Stando a molti giornali, i tracolli di borsa verificatisi martedì 1 novembre sarebbero stati causati dal panico seminato sui mercati dalla proposta del premier greco Papandreu di sottoporre il piano dei tagli imposti dalla Ue, a referendum popolare.
Stravaganti "mercati" pretesi oggettivi, e naturali come la pioggia, i
quali si spaventano per una ipotesi di consultazione democratica (al di
là delle ragioni probabilmente non nobili di Papandreu,
il referendum è comunque una occasione di espressione della volontà
popolare), che francamente non dovrebbe essere il loro campo, la
democrazia. In realtà si è trattato di una violenza feroce per impedire un atto di democrazia,
violenza che disvela fino in fondo il profondo spirito antidemocratico
che anima i mercanti che dietro gli anonimi "mercati" si nascondono.
Scrive PeaceReporter di qualche giorno fa: New Scientist
ha rivelato nei giorni scorsi i risultati di una ricerca condotta da un
team di economisti dell'Istituto Svizzero di Tecnoolgia, che rivela
come una rete di poche decine di multinazionali, soprattutto banche,
controlli di fatto l'economia mondiale. I ricercatori guidati dal
professor James Glattfelder hanno analizzato le relazioni che intercorrono tra circa 43mila multinazionali, scoprendo che al centro della mappa della struttura del potere economico mondiale vi sono 1.318 multinazionali che detengono l'80 per cento della ricchezza economica globale.
Tra queste, secondo la ricerca, ce ne sono 147 che controllano il 40
per cento del sistema. Le più potenti di queste super-entità sono quasi
tutte banche (Barcalys, JP Morgan Chase, Ubs, Merryl Lynch,
Deutsche Bank, Credit Suisse, Goldman Sachs, Bank of America, Unicredit,
Bnp Paribas), più alcune grandi società finanziarie americane e compagnie assicurative.
Le agenzie di rating cosidette fanno tutte più o meno riferimento a
questo consorzio di padroni del vapore, e infatti Moody's, non più tardi
di un paio di settimane, fa è intervenuta a gamba tesa nella campagna
elettorale francese, annunciando che metteva sotto sorveglianza la
Francia, in vista di un declassamento del suo rating (il suo voto) dalla
attuale tripla A, a non si sa bene..proprio dopo il successo delle
primarie socialiste, guarda caso.
Ovviamente i due grandi timonieri autonominati, Merkel e Sarkozy (l'ordine non è alfabetico ma gerarchico) hanno subito cercato di mettere in riga il riottoso e sconsiderato Papandreu con dichiarazioni varie, e ancor più eserciteranno pressioni dirette durante il G20.
Ma vediamo qualche numero interessante, che misura l'effetto delle
politiche economiche e di bilancio ispirate da Berlino e Parigi, sulla
base della cosidetta regola aurea del pareggio (estinzione tendenziale del debito pubblico, una follia vi dirà qualunque economista serio,ma tant'è). I disoccupati in Grecia sono arrivati al 17,6 percento, (ancora un anno fa erano il 12 percento), e i giovani senza lavoro al 40 percento (sì avete letto bene: quaranta per cento). In Spagna
invece le persone disoccupate vanno al 22.8 percento! E con tutto
questo l'inflazione cresce inesorabilmente. Come dire, si ammazza l'uovo
oggi e anche la gallina domani. Né l'Italia, altro paese nel mirino, sta molto meglio sul piano dell'occupazione in specie giovanile che sfiora il 30 percento, con una inflazione che sale al 3,4 percento nel mese di ottobre (3 percento a settembre).
Facciamo pure finta che la crisi non sia globale e strutturale, giochiamo il gioco truccato, anzi falso (basta leggera Krugman, Stieglitz
e molti altri per accorgersene), che tutti guai vengano dal debito
pubblico e dalla debolezza dell'euro. Ma allora esistono un paio di
misure già proposte da più parti insieme efficaci e rapide. La prima è l'istituzione degli eurobond, lo hanno detto Delors, e anche parecchi altri, persino Tremonti e il Sole 24Ore in un recente articolo di Bellasio e Brivio. La seconda è che la Bce operi come la Fed, che non è la sigla di una pericolosa organizzazione sovversiva ma della Banca Centrale Usa,
la quale quando è necessario, rifinanzia il debito pubblico ai tassi
decisi dalla banca stessa, ovvero funziona da calmiere del mercato,
considerando la Fed che il bilancio statale è un bene pubblico. Una terza ce ne sarebbe ma più impegnativa sul piano politico, ovvero l'istituzione di una tassa europea sulle transizioni finanziarie.
Con ciò risulta anche evidente come le pensioni, gli orari di lavoro,
la sanità, la scuola, la stessa produttività, i lavoratori pubblici da
dismettere,ecc.. insomma l'attacco sfrenato ai diritti sociali e al
valore della forza lavoro, non c'entrino rigorosamente niente con la crisi del debito. C'entrano molto colla volontà di comando quasi totalitario e di profitto del capitale finanziario, con le sue propaggini nelle multinazionali, e in consistente misura, mafiose.
Ma la Germania, nella persona della cancelliera
Merkel, si oppone. Di eurobond e di Bce ridefinita nel senso della Fed,
non vuol sentir parlare. Perché sul debito della Grecia, della Spagna
eccetra l'economia tedesca ingrassa, mentre nasconde la debolezza delle sue banche, inquinate dai titoli spazzatura.
La politica di austerità (degli altri) giova alla salute della
Germania, e al traino, della Francia. Vediamo per esempio le banche.
Ebbene la prima, e per ora unica, grande banca europea a fallire è stata
la Dexia, franco-belga, eppure tracolli globali o speculazioni selvagge
non ne ha provocati. Ma anche la Deutsche Bank non naviga in acque
buonissime, risultando esposta, nel rapporto tra titoli tossici e
patrimonio di vigilanza, per il 95%, Bnp-Paribas per il 37% e il Credit
Agricole per il 24 percento, mentre per dire l'Unicredit è esposta per il 18 percento ( fonte il Sole 24Ore). Però, guarda caso, la European Banking Authority (Eba),
strongly affected by the german action, per dirla all'inglese, cioè in
mano alla Germania, ha imposto aumenti di capitale alle banche italiane,
spagnole, irlandesi, portoghesi e greche (i PIIGS)
perché piene di buoni del tesoro (sic!). Ovvero nulla viene fatto per
sterilizzare i titoli spazzatura franco tedeschi, mentre vengono in un
certo senso resi "tossici" (cioè messi in mora o in dubbio) i titoli
pubblici nazionali preferiti, proprio perché di stato, dalle banche
italiane, spagnole ecc..aprendo così la via alla speculazione internazionale
su quegli stessi titoli. Si tratta di una precisa scelta istituzionale
per spostare il peso della speculazione sugli stati "più deboli" a
livello del debito, distraendosi dalle banche francesi e tedesche. Detto
in linguaggio meno tecnico, la Germania ha iniziato una vera e propria guerra finanziaria
contro altri stati europei, in funzione di un imperialismo economico e
di una egemonia politica, tendenze già insite all'origine della moneta
unica, che si disse euro, ma in filigrana si scrisse marco.
Ovviamente è un gioco sul filo del rasoio, perché
una cosa è spingere un paese sull'orlo del fallimento per poter comprare
le sue ricchezze a prezzo scontato, come le aziende e banche tedesche
fanno a man bassa, un'altra è che il fallimento arrivi, che la politica
di austerità produca depressione generalizzata e tassi di disoccupazione
oltre la soglia sostenibile, quella soglia che i sociologi chiamano la
soglia di rivolta , the riots threshold. Nonchè il possibile fallimento
dell'Italia sarebbe tutt'altro che indolore per i tedeschi, e per
l'intera economia mondiale. Insomma chi scherza col fuoco rischia di bruciarsi,
signora Merkel inclusa, che inoltre dalle guerre monetarie si rischia
di passare alle guerre armate, dio non voglia. Per l'intanto in Francia
cresce un sentimento antitedesco ogni giorno più palpabile, poiché anche
se le banche si arricchiscono, l'austerità, assimilata
al modello tedesco, colpisce la maggioranza della popolazione, mentre
si apre una battaglia elettorale che sarà senza esclusione di colpi tra
destra e sinistra. Una vittoria della sinistra a primavera prossima
renderebbe l'egemonia tedesca più problematica, e se
per avventura anche Merkel cadesse, allora la sinistra rosso verde
tedesca potrebbe rimettere in moto un meccanismo europeo cooperativo.
Comunque, concludendo, soltanto una robusta iniezione di democrazia
a livello europeo può arrestare la degenerazione di una oligarchia
finanziaria e tecnocratica che non esita di fronte a nulla in nome del
potere e del profitto. Ricordando a tutti che lo spirito dell'Unione
Europea alle origini, subito dopo la seconda guerra mondiale, fu guidato
da una doppia parola d'ordine: mai più Auschwitz mai più guerra.
Fonte.
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