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17/05/2025

Romania - Il candidato presidente Simion accusa Macron di ingerenze elettorali

“La Francia si è intromessa nelle elezioni romene”. Queste sono le parole rilasciate giovedì da George Simion, candidato dell’Alleanza per l’unione dei romeni (Aur, partito di destra) favorito per le elezioni presidenziali in Romania, per le quali è previsto il ballottaggio in questo fine settimana.

Le “tendenze dittatoriali” di Macron

In un’intervista alla televisione CNews, Simion ha accusato il presidente francese Emmanuel Macron e l’ambasciatore francese a Bucarest Nicolas Warnery di ingerenze nei confronti del processo elettorale romeno: “amo la Francia e il popolo francese, ma non mi piacciono le tendenze dittatoriali di Emmanuel Macron. La Francia si è intromessa nelle elezioni romene”, ha detto Simion.

“L’ambasciatore francese ha parlato con il presidente della Corte costituzionale romena, che ha annullato le elezioni, e ha visitato le regioni del Paese per convincere gli imprenditori a sostenere il mio avversario, Nicusor Dan”, ha proseguito il candidato presidente.

Il golpe elettorale in Romania

La Romania è stata al centro di un vero e proprio golpe elettorale “made in Ue” quando la Corte Costituzionale decise all’unanimità di annullare le elezioni presidenziali, lo scorso autunno.

Le elezioni avevano visto l’ex primo ministro socialdemocratico Marcel Ciolacu classificarsi solo al terzo posto, con vincitore a sorpresa Calin Georgescu, candidato “indipendente” finché non disturbava l’establishment europeo, poi improvvisamente diventato di “ultradestra” (come era sempre stato), ma soprattutto antieuropeista e favorevole a un processo di pace con la Federazione russa.

“Non siamo l’Iran, dove un ayatollah decide chi può candidarsi. Ma anche in Francia, alcuni giudici hanno di fatto escluso Marine Le Pen. In Romania, le elezioni sono state annullate senza spiegazioni”, ha rincarato la dose Simion.

La democrazia liberale da mettere in soffitta

Come segnalato nell’ultimo editoriale di questo giornale, la democrazia liberale per come conosciuta negli decenni in Europa sta diventando un orpello da mettere in soffitta perché impedisce al grande capitale di allocare le proprie risorse in modo profittevole e rispondere alla frammentazione del mercato mondiale, scosso dalla crisi tutta occidentale del 2007/2008 e messo duramente alla prova dalla triade pandemia (2020), fuga Usa dall’Afghanistan (2021) e intervento russo in Ucraina (2022).

“Fingete di criticare Putin, ma usate gli stessi argomenti”, ha concluso Simion, mettendo a nudo l’ipocrisia di un sistema democratico europeo oramai alla frutta, con giudici che cecchinano candidati poco graditi (il caso di Marine Le Pen in Francia), governi che si impegnano in spese multimiliardarie senza passare dai pur inutili parlamenti (riarmo europeo), restringono spazi di dissenso sociale (dl sicurezza in Italia), ecc.

Il criterio non è “ideologico”, ma strettamente politico. Non importa se sei di destra, di centro o di estrema sinistra; se non condividi la triade guerra-austerità-riarmo devi esser messo fuori gioco.

L’interesse europeo per il fronte orientale

Il fronte orientale europeo è uno dei focolai caldissimi nel riordino dei rapporti di forza internazionali, su cui crediamo si giochi il salto di qualità dell’assetto dell’Unione europea per come conosciuta da Maastricht a oggi, con i guerrafondai di ultradestra baltici elevati ai vertici della commissione (Kallas, Kubilius, ecc), e i “pacifisti” di altri paesi (gli ultradestri ungheresi e rumeni, il socialdemocratico slovacco Fitso, ecc.) messi all’indice.

L’ingerenza francese in Romania deve essere intesa in questa partita di carattere generale, così come fu quella statunitense in Ucraina ai tempi del “fuck Eu” della Nuland.

Ossia il tentativo da parte della borghesia europea, di cui Macron è un fedele rappresentate, di tenere insieme un sistema politico-economico europeo, profondamente antipopolare, la cui tenuta è “stressata” dalle molteplici crisi internazionali.

Ma che, in assenza di un’alternativa, sta scegliendo di superare la democrazia liberale per mantenere intatti, o difendere alla “bell’e meglio”, i propri interessi di classe. Quelli dei padroni.

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