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07/07/2025

Musk in politica, come un Calenda qualsiasi

Dal punto di vista dello spettacolo il plot c’è tutto: Elon Musk critica Donald Trump per la sua Big Beautyful Bill – la “legge finanziaria” Usa, con una espansione monstre del debito – e fonda un nuovo partito.

Sul piano politico, invece, la notizia appare stantia. Con gli occhiali di 30-40 anni fa, quando il “difensore dei consumatori” Ralph Nader, o il miliardario Ross Perot, fecero il tentativo di rompere il ferreo bipolarismo statunitense proponendosi con un terzo partito.

Entrambi fallirono, com’è noto, perché “il sistema” politico Usa è disegnato apposta per limitare a solo due le proposte politiche, sostanzialmente simili o addirittura coincidenti (i “neocon”, inizialmente nati in ambito repubblicano, hanno poi informato anche l’establishment democrat, da Clinton a Obama e Biden).

E questa è stata la prima osservazione critica avanzata da Trump e dal mondo “Maga”: “Il sistema non è stato fatto per tre partiti. L’unica cosa a cui servono i Terzi Partiti è la creazione di CAOS...”

A vedere le dichiarazioni sugli obiettivi eventuali dell’“America Party” – il nome scelto per la nuova formazione – Musk sembra esserne perfettamente consapevole. D’altro canto non è nato negli Usa, e quindi non si potrebbe neanche candidare per la Casa Bianca. Ma ha la cittadinanza da abbastanza tempo per candidarsi alla Camera o al Senato. Nel suo primo tweet da “leader” è stato davvero esplicito: «Basterebbe concentrarsi sulla conquista di due o tre seggi al Senato e di otto-dieci alla Camera». Più un guastatore Calenda o un Renzi, insomma, che non un eversore della politica politicante che punta al bersaglio grosso... 

Ma chiaramente il tempo non passa invano e il capitalismo statunitense, compresa la sua sfera politica, non è più quello degli anni ‘80. Il neoliberismo ha eroso profondamente il rapporto tra “pubblico” e “privato”, favorendo la selezione delle politiche pubbliche più consone allo sviluppo del business privato. Fino a rendere il “conflitto di interesse” pienamente legittimo, anziché un reato o qualcosa di profondamente disdicevole.

Basterebbe citare il recentissimo affarone fatto proprio da Trump con l’istituzione di una criptovaluta col suo nome in prossimità delle elezioni e del ritorno alla Casa Bianca, rastrellando centinaia di milioni di dollari per poi “sgonfiare” la bolla e scappare con l’incasso. Nemmeno Berlusconi aveva avuto una simile faccia tosta, ossia disprezzo per la “normalità democratica”... 

È lo stesso Trump a rivelare come Musk lo avesse appoggiato in campagna elettorale proprio con un obiettivo simile: «[Abbiamo] appena approvato la legge più grande del suo genere nella storia del nostro Paese. È una legge grandiosa, ma, sfortunatamente per Elon, elimina il ridicolo mandato sui veicoli elettrici che avrebbe costretto tutti ad acquistare un’auto elettrica. Mi sono opposto fermamente a questo fin dall’inizio... Ho fatto campagna su questo argomento per due anni e quando Elon mi ha dato il suo appoggio totale e incondizionato, gli ho chiesto se sapesse o meno che avrei revocato il mandato».

Il problema, insomma, non è più di tipo “morale” – se sia lecito o no fare affari privatissimi usando il massimo potere politico – ma nella riduzione della “politica” a competizione tra grandi gruppi industriali e/o finanziari per dare un boost al proprio affare particolare.

In questa dinamica, alla lunga, scompare lo Stato come “comitato d’affari della borghesia”, mentre resta un apparato amministrativo-militare a disposizione di chi riesce a prenderne il timone, magari solo per sbarazzarsi dei concorrenti.

Ma scompare anche “l’interesse nazionale” che giustifica(va) tutte le varianti del “siamo tutti nella stessa barca” utili a compattare la popolazione facendo leva su sentimenti astratti senza alcuna corrispondenza con la realtà. E scompare, sempre più chiaramente, la capacità di formulare strategie di lungo periodo per il raggiungimento di obiettivi generali. Tutto decade a improvvisazione, interessi autocentrati, interventi spot che saranno rovesciati o implementati in modo occasionale.

Parlare ancora di “democrazia” in questo contesto è palesemente una presa per i fondelli. Lo stesso Corriere della Sera, resocontando la nuova impresa di Musk, è costretto a ricordare che “la politica americana costa”, certo più di quella di un paese periferico come l’Italia.

E fa anche i conti: “Elon nel 2024 ha stanziato 277 milioni per sostenere l’ex costruttore newyorkese... Quanto dovrebbe investire per tentare, per esempio, la scalata a due-tre seggi del Senato? Probabilmente servirebbero 250- 300 milioni di dollari, più o meno l’importo della donazione versata nelle casse di Trump”.

Non ci interessa ovviamente lanciarci nel toto-Musk. Il dato essenziale è che la competizione politica – in regime neoliberista, ossia nel capitalismo occidentale – è un affare che riguarda esclusivamente i possessori di grandi capitali (in proporzione all’importanza del paese interessato).

Sono loro gli unici davvero “liberi”, e l’unica “libertà” che sono pronti a difendere è la propria.

Gli altri – noi tutti – per loro siamo come il “parco buoi” in Borsa. Andiamo bene fino quanto portiamo i nostri spiccioli dentro il gioco che loro gestiscono. Ma non dobbiamo avere nulla a pretendere, perché “non contiamo un cazzo”.

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