Vista da lontano possiamo dirla così: devi essere proprio scemo a pensare un attacco del genere. Il cuore della questione non è l’inesistente “bontà d’animo” nella conduzione della guerra, sia che tu sia ucraino sia che tu sia russo.
È consaputo che in qualsiasi guerra ci si astiene – senza dirlo – dal prendere di mira il capo del governo nemico. Non perché, appunto, si debba rispettare in qualche modo l’avversario, ma per l’ottimo motivo di avere – e mantenere – un responsabile stabile con cui “interloquire”, sia pure per le vie traverse della diplomazia internazionale.
Valga come esempio. Hitler avrebbe potuto essere ucciso dai sovietici qualche tempo prima dell’assalto finale al Reichstag, ma non avvenne. Nonostante frotte di generali nazisti si affollassero a chiedere trattative “di pace” con le truppe di Stalin che – per la prima e unica volta nella storia – portavano i russi nel cuore dell’Europa. Non per propria scelta e per un’ottima causa, evidentemente...
Sarà un caso, ma Zelenskij ha girato tranquillamente in tutto il suo paese, anche nelle zone al fronte, senza che ci sia mai stata una voce su un possibile attacco nei suoi confronti.
È arrivata insomma come un fulmine in un cielo già plumbeo la notizia secondo cui, nella regione di Kursk, ossia all’interno nella Federazione Russa, l’elicottero del presidente russo Vladimir Putin sarebbe finito nell’epicentro di un attacco di droni ucraini.
A riferirlo l’ufficiale militare russo Yuri Dashkin, come riportato dall’agenzia russa Tass. Il 20 maggio Putin aveva in effetti visitato la regione e in quella data sarebbe stata oggetto di massicci attacchi da parte di droni tra il 20 e il 22 maggio. I russi riferiscono di aver abbattuto 1.177 droni durante questo periodo.
“L’intensità dell’attacco durante il volo del presidente è aumentata significativamente”. L’elicottero che trasportava Putin “si è trovato di fatto al centro della reazione a un attacco di massa”, ha detto un militare russo.
Insomma sembra chiaro che i militari ucraini hanno cercato il “colpo gobbo” che, almeno sul piano della propaganda spicciola, avrebbe dovuto rovesciare la narrazione della guerra (universalmente riconosciuta come disastrosa per Kiev).
Dal punto di vista militare, l’eventuale uccisione di Putin avrebbe cambiato poco nell’equazione bellica. Al massimo, sarebbero emersi al suo posto personaggi meno carismatici, ma altrettanto determinati a metter fine alla guerra con una schiacciante offensiva.
Non essere riusciti ad eseguire l’ennesimo – ed eclatante – “omicidio mirato” mette però Kiev in una posizione definitiva: Zelenskij non può più contare sul fatto che i russi lo vogliano vivo. Anzi... da oggi in poi c’è un nuovo “dead man walking”.
Grazie anche a Starlink (che ha certamente contribuito alle triangolazioni satellitari indispensabili a “centrare” l’elicottero del Cremlino) e ai “volenterosi” imbecilli occidentali che hanno manovrato inutilmente quei droni.
Alla fine dei giochi, c’è una sola cosa certa. Putin resta in vita e, presumibilmente, è anche parecchio incazzato. Per Zelenskij e la Nato, occupata da alcuni leader europei che non contano un tubo, è una notizia ferale. C’è un missile pronto a partire con il nome del deficiente di Kiev scritto sopra. Arriverà quando deve arrivare, né prima né dopo.
Secondo le regole...
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