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17/11/2025

L’ONU vota la risoluzione su Gaza. Netanyahu ribadisce il no allo stato palestinese

A poche ore dal voto presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla bozza di risoluzione statunitense in merito alla forza multinazionale da schierare nella Striscia di Gaza, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ribadisce: “La nostra opposizione a uno stato palestinese in qualsiasi territorio non è cambiata. Gaza sarà smilitarizzata e Hamas sarà disarmato, nel modo più facile o nel modo più difficile. Non ho bisogno di affermazioni, tweet o prediche da nessuno”.

La linea di 20 punti di Trump include un riferimento generico e condizionato allo stato palestinese, sottolineando che se l’Autorità Palestinese attuasse riforme, “le condizioni potrebbero finalmente essere in atto per un percorso credibile verso l’autodeterminazione palestinese e la statualità, che riconosciamo come l’aspirazione del popolo palestinese”.

Quel singolo passaggio ha fatto infuriare i ministri ultranazionalisti israeliani, molti dei quali si sono opposti anche al cessate il fuoco a Gaza.

I ministri di estrema destra Ben-Gvir e Smotrich hanno chiesto un immediato rifiuto pubblico di qualsiasi discorso su uno stato palestinese. Ben-Gvir ha minacciato di far crollare il governo a meno che Netanyahu non avesse smentito.

Il piano preliminare prevede uno schieramento fino a 20.000 militari delle forze internazionali per Gaza, ma non è ancora chiaro quali paesi parteciperanno. Israele ha già escluso il coinvolgimento della Turchia, e quando gli è stato chiesto quale potrebbe essere la tempistica, Netanyahu ha risposto affermando che: “Non possiamo ignorare la nostra gestione di una guerra su sette fronti ... il tempo rimasto non può essere quantificato”.

La Missione permanente russa presso le Nazioni Unite ha dichiarato venerdì scorso che Mosca ha preparato una bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU alternativa a quella americana sul raggiungimento di una pace sostenibile a Gaza. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbero riflettere il quadro giuridico internazionale universalmente riconosciuto e riaffermare le decisioni e i principi fondamentali, primo fra tutti la soluzione dei due Stati per la soluzione israelo-palestinese, ha affermato la missione russa all’ONU.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 7 novembre scorso ha iniziato a negoziare il testo della risoluzione presentata dagli Stati Uniti. La bozza consacrerebbe il programma “Board of Peace” di Trump, con un’autorità transitoria incaricata di supervisionare la ricostruzione post-bellica e la ripresa economica a Gaza, mentre la Striscia rimane sotto un devastante assedio israeliano.

A Gaza sta arrivando l’inverno con forti piogge e il freddo. Centinaia di migliaia di persone sono costrette nelle tende o in rifugi di fortuna e alle vittime dei bombardamenti di questi due anni si vanno ad aggiungere malattie respiratorie, ipotermie, denutrizione. Un genocidio diffuso.

Intanto nuovi dettagli sono emersi da una riunione del governo israeliano, rivelando una profonda incertezza sul futuro di Gaza, prima che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite voti la bozza di piano per il territorio palestinese assediato da Israele.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto ai ministri “di non sapere per quanto tempo sarebbe durato il cessate il fuoco” e ha sottolineato che Israele sta “lavorando per concludere la Fase A” in attesa della restituzione di tre corpi ancora detenuti da Hamas. A chiarire ulteriormente la realtà sul campo il ministro israeliano Orit Strock, ha sottolineato: “Non siamo andati in guerra solo per liberare ostaggi”.

È evidente come il governo israeliano intenda tenersi le mani libere sia su Gaza che sulla guerra sui sette fronti (i bombardamenti sul Libano stanno lì a confermarlo, ndr), e su questo non c’è alcuna tregua credibile. A meno di una crisi interna alla società e allo stato di Israele, solo una forte pressione internazionale e l’intensificazione della campagna internazionale di boicottaggio possono condizionare le scelte israeliane, sia sul campo che sul piano diplomatico.

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