La sponda sud del Mediterraneo è di nuovo in fiamme. La capitale libica Tripoli ha vissuto negli ultimi due giorni una delle fasi di scontri militari tra le più violente degli ultimi anni, con un’escalation di scontri tra le forze fedeli al Governo di unità nazionale (Gun) e la potente Forza di deterrenza speciale (Rada) guidata da Abdul Raouf Kara.
Ma, secondo quanto riporta l’Ansa, anche le truppe dell’Esercito Nazionale Libico di Khalifa Haftar, leader del governo installato a Tobruk, nella Libia orientale, si starebbero spostando da Bengasi verso ovest ossia a Sirte. Lo riferiscono fonti militari all’agenzia russa Ria Novosti. “Le colonne militari delle forze al comando del maresciallo Khalifa Haftar si stanno ora spostando da Bengasi verso Sirte”, si afferma. A quanto si apprende, diverse milizie dell’ovest libico, a cominciare da quelle di Misurata, sarebbero in stato di “massima allerta” di fronte alla possibile offensiva di Haftar.
Gli scontri sarebbero stati innescati a Tripoli da alcuni eventi nella serata di lunedì, quando è stato assassinato Abdulghani al-Kikli, comandante dell’Apparato di Supporto e Stabilità, uno dei gruppi militari che controllano la Tripolitania. A ucciderlo pare sia stato Mahmud Hamza, leader della brigata 444 e capo dell’intelligence militare dopo che milizie facenti riferimento ad Al Kikli avevano occupato le sedi di due compagnie telefoniche.
Il premier libico Dabaiba ha fatto appello alle milizie di Misurata, dove gode di un vasto appoggio. Colonne armate hanno percorso la strada litoranea dalla città costiera puntando su Tripoli ma, come si è appreso, evitando di partecipare ai combattimenti nella capitale perchè preoccupate della pressione di Haftar dall’est del paese. A fianco di Dabaiba è intervenuta anche la milizia della Brigata 444 capeggiata da Mahmud Hamza.
Nel mirino del premier Dabaiba sono finite la potente milizia Rada, che presidia anche l’aeroporto della capitale; il noto Njeem Osama Al-Masri, il capo dei gruppi armati che controllano le prigioni, specie quella di Mitiga, conosciuto in Italia per lo scandalo della sua cattura e immediata liberazione avvenuta a Torino a gennaio; e Mohammad al Hoja, anche lui capo di una milizia arricchitasi con il traffico di migranti e a sua volta leader di gruppi armati.
Secondo quanto riporta la ben informata agenzia Nova, la Rada ha avviato contatti con milizie della regione occidentale, in particolare da Zawiya, al fine di organizzare una contro-offensiva con l’obiettivo di contrastare la crescente influenza di Dabaiba, accusato di voler accentrare il potere sostituendo i vertici delle forze di sicurezza con comandanti provenienti da Misurata e Zintan. Secondo fonti locali, durante queste consultazioni sarebbe stata avanzata anche la proposta di rimuovere Dabaiba e nominarne un successore.
L’agenzia Nova riferisce che all’alba di mercoledì, la Rada ha mobilitato i propri sostenitori nei quartieri orientali di Tripoli, in particolare a Souq al Jumaa e lungo Tariq al Shatt. Alcune di queste unità sono state poi inviate verso siti militari sensibili, tra cui il complesso di al Rajma, destinato a un trasferimento pacifico. In seguito alla pressione esercitata dalla Rada, la Brigata 444 ha ordinato un ritiro tattico da due siti sensibili come la prigione e il centro dei trasporti. La Rada e l’Apparato giudiziario di sicurezza hanno quindi ripreso possesso dei siti, presentando il ritorno come una “riconquista” simbolica.
Le ostilità sono esplose immediatamente dopo, con scontri diretti tra la Rada e la Brigata 444 nelle aree di Maqarr al Naqliyya, Ras Hassan e nei pressi del club Nadi al Ittihad. I combattimenti si sono protratti per tutta la notte, con la Brigata 444 che ha mantenuto le proprie posizioni rispondendo al fuoco nemico.
All’alba di mercoledì la situazione si era ulteriormente aggravata con l’entrata in campo delle milizie delle Brigate 111 e 166 che hanno lanciato attacchi coordinati contro le postazioni della Rada nella zona di Ghiran. Le forze allineate al governo di Tripoli hanno superato Funduq al Mahari, mentre la Brigata 444 è avanzata nuovamente da Ras Hassan. Sotto la pressione congiunta, la Rada si è ritirata verso Mitiga, mantenendo tuttavia posizioni attive nei quartieri orientali, in particolare a Tariq al Shok, Dawwar ‘Awdat al Hayat e al Istiraha al Hamra. In questo frangente, la milizia ha chiesto un cessate il fuoco umanitario temporaneo per evacuare civili dall’area attorno all’aeroporto di Mitiga.
Nel frattempo, sono riapparse in scena alcune unità precedentemente smobilitate dell’ex Apparato di supporto alla stabilizzazione (Ssa) di Abdulghani Kikli ucciso lunedì, tra cui gruppi armati guidati da Shalfouh, Osama Tellish e fazioni fedeli ad Al Madghouta. Alcuni di questi elementi, operativi da Mitiga, avrebbero tentato di riguadagnare terreno ad Abu Salim, spingendosi fino all’area di Riqata.
Nella notte, un’inedita coalizione di milizie provenienti da Zawiya, tra cui i gruppi di Mohamed Bahroun al Far (il “Topo”), Mohamed Sifaw, Othman Lhab e Mahmoud Ben Rjab, si è mobilitata in direzione di Sayyahiya. Secondo fonti di Agenzia Nova, l’obiettivo era duplice: riacquistare centralità nello scenario bellico e alleggerire la pressione esercitata sul fronte est da parte delle forze filogovernative. Non si escludono nuovi scontri con unità Zintan già schierate nell’area.
Emblematicamente le principali milizie armate di Misurata hanno evitato di intervenire direttamente nelle operazioni. Secondo quanto appreso da Nova, la scelta sarebbe legata al timore di movimenti offensivi da parte dell’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar – che guida l’altro governo libico a Tobruk – e ad un dissenso strategico rispetto all’approccio accentrante di Dabaiba. Tale prudenza riflette la volontà di mantenere autonomia politica in vista di un possibile nuovo assetto di potere.
Nella mattinata mercoledì, su pressione della popolazione e di alcuni notabili di Zawiyat Dahmani, Ben Ashour, Jraba e Tariq al-Shatt, è stato raggiunto un cessate il fuoco temporaneo. Il rischio di una deriva incontrollata ha spinto diversi attori a moderare l’azione, almeno per ora, evitando un nuovo collasso del fragile equilibrio a Tripoli.
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