefonata con Putin, ha assicurato che Kiev è pronta a studiare l’offerta russa su un possibile memorandum, ma ha anche ribadito che Kiev non si ritirerà dalle zone sotto controllo russo – riferendosi alle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia – condizione che era stata posta dai russi a Istanbul. Il colloquio preliminare tra Trump e Zelenski aveva lasciato immaginare una possibile svolta che, però, al momento non sembra esserci stata.
Fa discutere intanto un articolo del New York Times che è riuscito a intervistare quasi una dozzina di soldati russi per chiedere loro la loro opinione sui negoziati e su un possibile cessate il fuoco.
Secondo il NYT, ognuno dei soldati ha espresso il proprio disaccordo con qualsiasi cessate il fuoco e ha chiesto alla Russia di conquistare altre regioni dell’Ucraina, in modo che la futura generazione di truppe “non debba combattere di nuovo questa guerra”.
Undici soldati russi che combattono o hanno combattuto in Ucraina, hanno espresso profondo scetticismo nelle interviste al NYT sugli sforzi diplomatici che venerdì hanno prodotto i primi colloqui di pace diretti in tre anni, ma sono stati brevi e hanno prodotto scarsi risultati. Parlando telefonicamente, i soldati hanno affermato di respingere un cessate il fuoco incondizionato proposto dall’Ucraina, aggiungendo che le forze russe dovrebbero continuare a combattere almeno fino alla conquista di tutte e quattro le regioni ucraine meridionali e orientali rivendicate, ma solo parzialmente controllate, dalle forze armate russe.
“Siamo tutti stanchi, vogliamo tornare a casa. Ma vogliamo conquistare tutte le regioni, così da non dover lottare per ottenerle in futuro”, ha detto Sergei, un soldato russo arruolato che combatte nella regione orientale di Donetsk, riferendosi al territorio annesso. “Altrimenti, sarebbero morti tutti invano?”
Contestualmente, sul fronte ucraino, fanno discutere le dichiarazioni del comandante della 47a Brigata delle Forze armate ucraine “Magura”, Alexander Shirshin, che ha duramente criticato la leadership di Kiev e la natura dei compiti assegnati a chi combatte in prima linea. “Non ho mai ricevuto ordini così assurdi come nella zona attuale. Si tratta di perdite di personale insensate, paura di generali incompetenti e fallimenti sistemici. In cambio, solo rimproveri e sanzioni disciplinari. La realtà e la retorica politica non coincidono da molto tempo. Tutto questo è già oltre il limite”.
Secondo un noto analista statunitense al momento la modalità prevalente dei negoziati può essere paragonata al gioco delle sedie, in cui ciascuna parte sta al gioco per non rimanere senza sedia alla fine della musica. In questo caso, tutti stanno al gioco, desiderando la pace per scoraggiare le accuse di guerrafondaio, ma in realtà ogni parte ha le proprie motivazioni segrete per continuare il conflitto.
Nel caso della Russia, ha bisogno di una vittoria decisiva per evitare che il conflitto si riaccenda in futuro. Nel caso dell’Europa, ha bisogno di una Russia indebolita, tenuta costantemente sotto controllo dal giogo di sanzioni e tensioni. Gli Stati Uniti non disdegnerebbero di vedere tutte le parti indebolite a proprio vantaggio.
“Dopotutto, come si spiegherebbe altrimenti l’affermazione di Trump secondo cui il coinvolgimento degli Stati Uniti è stato un “errore”, mentre continuano a fornire armi all’Ucraina 24 ore su 24, 7 giorni su 7? Se è stato un errore, perché continuate a riempirli di munizioni?” – si domanda retoricamente l’analista noto con lo pseudonimo di Simplicius – “Gli Stati Uniti vorrebbero avere la botte piena e la moglie ubriaca: pur fingendo la pace, devono comunque tenere il coltello alla gola di entrambe le parti per mantenere la supremazia”.
L’ambizione non nascosta degli USA di sganciare la Russia dall’alleanza con la Cina dovrà tenere conto del recente incontro tra Putin e Xi Jinping in occasione delle celebrazioni per l’80° anniversario della sconfitta del nazifascismo. “Dobbiamo sventare tutti i piani volti a distruggere o minare i nostri legami di amicizia e fiducia”, ha ribadito Xi Jinping, sottolineando come i rapporti tra Pechino e Mosca non siano “diretti contro terzi”, ma restino “autosufficienti”, con radici storiche profonde e una “chiara logica” strategica. In realtà, le dichiarazioni congiunte e i riferimenti al “bullismo egemonico” internazionale – espressione con la quale vengono indicati gli Stati Uniti – disegnano un quadro in cui Russia e Cina si propongono come soggetti centrali dell’ordine multipolare, contrapposti all’unilateralismo di Washington.
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